Papa Francesco e l’islam. L’imam Pallavicini (Coreis): «Vi racconto il mio incontro con lui»

Di Elisabetta Longo
22 Marzo 2013
L'imam Yahya Pallavicini ha incontrato il pontefice: «Ha sottolineato come ci accomuni questo credere nell'Assoluto. Si augura, come noi, il dialogo tra le genti»

Papa Francesco, parlando questa mattina al corpo diplomatico ha detto che «non si possono costruire ponti tra gli uomini, dimenticando Dio. Ma vale anche il contrario: non si possono vivere legami veri con Dio, ignorando gli altri. Per questo è importante intensificare il dialogo fra le varie religioni, penso anzitutto a quello con l’islam, e ho molto apprezzato la presenza, durante la Messa d’inizio del mio ministero, di tante Autorità civili e religiose del mondo islamico». Fra questi c’era Yahya Pallavicini, vice presidente della Coreis (comunità religiosa islamica), che a tempi.it dice: «Il Papa mi ha molto colpito, anche nel breve scambio personale che ho avuto con lui, per la sua attenzione all’integrità, alla spiritualità, anche di altre fedi. Ha sottolineato come ci accomuni questo credere nell’Assoluto. Tra fedeli autentici non è un dato da trascurare. Lui si augura, come noi, il dialogo tra le genti, e perché questo avvenga occorre anche affrontare sfide sociali. Un concetto che era emerso anche nell’ultima visita che abbiamo fatto alla curia di Milano, con l’arcivescovo Angelo Scola».

UNA MOSCHEA A MILANO. Intanto, proprio a Milano, in zona 4 fervono i preparativi, al momento ancora sotto forma di cantiere incompleto, in attesa che arrivi il permesso comunale per erigere una moschea in via Mecenate. pallavicini è sorpreso: «Davvero? Non ne sapevo nulla». Siamo ancora a una fase davvero embrionale del progetto: infatti, i permessi non sono ancora stati richiesti dalla comunità islamica Milli Gorus, che si sta occupando di una raccolta fondi.
«Noi della Coreis – dice Pallavicini – siamo interessati alla trasparenza con le istituzioni. Ci deve essere chiarezza anche sulla costruzione di una moschea, non si può pensare di farla senza aver prima chiesto i doverosi permessi. Bisogna essere interlocutori affidabili, e apertamente laici, non è solo una questione religiosa, ma di dialogo con le istituzioni».
A interessarsi della moschea in via Mecenate è la Milli Gorus, una comunità islamica turca, che sta chiedendo finanziamenti anche alla Turchia, ma per il momento non hanno ricevuto risposta, stando a quanto riporta Repubblica Milano. «Una volta ultimata, la moschea sarà chiaramente aperta a tutti i fedeli di religione islamica, ma io credo che a frequentarla saranno più che altro coloro che appartengono alla Milli Gorus, che ne vuole la costruzione. Che è un controsenso, perché per esempio nella religione cattolica, non è mai solo un movimento a chiedere una chiesa. Non sono i Focolarini a chiedere la “loro” chiesa, perché è di tutti. Vorrei che fosse lo stesso nella religione islamica, che sul territorio italiano non è ancora riconosciuta».

NO AL GHETTO. Attenzione però a definire quella di via Mecenate la prima moschea di Milano. «La prima è la nostra di via Meda, alla quale purtroppo non abbiamo potuto fare adeguate ristrutturazioni per mancanza di fondi». L’idea di una grande moschea unica sul territorio milanese non è ciò che auspica Pallavicini. «Sono contrario all’idea della moschea ghetto. Continuo invece a considere un esempio quello delle parrocchie, che sono sparse sul territorio, e si interesecano perfettamente con il tessuto sociale della città, apportando al tempo stesso i loro valori spirituali. Vorrei la stessa cosa per la mia religione e i credenti islamici milanesi».

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2 commenti

  1. john doe

    Le parrocchie si integrano perfettamente col tessuto sociale delle città perché la parrocchia esiste da secoli e fa parte della nostre origini giudaico-cristiane. La moschea è un corpo estraneo che non ci è mai appartenuto e mai ci apparterrà. Con questo la tolleriamo, ma non scambiamo lucciole per lanterne…

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