In visita a Cagliari, papa Francesco ha affrontato il tema della mancanza di lavoro, che affligge la Sardegna e non solo, e si è particolarmente commosso ascoltando le testimonianze di alcuni disoccupati, tanto da lasciare a metà l’omelia preparata per l’occasione e proseguire a braccio nel suo accorato appello perché gli uomini, soprattutto i giovani, non si lascino rubare la speranza e abbiano da Dio e dalla Madonna la forza di lottare perché cambi il sistema ingiusto che mette al centro della vita il dio denaro, che produce la cultura dello scarto che lascia indietro i deboli, siano essi i piccoli o gli anziani. Il pontefice ha celebrato la Messa e recitato l’Angelus al santuario cagliaritano dedicato a Nostra Signora di Bonaria, al quale Buenos Aires deve il suo nome. Infatti i marinai che nel 1536 arrivarono nel luogo ove ora sorge la capitale argentina erano sardi e volevano che il luogo si chiamasse Città della Madonna di Bonaria; col tempo “Bonaria” (aria buona) è divenuto Buenos Aires.
«CORAGGIO, NON LO DICO DA IMPIEGATO». «Con questo incontro – ha esordito il Papa – desidero soprattutto esprimervi la mia vicinanza, specialmente alle situazioni di sofferenza: a tanti giovani disoccupati, alle persone in cassa integrazione o precarie, agli imprenditori e commercianti che fanno fatica ad andare avanti». Il Papa ha rievocato la sua infanzia, quando sentiva raccontare dal padre l’esperienza della povertà e della disoccupazione. Da giovane il padre di Bergoglio era infatti partito per l’America in cerca di fortuna ma lì aveva vissuto la terribile crisi degli anni Trenta. «Hanno perso tutto! Non c’era lavoro! E io ho sentito, nella mia infanzia, parlare di questo tempo a casa… Io non l’ho visto, non ero nato ancora, ma ho sentito in casa parlare di questa sofferenza. Conosco bene questo! Ma devo dirvi: “Coraggio!”. Ma anche sono cosciente che devo fare di tutto, perché questa parola “coraggio” non sia una bella parola di passaggio! Non sia soltanto un sorriso di impiegato cordiale, un impiegato della Chiesa che viene e vi dice: “Coraggio!”. No! Questo non lo voglio! Io vorrei che questo coraggio venga da dentro e mi spinga a fare di tutto come pastore, come uomo».
SOLIDARIETA’ E INTELLIGENZA. «Dobbiamo affrontare con solidarietà e intelligenza questa sfida storica». Il Papa ha poi ricordato che «questa è la seconda città che visito in Italia. È curioso: tutte e due sono isole… Nella prima ho visto la sofferenza di tanta gente che cerca, rischiando la vita, dignità, pane, salute: il mondo dei rifugiati. E ho visto la risposta di quella città, che non ha voluto “isolarsi” e riceve quello, lo fa suo… Ci dà un esempio di accoglienza: sofferenza e risposta positiva. Qui, in questa seconda città, in questa seconda isola che visito anche qui trovo sofferenza. Una sofferenza che come uno di voi ha detto: “Ti indebolisce e finisce per rubarti la speranza”. Una sofferenza, la mancanza di lavoro, che ti porta – scusate se sono un po’ forte – ha affermato il Papa – ma dico la verità – a sentirti senza dignità! Dove non c’è lavoro, manca la dignità!»
L’IDOLO DEL DENARO. «E questo – ha proseguito – non è un problema della Sardegna soltanto (ma è forte qui) non è un problema soltanto dell’Italia o di alcuni paesi di Europa, è la conseguenza di una scelta mondiale, di un sistema economico che porta a questa tragedia; un sistema economico che ha al centro un idolo, che si chiama denaro. Dio ha voluto – ha osservato il Pontefice – che al centro del mondo, non ci sia un idolo, ma ci sia l’uomo, l’uomo e la donna, che portino avanti, col proprio lavoro, il mondo. Ma adesso in questo sistema, senza etica, al centro c’è un idolo e il mondo è diventato idolatro di questo “dio denaro”. Comandano i soldi! Comanda il denaro! Comandano tutte queste cose che servono a lui, a questo idolo. E cosa succede? Per difendere questo idolo si ammucchiano tutti al centro e cadono gli ultimi, cadono gli anziani, perché in questo mondo non c’è posto per loro! Anche alcuni parlano di questa abitudine di eutanasia nascosta – ha proseguito – di non curarli, di non averli in conto. Non ha futuro questo mondo».
LAVORO VUOL DIRE DIGNITA’. «Questa è la preghiera che voi stavate gridando: lavoro, lavoro, lavoro. È una preghiera necessaria. Lavoro vuol dire dignità, lavoro vuol dire portare il pane a casa, lavoro vuol dire amare! Per difendere questo sistema economico idolatrico si istaura la “cultura dello scarto”: si scartano i nonni e si scartano i giovani. E noi dobbiamo dire “no” a questa “cultura dello scarto”. Noi dobbiamo dire: “Vogliamo un sistema giusto! un sistema che ci faccia andare avanti tutti”. Dobbiamo dire: “Noi non vogliamo questo sistema economico globalizzato, che ci fa tanto male!”. Al centro devono esserci l’uomo e la donna come Dio vuole, e non il denaro!».
«Io avevo scritto alcune cose per voi, ma guardandovi mi sono venute queste parole. Io consegnerò al vescovo queste parole scritte come se fossero state dette. Ma ho preferito dirvi quello che mi viene dal cuore, guardandovi in questo momento!» ha sottolineato il Papa. «Guardate: è facile dire non perdere la speranza… Ma a tutti, a tutti voi, quelli che avete lavoro e quelli che non avete lavoro, vi dico: “Non lasciatevi rubare la speranza! Non lasciatevi rubare la speranza!”. Forse la speranza è come la brace sotto le ceneri: aiutiamoci con la solidarietà, soffiando sulle ceneri, perché il fuoco venga riavvivato. Ma la speranza ci porta avanti… Quello non è ottimismo, è un’altra cosa. Ma la speranza non è di uno: la speranza la facciamo tutti! La speranza dobbiamo sostenerla tutti, tutti voi e tutti noi che siamo lontani. La speranza è una cosa vostra e nostra. È cosa di tutti! Per questo vi dico: “Non lasciatevi rubare la speranza!”. Io dirò quello che mi viene dal cuore e voi in silenzio, pregate con me” ha detto. “Signore Dio guardaci! Guarda questa città, questa isola. Guarda le nostre famiglie. Signore, a Te, non è mancato il lavoro, hai fatto il falegname… Eri felice. Signore, ci manca il lavoro. Gli idoli vogliono rubarci la dignità. I sistemi ingiusti vogliono rubarci la speranza. Signore, non ci lasciare soli. Aiutaci ad aiutarci fra noi, facendoci dimenticare un po’ l’egoismo per sentire nel cuore il “noi”, noi, popolo, che vuole andare avanti. Signore Gesù, a Te non mancò il lavoro, dacci lavoro e insegnaci a lottare per il lavoro e benedici tutti noi. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Grazie tante e pregate per me!».
Qui il testo integrale dell’omelia del Papa che non ha letto per intero a Cagliari