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Conti bloccati e multe a chi ha idee “discutibili”. Che cosa è diventata PayPal?

Storia di come la piattaforma di pagamenti digitali nata per dare più potere e libertà agli individui è diventata uno dei pilastri del nuovo sistema di credito sociale

Piero Vietti
26/12/2022 - 5:58
Società
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PayPal

Quando hanno lanciato PayPal, nel dicembre 1998, i fondatori volevano collegare le persone all’economia globale eludendo le ingenti commissioni addebitate dalle società di carte di credito e le politiche inflazionistiche dei governi. «PayPal darà ai cittadini di tutto il mondo un controllo più diretto sulle loro valute di quanto non abbiano mai avuto prima», disse uno di loro, Peter Thiel, alla fine del 1999. «Sarà quasi impossibile per i governi corrotti rubare ricchezza ai propri cittadini come hanno sempre fatto perché, se ci provano, le persone passeranno a dollari, sterline o yen».

Oggi PayPal blocca chi è fuori dal discorso “accettabile”

Da quei primi, libertari e inebrianti giorni, PayPal ha accumulato 429 milioni di account, il cinquantotto per cento degli americani utilizza quotidianamente PayPal come metodo di pagamento e nel 2021 ci sono state 19,3 miliardi di transazioni. Peccato che, da qualche he tempo, l’azienda che doveva liberare milioni di individui stia diventando qualcos’altro. «Sempre più spesso sta diventando un agente di polizia», ha scritto Rupa Subramanya su The Free Press, sito di informazione libera diretto da Bari Weiss, nato da poco come evoluzione del suo Common Sense.

«Sta decidendo cosa è giusto e sbagliato, chi può essere ascoltato, chi deve essere messo a tacere. Sta chiudendo fuori dal sistema finanziario persone o brand che sono scivolati fuori dai parametri del discorso accettabile, quelli che minacciano il consenso dei guardiani. Il consenso è difficile da articolare; è un’ideologia priva di contorni ideologici chiaramente definiti. Ma i principi di quel consenso sono inequivocabili: la nuova politica progressista su razza e genere è una forza positiva, il blocco del Covid è stato giusto, la guerra in Ucraina è nobile e uno scambio illimitato di idee e opinioni è una minaccia inaccettabile».

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Conti bloccati con una email

Sempre più spesso a imprenditori, scrittori, professori e attivisti capita di ricevere un’e-mail dal Dipartimento di rischio e conformità di PayPal che, dopo una revisione interna, li avvisa di avere «deciso di limitare in modo permanente il tuo account in quanto si è verificato un cambiamento nel tuo modello di business o il tuo modello di business è stato considerato rischioso». Account chiuso, soldi bloccati per 180 giorni e impossibilità di recuperarli se non dopo una lunga trafila burocratica. La storia è nota, su Tempi l’abbiamo raccontata qualche mese fa: «Dopo aver bloccato un sito di crowdfunding cristiano che raccoglieva fondi per portare gente a Washington ad “assaltare il Campidoglio”, PayPal ha annunciato che si sarebbe avvalso della collaborazione dell’Anti-Defamation League per scovare e chiudere gli account “estremisti”».

Teoricamente giusto, peccato che la Anti-Defamation League abbia ampliato il proprio portfolio dall’antisemitismo al razzismo fino a includere tutto ciò che ritiene “odio” o “estremismo” in generale. Schierata politicamente a sinistra, la Adl ha trascinato con sé PayPal, che ha iniziato a chiudere o sospendere account di organizzazioni e individui con opinioni politiche dissidenti «in particolare sulle tre questioni su cui non è consentito essere scettici: la politica di blocco e altre restrizioni Covid, i vaccini mRNA, e l’”emergenza climatica”», scriveva Toby Young, associate editor dello Spectator e fondatore della Free Speech Union, tra i primi colpiti dalle politiche censorie della piattaforma che voleva dare più libertà e potere a chi rischia di essere schiacciato dal potere.

Nessuno sa con quali criteri PayPal blocca gli account

Curioso che a farlo sia una società fondata a suo tempo, tra gli altri, da Peter Thiel, Elon Musk, David Sacks and Max Levchin, tutti campioni della difesa del free speech. Nessuno di loro è più socio, e Thiel ha detto a The Free Press che «congelare i soldi online vuol dire distruggere economicamente le persone, limitando la loro capacità di fare sentire la propria voce politica, è una cosa molto totalitaria». La modalità della censura ha in effetti i crismi da polizia del terrore: email di avviso, account bloccato, soldi congelati per mesi, difficoltà a recuperarli, utenti abituati a finanziare gruppi e startup su PayPal che non possono più farlo e quindi smettono di donare soldi, impresa rovinata.

«Nessuno al di fuori di PayPal sa davvero come funziona questo processo. Non c’è una chiara correlazione causa-effetto. Lo scenario più probabile prevede che un utente pubblichi qualcosa ritenuto problematico su una piattaforma di social media e un attivista o un dipendente PayPal lo segnali e quindi, senza preavviso, PayPal chiuda l’account», scrive Rupa Subramanya. La collaborazione con l’Anti-Defamation League (ADL) e il Southern Poverty Law Center dà alla piattaforma di pagamenti elettronici la patente di “bontà”, ma il lavoro di “setaccio” delle opinioni sgradite di queste due associazioni è tutto tranne che trasparente.

