Paritarie, il parlamento dà, gli ex grillini tolgono

Di Caterina Giojelli
16 Luglio 2021
Il Sostegni bis stanzia 60 milioni per aiutare le scuole non statali a riaprire. Ma condiziona il contributo ai cavilli degli ex pentastellati. «Dopo il nostro, un emendamento incomprensibile», spiega Toccafondi
Il decreto Sostegni bis assegna 60 milioni di euro alle scuole paritarie

Per la prima volta non è toccato solo a un emendamento parlamentare salvare le scuole paritarie e ricordare che non esistono studenti di serie a e di serie b. Così almeno abbiamo pensato quando il governo Draghi, in maniera del tutto autonoma, nel decreto Sostegni bis, articolo 58, ha inserito accanto ai 350 milioni destinati alle scuole statali 50 milioni di euro per le scuole paritarie, primarie e secondarie.

«E questo è un segnale assolutamente positivo di discontinuità rispetto al governo Conte, quando risorse necessarie come queste del decreto Sostegni bis, destinate alla ripresa dell’anno scolastico e all’attività in presenza, venivano conquistate solo attraverso continue battaglie ed emendamenti parlamentari. Detto questo, perché escludere l’infanzia?». Ancora una volta è toccato a Gabriele Toccafondi (ex sottosegretario all’Istruzione e deputato di Italia Viva) e Maurizio Lupi (leader di Noi con l’Italia) lavorare a emendamenti di concerto con Lega, Fi e Pd per ricordare che i bambini degli asili paritari non sono figli di un dio minore.

60 milioni alle paritarie

Richiesta approvata: «Il governo ha aggiunto 10 milioni di euro, 60 milioni in tutto, per aiutare le paritarie di ogni ordine e grado a contenere il rischio epidemiologico con la riapertura dei cancelli. Si direbbero ottime notizie, senonché – spiega Toccafondi a Tempi – i grillini, o meglio, i dissidenti dei Cinque Stelle, hanno incassato il sì del governo a un proprio emendamento che a me pare scritto da chi non è mai entrato in una scuola paritaria».

Si tratta dello stesso emendamento, proposto dalla senatrice Bianca Laura Granato (prima pentastellata e ora di L’alternativa c’è) ad ogni singolo decreto legge firmato nell’Italia in pandemia. La stessa della mozione “massima trasparenza” per imporre controlli a dir poco stringenti e verifiche sull’uso dei 300 milioni di euro che il decreto Rilancio aveva stanziato per gli istituti paritari. Posti nei quali secondo Granato «avvengono dei veri e propri mercimoni di titoli di studio». E che ancora una volta si è data la missione di mettere in croce scuole a cui è iscritto il 10 per cento della popolazione scolastica.

L’attacco dei grillini dissidenti

«L’emendamento dispone che le risorse destinate alle paritarie siano erogate a condizione che, entro un mese dall’approvazione del decreto (ieri, ndr), le stesse pubblichino online tutta una serie di informazioni relative a personale, ai titolari degli incarichi di collaborazione e consulenza, all’organizzazione interna, al bilancio preventivo e al conto consuntivo, ai beni immobili e agli atti di gestione del patrimonio».

Non solo, all’aggravio burocratico e alla tempistica assurda, considerato che tutto questo andrà risolto entro la metà di agosto, l’emendamento dispone che «la mancata osservanza degli obblighi comporta la revoca dell’erogazione del contributo. Una follia: le scuole paritarie non nascono perché qualcuno un giorno si sveglia e decide di aprirne una. Ci sono regole, leggi nazionali, per avere la parità scolastica bisogna sudarsela, passare attraverso un percorso di verifica e controllo all’interno del quale il Ministero la concede. Questo pregiudizio nei confronti di scuole che vivono dentro a regole, pena la perdita della parità scolastica, è francamente inaccettabile e mi sorprende che il governo, lo stesso che ha inserito le paritarie nel Sostegni bis, l’abbia approvato in Commissione Bilancio. Che senso nella stessa legge mostrare fiducia e poi trattare con sospetto?».

Ideologia e battaglie di realtà

C’è poi un’altra insidia, celata nell’emendamento: quale contributo e quali risorse verrebbero revocate se non verranno rispettati i tempi? La battaglia che Granato e compagni si fregiano di portare avanti ideologicamente contro le scuole che appartengono al sistema di istruzione, come sancito da Costituzione e confermato dalla legge 62, ha ormai vent’anni. Ma con buona pace degli acerrimi nemici delle paritarie la circostanza drammatica della pandemia ha riportato la scuola al centro dell’azione politica.

Tempi vi aveva già raccontato come, grazie a una trasversalità politica affatto scontata tra centrodestra e centrosinistra e al lavoro a quattro mani di Toccafondi e Lupi, quella per la libertà di educazione è tornata ad essere una battaglia tutt’altro che astratta. E di come, a partire dai 300 milioni inseriti nel dl Rilancio (quando alcune paritarie cominciarono a denunciare i rischi di chiusura e lo Stato a temere di rimanere in braghe di tela), si è arrivati ai 94 milioni per la disabilità, i 20 milioni per la disabilità nell’infanzia, sommati a 512 milioni di euro quale contributo nazionale alle scuole (confermato e stabilizzato) e agli 800 euro a studente di detrazioni fiscali che i genitori ogni anno possono inserire nella dichiarazione dei redditi.

Ora riportiamo tutti in classe

Oggi il decreto Sostegni bis, seppur con l’incomprensibile emendamento degli ex grillini, aggiunge 60 milioni «e nel Piano scuola estate 2021 varato dal ministero dell’Istruzione viene data, per la prima volta in assoluto, la possibilità anche alle scuole paritarie di presentare in autonomia progetti per accedere ai fondi europei. Prima era necessaria la compartecipazione allo stesso progetto di un istituto statale».

Un altro muretto che cade. Per riportare tutti a scuola. «La spietata fotografia della catastrofe educativa dopo un anno di Dad restituitaci dai test Invalsi non ci dà più alibi: dobbiamo riportare tutti i ragazzi in classe a settembre. In presenza e al cento per cento. E questo, non c’è da girarci attorno, non sarà possibile se tutti gli insegnanti e buona parte dei ragazzi non saranno vaccinati. Ma restano solo 60 giorni, i ragazzi tra i 12 e 19 anni vaccinati almeno con una dose sono meno del 30 per cento».

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