
«Il virus ha sconvolto la Pasqua in Terra Santa. Ma la fede resta»

«Il coronavirus ci ha privati della nostra missione, che è custodire i luoghi della memoria ma anche le pietre vive. A causa dell’epidemia purtroppo non ci sono più pellegrini e le celebrazioni pubbliche sono sospese anche in Terra Santa». Così dichiara a tempi.it fra Ibrahim Faltas, che gestisce per la Custodia le relazioni con l’Autorità palestinese e Israele. Quest’anno per Pasqua non ci saranno fedeli a Gerusalemme, né nei Territori palestinesi, dove le celebrazioni sono state interrotte, causando anche un danno economico enorme ai cristiani, che lavorano tutti nel settore del turismo. «Il virus si è abbattuto su tutti, senza distinzioni, ma non può toglierci la libertà della fede. Ci stiamo preparando alla Pasqua come se fosse un nuovo passaggio dalla schiavitù d’Egitto verso la Terra Promessa».
L’epidemia di coronavirus come sta cambiando la settimana santa?
La nostra settimana santa è già cambiata. È silenziosa e solitaria, passata in preghiera in compagnia con Gesù. Ci sembra surreale vedere le nostre chiese chiuse, non poter vedere i fedeli locali e nemmeno i pellegrini.
Avete celebrato la Messa delle Palme?
Sì, al Santo Sepolcro ma a porte chiuse. La celebrazione è stata presieduta dall’amministratore apostolico del patriarcato latino di Gerusalemme, monsignor Pierbattista Pizzaballa. Dovevamo essere in 10 sacerdoti, ma poi siamo riusciti, mantenendo le distanze, ad essere in 20, senza gente. Noi da soli!
E la processione?
Al pomeriggio non c’è stata la festante processione che ogni anno facciamo da Betfage, scendendo dal Monte degli Ulivi verso Gerusalemme, entrando dalla porta di Santo Stefano. C’è stata invece una preghiera con la presenza del custode di Terra Santa Francesco Patton e pochi sacerdoti, a causa delle restrizioni imposte, al Dominus Flevit, tenuta da monsignor Pizzaballa, che ha fatto la benedizione con la reliquia della Santa Croce su Gerusalemme.
Come si custodisce la Terra Santa in questo periodo di Pasqua, il più importante dell’anno, senza pellegrini e senza celebrazioni pubbliche?
Siamo molto rattristati e un pò sconvolti dal fatto che nel giro di pochi giorni, qui come nel resto del mondo, la vita è stata fermata. Tutte le mattine ci alziamo con la speranza che magari ci faranno entrare al Santo Sepolcro, oppure potremo fare la via Crucis, o andare al Cenacolo, poter mantenere il nostro calendario liturgico. Ma l’emergenza coronavirus impone di mettere in sicurezza tutti i luoghi, per la tutela della salute di tutti. Per noi i luoghi santi, in questi giorni, che è la settimana centrale della passione, morte e resurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo, rappresenta il cuore della nostra liturgia, della nostra fede e ci sentiamo privati della nostra missione, del nostro carisma francescano di stare in mezzo alla gente. La nostra missione non è solo di custodire i luoghi della memoria, ma le pietre vive. Comprendendo l’emergenza che stiamo vivendo, ci sentiamo privati di questa dimensione.
L’epidemia sta cambiando la terra in cui vive?
Il coronavirus si è abbattuto come uno tsunami su tutto, non si è fermato davanti a nessuno, non ha fatto distinzioni sociali tra potenti o poveri, ha colpito tutti. Sta spazzando via le nostre abitudini, la nostra quotidianità, la vicinanza con gli altri: ha messo tutti allo stesso livello, sullo stesso piano. Quello che non può travolgere però è la libertà del proprio credo, del proprio pensiero, della nostra fede. Chissà se dopo questa tragedia, il mondo, i potenti riusciranno a comprendere l’inutilità della guerra, e chissà se tutto ciò aprirà uno spiraglio di luce e di speranza per realizzare la pace in questa terra.
Lei come si prepara alla Pasqua?
In questo contesto, insieme ai miei confratelli, seguiamo la liturgia quotidiana, preparandoci spiritualmente al giorno della Pasqua, con la preghiera di poterla vivere come un passaggio, come il passaggio dalla schiavitù d’Egitto verso la Terra Promessa, come un passaggio per tutti noi da questa emergenza a una vita nuova, che ci indica la strada di un risveglio verso la speranza e il perdono.
Che conseguenze avrà per i cristiani la mancanza dei pellegrini in questa settimana così importante?
Le conseguenze saranno terribili, peggio delle precedenti situazioni critiche che abbiamo vissuto e dove abbiamo assistito a un’emigrazione fortissima, perché la maggior parte dei cristiani lavora nell’ambito del turismo religioso: mancando i pellegrini non c’è lavoro per nessuno. Ma ancora più grave è che con tutte le zone chiuse, non possono nemmeno trovare un lavoro a giornata.
Come la Chiesa e la Custodia cercano di aiutare la popolazione?
Noi in Terra Santa cerchiamo di aiutare tutti, con quello che abbiamo, provando a dare loro un sostegno economico. Diamo ai cristiani locali gli alloggi, il lavoro, l’educazione scolastica, che sono i tre aspetti essenziali per poter vivere. Il nostro sostegno viene dall’elemosina e dalla colletta del Venerdì Santo. Ma con la chiusura totale del paese, anche per noi sarà difficile, anche se abbiamo già iniziato ad aiutare molte persone, perché per noi è fondamentale mantenere viva la presenza cristiana in Terra Santa.
Foto Ansa
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