Per abolire la povertà il governo tartassa chi aiuta i poveri
«L’impianto della manovra è rimasto quello iniziale. Ci hanno dato flessibilità e abbiamo introdotto dei meccanismi per reperire le risorse finanziarie». È quello che dice oggi il presidente del Consiglio Giuseppe Conte in un’intervista al Corriere della Sera dove rivendica il buon lavoro svolto in Europa per convincere la Commissione a non aprire una procedura di infrazione contro l’Italia.
SORPRESA DI NATALE
Sarà. Intanto, di sicuro, il governo gialloverde ha dovuto compiere qualche magheggio (da 2,4 a 2,04) e abbassare le penne di fronte alle richieste europee. Ridimensionare quota 100 e reddito di cittadinanza però non basta e dunque, a sorpresa, ieri, come si racconta oggi su Libero, «il governo ha inserito nel maxiemendamento alla manovra di bilancio la parola fine allo sconto che la Chiesa godeva sull’Ires, l’imposta sui redditi delle società».
DAL 12 AL 24 PER CENTO
In buona sostanza, spiega il quotidiano, agli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti che, fino a ieri, essendo equiparati a quelli con finalità di beneficenza ed istruzione, avevano un’aliquota del 12 per cento, da domani se la vedranno raddoppiata: 24 per cento. Una bella botta.
CHI È BASTONATO
Il quotidiano Avvenire spiega meglio: «Per capire chi avrà l’Ires raddoppiata dal 12 al 24 per cento bisognerà attendere l’emendamento e la relazione tecnica, ma è già chiaro che sarà un colpo duro per un’agevolazione riconosciuta a enti considerati meritevoli da quasi mezzo secolo». Il rischio c’è, eccome. A farne le spese saranno «tra gli altri, gli istituti di assistenza sociale, le società di mutuo soccorso, gli enti ospedalieri, di assistenza e beneficenza, gli istituti di istruzione e di studio, i corpi scientifici, le accademie, le fondazioni e associazioni storiche, letterarie, scientifiche, gli enti ecclesiastici, gli Istituti autonomi per le case popolari».
MOLTA INCERTEZZA
Una questione che, dunque, non riguarda solo la Chiesa e le parrocchie, ma tutti quegli enti che sono la ricchezza del nostro paese e che, con la loro capacità diffusa di arrivare ai più bisognosi, danno un reale contributo ad aiutare chi lo Stato non sa raggiungere. «Non appena si è diffusa la notizia – chiosa il quotidiano cattolico –, qualche organo di stampa ha subito incominciato a parlare di taglio delle agevolazioni alla Chiesa, in realtà i soggetti colpiti tra chi interviene a favore di poveri e chi opera nella cultura e nell’assistenza, come si vede, sono moltissimi. Ma non è escluso che tanti di questi possano beneficiare della nuova agevolazione Ires per chi investe e assume. Dunque anche in termini di risparmi attesi c’è molta incertezza. Ma questo non ditelo a Bruxelles».
L’INTERVENTO DELLA CEI
Sulla questione è intervenuto anche Stefano Russo, segretario generale della Cei: «Stiamo seguendo – come tutti – i contenuti della legge di bilancio, rispetto ai quali non mancano elementi di preoccupazione, che ci auguriamo di poter veder superati. Siamo consapevoli delle difficoltà in cui versa il Paese, come pure delle richieste puntuali della Commissione europea. Nel contempo, vogliamo sperare che la volontà di realizzare alcuni obiettivi del programma di governo non venga attuata con conseguenze che vanno a colpire fasce deboli della popolazione e settori strategici a cui è legata la stessa crescita economica, culturale e scientifica. Se davvero il parlamento procedesse con la cancellazione delle agevolazioni fiscali agli enti non commerciali, verrebbero penalizzate fortemente tutte le attività di volontariato, di assistenza sociale, di presenza nell’ambito della ricerca, dell’istruzione e anche del mondo socio-sanitario».
118 MILIONI DI EURO
«Assurdo che debba essere proprio il Terzo settore a pagare l’accordo con l’Europa. Un prezzo alto: da una prima stima, solo per il primo anno, il volontariato italiano andrà a versare 118 milioni di euro». Lo ha detto Claudia Fiaschi, portavoce del Forum nazionale del Terzo Settore.
MENO POVERTÀ PIÙ POVERI
Il paradosso è questo: per aiutare i bisognosi questo governo insiste col dare loro il reddito di cittadinanza, una misura puramente assistenzialista, togliendo risorse a chi i poveri li aiuta già oggi. È un controsenso logico che porterà solo danni. L’assurda conclusione dell’abolizione della povertà vagheggiata da Di Maio sarà questo: avremo più poveri e più soli.
Foto Ansa
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