

«Noi cristiani palestinesi ci identifichiamo più con il Venerdì santo che con la festa della Pasqua». Padre Jamal Khader, rettore del seminario del patriarcato latino di Beit Jala, vicino a Betlemme, ha partecipato anche quest’anno alla grande processione della Domenica delle palme, che parte dal Monte degli ulivi e termina nella Città vecchia di Gerusalemme. L’anno scorso i pellegrini erano in 30 mila, quest’anno neanche la metà.
[pubblicita_articolo allineam=”destra”]VIOLENZE E PERMESSI. Molti si sono fatti scoraggiare dalle violenze che a partire dall’autunno hanno portato in Israele alla morte di 180 palestinesi, quasi tutti uccisi dalle forze dell’ordine dopo aver tentato di assassinare degli israeliani, e più di 30 israeliani. Altri invece hanno ottenuto dalle autorità il permesso di passare dalla Cisgiordania a Gerusalemme con troppo ritardo: «L’anno scorso siamo venuti con sette automobili», testimonia ad Aide à l’Église en detresse Johhny, originario di Betlemme. «Quest’anno solo con tre perché abbiamo saputo solo il venerdì che avremmo potuto venire qui domenica».
IL MURO. Padre Khader ci sarà anche per Pasqua ma, dice, «capisco perché i cristiani non vengono più a Gerusalemme, anch’io ci vado il meno possibile. Non voglio dover sempre passare attraverso le postazioni di controllo e molti la pensano allo stesso modo. Poi non tutti ottengono il permesso per le grandi feste di attraversare il muro. Spesso lo ottengono i genitori, ma non i figli, e poi a volte alla fine ti rimandano indietro lo stesso. Così non può funzionare. Gerusalemme deve essere una città aperta, altrimenti non ci sarà mai la pace».
NOVITÀ A GAZA. Quest’anno le sofferenze dei cristiani palestinesi della Cisgiordania sono in parte compensate dalla gioia di quelli della Striscia di Gaza. Per la prima volta da anni, il 95 per cento di coloro che hanno fatto richiesta di recarsi a Gerusalemme per Pasqua hanno ottenuto il permesso da Israele, riporta Radio Vaticana. Solitamente, simili richieste venivano quasi sempre respinte. Padre Mario da Silva, brasiliano e responsabile della parrocchia latina della Sacra Famiglia, l’unica della Striscia, racconta: «Avevamo un solo giorno per presentare la richiesta», lavoro del quale per la prima volta si è occupata la Chiesa cattolica e non quella ortodossa. «Il 20 febbraio scorso si sono presentate 890 persone a registrarsi per chiedere il permesso. Molti di questi erano giovani che senza molta speranza stavano chiedendo per l’ennesima volta il permesso di uscita. In una decina di persone abbiamo lavorato, dalla mattina alla sera tardi, per preparare tutti i documenti necessari. Non sapevamo quanti permessi sarebbero stati concessi e, con nostra grande sorpresa, nei giorni scorsi abbiamo appreso che sono stati approvati 822 nominativi, e altri 25 sono stati aggiunti in un secondo momento. Quindi il 95%. Alcuni giovani cristiani non possono uscire da almeno otto anni».
«VICINI ALLA PASSIONE». La Pasqua resta la festa forse più sentita dai cristiani: «Come palestinesi, ci sentiamo molto vicini alle sofferenze di Cristo», spiega padre Khader. «Nelle sofferenze di Gesù Cristo noi vediamo le nostre stesse sofferenze. I vangeli della Passione non raccontano solo la storia di Gesù, ma anche la nostra. Questo non significa che non crediamo alla risurrezione e alla speranza che ne deriva. Ma non siamo ancora arrivati a questo punto».
Foto Aed
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