I 404 giorni «d’inferno» in carcere da innocente del cardinale Pell
Ieri l’Alta corte ha assolto il cardinale George Pell dall’accusa di avere abusato sessualmente di due ragazzini del coro al termine di una Messa nel 1996 nella sagrestia della cattedrale di San Patrick, a Melbourne. La decisione è stata presa all’unanimità dai magistrati supremi dell’Australia, che hanno ribaltato due verdetti di colpevolezza da parte di una giuria popolare in primo grado e della Corte suprema dello Stato di Victoria in secondo grado. Eppure molti politici e membri di lobby anticlericali fanno finta che non sia accaduto nulla e continuano a parlare dell’ex arcivescovo di Melbourne come di un violentatore di ragazzini.
«AFFETTO PER LE VITTIME», NIENTE PER PELL
Eppure l’Alta corte ha emesso un verdetto cristallino. In un comunicato pubblicato ieri sul suo sito istituzionale, ha spiegato che in secondo grado la «Corte suprema di Victoria, agendo in modo razionale sull’insieme delle prove, avrebbe dovuto maturare un dubbio riguardo alla colpevolezza dell’accusato e ordinare che la condanna venisse annullata». Il ragionevole dubbio non poteva non emergere dal momento che «le prove mai confutate di [oltre 20] testimoni erano incongruenti con la versione dell’accusatore».
Nonostante l’Alta corte abbia assolto il cardinale, un elevato numero di politici e commentatori hanno reagito sui media e sui social come se la sua condanna fosse stata confermata. Il ministro della Salute dello Stato di Victoria, Jenny Mikakos, ha dichiarato: «Voglio esprimere tutto il mio affetto e la mia solidarietà alle vittime di abuso sessuale. Continuate a parlare. Io vi credo». Fiona Patten, parlamentare dello Stato, ha rincarato la dose: «Sono molto delusa. La decisione di oggi non “metterà a posto” la Chiesa cattolica. Non c’è acqua santa in grado di lavare via gli abusi sessuali della Chiesa».
404 GIORNI IN CARCERE DA INNOCENTE
Neanche le più alte cariche del paese hanno speso una parola in difesa di un uomo che, simpatico o meno, ha passato ben 404 giorni in carcere da innocente. L’ex premier australiano Julia Gillard si è limitata a dire che «per molte persone, specie chi ha subito un trauma, la notizia di oggi può scatenare un ventaglio di emozioni. Siamo vicini a queste persone». L’attuale primo ministro, Scott Morrison, si è detto «vicino alle vittime» anche, se ha aggiunto, «la sentenza della più alta corte del paese va rispettata» (e ci mancherebbe).
Anche la Conferenza episcopale australiana ha riconosciuto che l’assoluzione di Pell «sarà devastante» per alcuni, visto l’alto caso di abusi che si sono verificati all’interno della Chiesa cattolica australiana, ma come ricordato dallo stesso cardinale «il mio processo non era un referendum sulla Chiesa, ma sul fatto se io avessi commesso questi orribili crimini e io non li ho commessi».
IL RUOLO DELLA TV PUBBLICA
Un ruolo importante nel fomentare l’opinione pubblica contro Pell, facendo passare il suo processo come un processo alla Chiesa cattolica, l’ha giocato la stampa, pubblica e privata (basta leggere questo rabbioso e sprezzante editoriale del Guardian). L’Abc, l’emittente pubblica australiana. Ieri ha dovuto ritirare il terzo episodio del documentario di Sarah Ferguson, nel quale la giornalista intervistava nuove presunte vittime di abusi da parte di Pell. Il cardinale ha rifiutato di farsi intervistare dalla Abc, mentre il vicecancelliere dell’Università cattolica australiana, Greg Craven, ha attaccato in diretta la tv durante un’intervista:
«Avete fatto di tutto perché venisse condannato e anche adesso cercate di distogliere l’attenzione dai fatti: è sconvolgente. Senza il fracasso dei media questo caso non sarebbe mai arrivato fino all’ultimo grado di giudizio. Quanto siete responsabili voi per aver fatto vivere anni di inferno a Pell?».
«CHI HA PERSEGUITATO PELL SI VERGOGNI»
L’unico giornalista a cui l’ex tesoriere del Vaticano concederà un’intervista è il conduttore televisivo agnostico di Sky News, Andrew Bolt, intervistato pochi mesi fa da Tempi. Bolt ha dimostrato, cronometro alla mano, che «non era solo improbabile che Pell avesse commesso gli abusi, era proprio impossibile». Ieri Bolt ha dichiarato a Sky News:
«La condanna in primo e secondo grado di Pell è stato il più grave errore giudiziario della storia dell’Australia. Molte persone oggi dovrebbero vergognarsi del ruolo che hanno avuto nel perseguitare Pell, dando vita a una caccia alle streghe, che ha portato un uomo innocente in carcere per 404 giorni. Le accuse erano intrinsecamente improbabili e io ho sempre detto che questo processo era una vergogna, così come il modo in cui la polizia e la Corte suprema dello Stato di Victoria hanno agito. In questo paese abbiamo avuto una caccia alle streghe e ora dobbiamo chiederci perché abbiamo permesso che accadesse e perché così poche persone hanno difeso un uomo innocente. Questo non è un grande giorno per la giustizia, perché la carriera di un uomo è stata rovinata, la sua reputazione è stata rovinata, probabilmente non potrà più girare liberamente a causa di queste false accuse, i suoi risparmi sono stati azzerati, così come quelli dei suoi amici, e nessuno li rifonderà, così come nessuno gli restituirà quei 404 giorni passati in carcere per un crimine che non poteva avere commesso».
IL SOSTEGNO DEL PAPA
In una nota rilasciata, Pell ha dichiarato di aver «subito una grave ingiustizia» ma di non provare alcuna animosità verso il suo accusatore. Il cardinale, liberato dalla prigione di Barwon, si è diretto verso il monastero carmelitano nella periferia di Kew, a Melbourne, dove rimarrà sicuramente qualche giorno. Qui gli saranno sicuramente arrivate gradite le parole di papa Francesco, che alla Messa a Santa Marta ha pregato «per coloro che soffrono sentenze ingiuste a causa dell’intransigenza contro di loro».
Foto Ansa
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