
Gli uomini di strada (non ci sono solo i preti ed i cardinali di strada, ma anche i fedeli laici di strada) si stanno rendendo conto che effettivamente occorre pensare ad una seria riforma istituzionale, riforma resa possibile dalla stessa nostra sacra costituzione. Quanto sta accadendo in questi giorni dimostra l’urgenza di tale riforma, che coinvolge il tema della legge elettorale, degli itinerari burocratici e del così detto presidenzialismo.
Andiamo con ordine.
Abbiamo votato, ricordate?, il 25 settembre, ma il Parlamento si potrà radunare solo il 13 ottobre. Si dice che il rituale giro di consultazioni potrà iniziare solo dopo il 18 ottobre e che, quindi, il governo ci sarà solo a fine mese e cioè a più di un mese dalle elezioni politiche, i cui risultati sono stati gestiti malissimo dal ministero degli Interni.
Intanto tutto il mondo sa già che il futuro premier sarà la Meloni, tanto è vero che viene già attaccata anche se non è ancora al suo posto. Tutto il mondo lo sa, ma solo le istituzioni italiane devono fare finta di non saperlo. Mi pare che in un mondo che vive ad una velocità incredibile, soprattutto in questo periodo che mette in luce una grave emergenza al giorno, sia pazzesco che un governo possa formarsi solo dopo più di un mese dalle avvenute elezioni: le istituzioni sono totalmente fuori tempo e questo costituisce un altro elemento che tiene lontani i cittadini dal voto.
Ma in questo paradossale vuoto, reso possibile da formalismi superati e da una legge elettorale orribile, persiste un governo che emette decreti pur dovendosi attenere all’ordinaria gestione. E proprio in questi giorni si è verificato un episodio che ritengo molto grave e che è stato causato proprio da questi esasperanti ritardi e dalla furbizia di alcuni ministri. La ministra Bonetti ha annunciato che il governo avrebbe deliberato un piano triennale dettato dal mondo Lgbt, piano che dovrebbe impegnare per tre anni il prossimo governo: cioè, il governo attuale, mai eletto dal popolo, avrebbe approfittato del vuoto qui denunciato per impegnare un governo legittimamente eletto.
La Bonetti, come spesso le capita, non ha comunque detto interamente il vero. I fatti si sono svolti così. “La strategia nazionale Lgbt” non era all’o.d.g. dell’ultimo Consiglio dei ministri e la ministra Bonetti ne ha parlato approfittando della voce “varie ed eventuali” ponendo la questione tra i “fuori sacco”, come si usa dire. La Bonetti ne ha parlato, ma il Cdm NON lo ha votato. Non vi è, dunque, una delibera di qualsiasi tipo e la strategia conclamata è pura “carta straccia”. Ancora una volta, la ministra ha voluto fare uno “scoop” senza il sostegno della realtà giuridica. Infatti, la strategia conclamata non esiste e non dovrà neppure essere revocata. Ho citato l’episodio come un esempio che dovrebbe costringere il Parlamento stesso a provvedere ad una riforma che renda più efficiente, più rapido e più trasparente il nostro sistema.
Per quanto riguarda il “presidenzialismo”, penso che esso vada regolamentato, anche perché, negli ultimi dieci anni, siamo entrati in un regime praticamente presidenziale. Crediamo di vivere in una Repubblica parlamentare, ma di fatto siamo retti da un sistema che ha tutte le caratteristiche del presidenzialismo. Ma allora regolamentiamolo con tutte le contromisure del caso. Penso che una riforma in tal senso farebbe tornare al voto una gran parte di quei cittadini che non si sono recati alle urne. E questo sarebbe già un buon riinizio.
Peppino Zola
Caro Peppino, questa è la sinistra. Lo ha notato anche Eugenia Roccella, che ha pubblicato la seguente nota:
«La ministra Bonetti ha varato ieri la Strategia nazionale per i diritti Lgbt. Una classica furbata: la strategia è un copia incolla di quella presentata due anni fa dalla Commissione europea, la LGBTIQ Equality Strategy, che dovrebbe coprire il periodo 2020-2025. La ministra dunque, se davvero avesse voluta attuarla, avrebbe dovuto farlo subito, e non perdere due anni. Invece, guarda un po’, il documento esce alla fine del suo mandato, addirittura dopo le elezioni e pochi giorni prima che sia costituito il nuovo governo. Non solo: la ministra aggiunge che il testo è “vincolante” per il governo che verrà. Vincolante non è, ma la ministra, che evidentemente ritiene la Strategia Lgbt una patata bollente, ha voluto ridurlo a una semplice mossa pubblicitaria, evitando accuratamente di farsene davvero carico e di attuarla. Due piccioni con una fava: Bonetti fa finta di accontentare le associazioni Lgbt, ma si sfila dall’applicazione della strategia e cerca di fare un’uscita di scena tra le luci della ribalta mediatica. Applausi». (eb)