Per la Bielorussia sarà “l’Anno della frugalità” (espressione altisonante per giustificare nuove misure fiscali)
Dopo una serie di anni dedicati alla salute, alla lettura e alla qualità, il 2013 per i bielorussi sarà ufficialmente «l’Anno della frugalità» ossia l’anno in cui stringere la cinghia più del solito. Così ha stabilito il presidente Lukashenko con il decreto presidenziale del 29 novembre scorso che «permetterà di organizzare al meglio la produzione elevandone la qualità, e contribuirà ad ottimizzare le spese grazie alla razionalizzazione dell’uso delle risorse e all’eliminazione di ogni criticità infondata». Parole altisonanti che servono all’«ultimo dittatore d’Europa» per giustificare nuove misure fiscali oppressive nei confronti dei circa 10 milioni di sudditi che già vivono con stipendi medi mensili pari a poco più di 200 euro.
Lukashenko, detto batska – «paparino» secondo il nomignolo affibbiatogli dalla gente – fa il bello e brutto tempo in Bielorussia dal 1994 con una politica centralista direttamente ereditata dall’Urss; si offende se Unione Europea e America gli impongono sanzioni per le palesi violazioni dei diritti umani, mentre fa bisboccia con Chávez e strizza l’occhio all’Iran e alla Cina. Con Mosca invece, oltre all’unione doganale esiste un rapporto di amore e odio che è andato deteriorandosi da quando i media russi hanno avviato quella che lui ha definito «una sporca campagna», a cominciare dal documentario tv intitolato sfacciatamente Il padrino e dedicato alle sparizioni di attivisti dell’opposizione bielorussa durante gli anni ’90. Le sue boutades hanno già provocato diversi incidenti diplomatici, l’ultimo in ordine di tempo con la Germania quando se l’è presa con il ministro degli esteri Westerwelle dicendo che «è meglio essere un dittatore piuttosto che un omosessuale».
Non è ancora ben chiaro cosa comporterà l’Anno della frugalità, ma se il buon giorno si vede dal mattino, già il decreto che Lukashenko ha firmato il 7 dicembre scorso preannuncia un’alba tragica. Il presidente, che ha dei trascorsi da dirigente aziendale sovietico, doveva trovare una soluzione per fermare l’emorragia di forza lavoro che dalle industrie bielorusse per la lavorazione del legno finisce nella vicina Russia, dove gli operai ricevono un salario di 400-500 $ invece di soli 150. «Gli operai non potranno lasciare il proprio posto di lavoro senza il permesso della direzione», ha annunciato batska durante una visita al polo industriale di Borisov, e aveva già in mente il resto delle «Misure complementari per lo sviluppo dell’industria del legno»: in caso di scioglimento anticipato del contratto che già obbliga il dipendente a rimanere in azienda fino al completamento del progetto industriale nazionale (previsto per il 2015), il lavoratore dovrà restituire le mensilità percepite le quali o verranno detratte dalla busta paga del nuovo posto di lavoro oppure, se non trova impiego, l’ex dipendente viene condannato a ritornare a lavorare nell’azienda che aveva imprudentemente lasciato.
Immediate le proteste delle organizzazioni sindacali internazionali.
Il decreto è il segnale del fallimento della modernizzazione di un settore importante per le esportazioni come l’industria del legno che dà lavoro a circa 20.000 addetti. E il problema potrebbe ripetersi nel settore agricolo. Non esistono dati certi su quanti siano coloro che ogni anno cercano lavoro all’estero, ma si parla di almeno 150 mila persone, di cui l’85 per cento verso la Russia, il resto verso l’Ue, soprattutto in Polonia; del resto, non è solo il magro stipendio a produrre l’esodo, è tutto il sistema burocratico statalista a scoraggiare qualsiasi intrapresa autonoma.
In questa situazione Minsk non riesce a frenare l’inflazione che galoppa al 30 per cento e la crescita dei prezzi al consumo (+18,1 per cento nel periodo gennaio-ottobre 2012, un record tra i paesi post-sovietici), e se il paese non va in bancarotta è grazie agli aiuti economici cinesi, russi e iraniani. In più nell’Anno della frugalità la Bielorussia dovrà restituire ai creditori internazionali circa 3 miliardi di dollari e risarcire la Russia per la truffa del petrolio che Minsk esportava nell’Ue facendolo passare per «solvente» per non pagare dazio.
Secondo l’economista indipendente Michail Zalesskij «occorre rendersi conto che già da tempo abbiamo superato i confini della realtà. Viviamo in un mondo fantasioso che ricorda i racconti di Orwell e Zamjatin. Perciò se il regime dice che l’anno prossimo sarà l’Anno della felicità e della prosperità, così sarà». Intanto per il 2013 l’amministrazione presidenziale ha prenotato quattro Mercedes S500 L, per una spesa «frugale» di oltre 760 mila dollari.
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