E adesso PayPal dà le multe per “attività discutibili”

«A peggiorare le cose», aggiunge la giornalista, «c’è la Acceptable Use Policy recentemente aggiornata da PayPal, che spiana la strada a ulteriori sospensioni, divieti e multe. La nuova Policy, introdotta a ottobre, proibisce tutte le attività “discutibili”, avvertendo che i trasgressori rischiano una sanzione di $ 2.500. Come per la guerra dell’Adl “all’odio”, c’è ben poca chiarezza. Chiunque le cui idee politiche, parole o toni offendano i poteri costituiti potrebbe essere etichettato come “discutibile”». Eric Jackson, ex vicepresidente ad interim del marketing statunitense, ha detto che «la visione fondante di PayPal era quella di responsabilizzare le persone e dare loro maggiore controllo e libertà. L’azienda oggi è così lontana da quella visione fondante. È chiaro che considera il suo ruolo quello di moderare ciò che le persone possono pensare, dire e fare».

Tutto inizia l’11 settembre 2001

Come si è arrivati a tutto questo? Il primo punto di svolta è stato l’11 settembre 2001, con la risposta del governo al terrorismo e l’adozione del Patriot Act, che tra le altre cose imponeva severi controlli sui flussi di denaro in entrata e in uscita dagli Stati Uniti. Per farla semplice, bisognava impedire che Bin Laden fosse autorizzato ad aprire un conto PayPal. Poi, nel 2002, eBay compra PayPal, e annuncia che avrebbe impedito l’elaborazione dei pagamenti per i siti di scommesse sportive. Il piano è ancora poco inclinato, ma la biglia della censura ha iniziato a rotolare.

Nel 2010, quando scoppia il caso Wikileaks, PayPal viene messa sotto pressione da funzionari statunitensi fino a che non sospende l’account del gruppo di attivisti che ha rilasciato milioni di documenti riservati, con informazioni, tra le altre cose, sulle guerre in Afghanistan e Iraq, sulla sorveglianza della CIA e sul Comitato Nazionale Democratico.

Il punto di non ritorno: Covid, Blm, elezioni Usa

Passano dieci anni in cui il pensiero politicamente corretto progressista si impone nelle università, nella società e nella cultura. L’estate del 2020 – l’anno dei lockdown per il Covid, delle manifestazioni Black Lives Matter, delle città in fiamme, delle elezioni presidenziali – è il punto di non ritorno, è lì che, scrive Subramanya, «i contorni della nuova autorità di controllo sono stati messi a fuoco».

Non c’è più bisogno di nessuna pressione, non c’è nessun complotto segreto: «I funzionari democratici non erano collusi con gli amministratori delegati delle Big Tech, i proprietari di giornali tradizionali e reti via cavo, o i rettori universitari. È che, nel giro di pochi mesi, forse un anno, avevano tutti abbracciato lo stesso identitarismo di sinistra, gli stessi slogan, gli stessi hashtag e pronomi, le stesse statistiche, gli stessi punti di discussione, e si sono rafforzati a vicenda, e hanno reso estremamente difficile per chiunque sfidare la nuova ortodossia».

Il sistema di credito sociale negli Stati Uniti

Senza essere la Cina comunista, gli Stati Uniti hanno provato sulla loro pelle l’inizio di una sorta di sistema di credito sociale: non una rete ufficiale e controllata dal Partito, ma «una costellazione di marchi, organizzazioni e istituzioni influenti che puniva coloro che non si attenevano alla linea ufficiale e premiava coloro che applaudivano più forte».

«Se hai protestato contro lo status quo, se eri un camionista a Ottawa all’inizio del 2022 arrabbiato per l’obbligo vaccinale, se eri contrario al definanziamento della polizia, se eri contrario alla teoria critica della razza insegnata nella classe del tuo bambino di sei anni, se hai messo in dubbio l’opportunità di esporre i bambini a spettacoli di drag queen, se credevi nel diritto di tutti di discutere apertamente su questi argomenti eri in un gruppo sospetto. Eri, sempre più, a rischio di essere bloccato sulle piattaforme e colpito sui tuoi conti online».

Non basterà Elon Musk

Il problema non è solo PayPal, dunque, ma il sistema di cui PayPal fa parte, con l’aggravante che l’account Twitter bloccato non ha le conseguenze di un conto congelato o di una multa di 2.500 dollari perché si hanno idee reazionarie.

Come uscirne? Intanto denunciandolo, sono sempre di più le persone che parlano della censura subita da PayPal. La piattaforma di pagamenti digitali non è monopolista, certo, ma negli anni è diventata fondamentale e necessaria per milioni di persone. «La vera rivolta», conclude la giornalista su The Free Press, «se ce ne deve essere una, è più probabile che provenga dall’interno della tecnocrazia: le persone con i soldi e il potere per forzare una profonda revisione di un sistema che sembra progettato per mantenere la grande massa di utenti distratti e divisi». Elon Musk? Non basterà.

Foto Ansa

Tags: ambientalismobig techCovid-19woke
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