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Parole perse / Realizzazione: come ci siamo dimenticati di dover diventare cose

Di Pier Paolo Bellini
03 Aprile 2022
Qui sta il cuore di tutte le rivoluzioni moderne e postmoderne: l’idea della persona come realtà sganciabile e quindi sganciata dalle relazioni che la costituiscono
Michelangelo Buonarroti, Schiavo Atlante
Michelangelo Buonarroti, Schiavo Atlante (particolare), 1525-1530 circa, Galleria dell’Accademia, Firenze

Ci sono delle parole che continuiamo a usare come se la loro storia, cioè la storia del loro senso, fosse lineare, senza soluzione di continuità. E così pensiamo ingenuamente che il significato di certi termini sia più o meno lo stesso che essi avevano per i nostri padri, per Pasolini, per Dante, per Gesù. Continuiamo così a usare le parole della tradizione senza considerare che molte di esse (soprattutto negli ultimi due secoli) hanno subìto una vera e propria metamorfosi, una mutazione semantica: si sono perse. Non vogliono più dire “quella” cosa. Noi ci illudiamo di parlare la stessa lingua dei nostri avi, di poterli capire, di poterci capire.

Mi è balzato alla mente questo stato di cose quando, qualche giorno fa un amico mi ha chiesto di fare un intervento sulla “Yolo Economy”, teorizzata da Kevin Roose, esperto statunitense di innovazione che ha costruito la sua filosofia del nuovo stile di lavoro appoggiandosi a una parola (in realt...

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