Odoardo Focherini, il giovane cattolico che salvò cento ebrei. Un esempio di «totale adesione a Cristo»

Di Redazione
06 Giugno 2013
Intervista al nipote del Giusto tra le Nazioni che sarà beatificato a Carpi il 15 giugno. Giornalista, assicuratore, «si è lasciato trasformare da Cristo, fino a morire come Lui»

Il 15 giugno a Carpi sarà beatificato Odoardo Focherini (1907-1944). Ieri presso la Sala Marconi di Radio Vaticana è stata illustrata la figura di questo giovane cattolico che, a costo della propria vita (morì nel campo di concentramento di Hersbruck in Germania), salvò cento ebrei dalla persecuzione nazista. Il processo di beatificazione è iniziato nel 1996 e si concluderà il prossimo 15 giugno, a Carpi, in Piazza dei Martiri. La solenne celebrazione sarà presieduta dal cardinale Angelo Amato, prefetto per la Congregazione delle Cause dei Santi. Per aver salvato un centinaio di ebrei, Focherini si è guadagnato il titolo di Giusto tra le Nazioni, conferito dallo Stato di Israele.
Come ha detto ieri in conferenza stampa monsignor Francesco Cavina, vescovo di Carpi, quella di Focherini è la vicenda di «un uomo libero», la cui adesione alla verità lo rese «capace di possedere se stesso e donare tutto se stesso». La sua apertura alla libertà fu una totale «adesione a Cristo», senza alcuna «separazione tra vita cristiana e vita quotidiana: si è lasciato trasformare da Cristo, fino a morire come Lui».
Luca Marcolivio di Zenit ha intervistato Francesco Manicardi, figlio di Gianna, quintogenita di Odoardo Focherini. Riportiamo di seguito il testo dell’intervista.

Mancano dieci giorni alla beatificazione di Odoardo Focherini (1907-1944), l’attivista dell’Azione Cattolica, martire della violenza nazista.
Per l’occasione, ZENIT ha incontrato Francesco Manicardi, figlio di Gianna, quintogenita di Odoardo Focherini. Giornalista come il nonno, Manicardi ha raccontato vari aspetti dell’umanità del futuro beato, un uomo che, partendo dallo sforzo per la propria santificazione nella normalità della vita quotidiana, familiare e lavorativa, è arrivato, sull’esempio di Gesù Cristo, a «dare la vita per i propri amici».

Lei non ha mai conosciuto personalmente suo nonno Odoardo: in che modo i suoi familiari le hanno trasmesso la sua figura e il suo insegnamento?
Tutti noi nipoti (siamo 15!) e figli di Odoardo Focherini, abbiamo conosciuto la figura di nonno Odoardo, attraverso le fotografie dell’archivio della memoria custodito dalla mia zia più anziana, Olga, e dai racconti di nonna Maria, che abbiamo conosciuto bene: una donna minuta ma forte, vestita di nero, che ha portato il lutto per 45 anni, che ha diviso la sua esistenza tra la casa, dove ha accolto i figli e i nipoti, e la chiesa, dove riceveva l’eucaristia quotidiana.
Abbiamo ricevuto l’immagine di un nonno vivace, cordiale, socievole, aperto agli altri, la cui casa era aperta a tutti, non solo agli amici (provenienti non solo da Carpi ma dal Trentino e dal resto d’Italia) ma anche alle persone che avevano più bisogno: il vicino più povero, la ragazza madre bisognosa, le ragazze e le bambine di mamma Nina, una santa locale, che venivano accolte nell’educazione. Odoardo e Maria Focherini hanno una paternità e maternità allargata anche ai figli degli altri. Forse è proprio questa palestra di attenzione e formazione ai giovani che costituisce la base per cui Odoardo Focherini, ad un certo punto, accoglie anche i perseguitati, vedendo in loro dei fratelli (come nel caso degli ebrei), ma anche dei figli. Nonna Maria gli diceva: “I nostri figli sono al sicuro, hanno una casa, loro non ce l’hanno: vai e aiutali”.

Odoardo Focherini è nel novero dei Giusti tra le Nazioni: quanto è attuale la sua figura in un’epoca in cui il dialogo interreligioso risulta ancora di difficile realizzazione?
Il fatto che Odoardo Focherini, alla fine degli anni ’60, abbia ricevuto il riconoscimento come Giusto tra le Nazioni, come non ebreo che ha rischiato la propria vita per salvare degli ebrei, si aggiunge alla beatificazione e ai riconoscimenti, come quello del presidente della Repubblica Napolitano che nel 2007 gli ha conferito la medaglia d’oro alla memoria per merito civile. Odoardo è stato riconosciuto a livello civile, a livello di Chiesa universale, a livello di stato di Israele: credo quindi possa essere davvero un esempio di dialogo interreligioso ma soprattutto di accoglienza dell’altro che significa il povero, il piccolo che ha bisogno di educazione, ma anche dello straniero, di quello che era percepito come estraneo a noi: allora l’ebreo, forse oggi l’extracomunitario. Questo spirito di apertura ed accoglienza lo hanno sperimentato personalmente Odoardo, nel piccolo mondo ecclesiale di Carpi, e poi don Zeno Saltini di Nomadelfia e ad altre figure eminenti e servi di Dio. Una cosa significativa: a Carpi la scuola intitolata a Odoardo Focherini, ha messo in scena una commedia sulla vita di mio nonno, e il protagonista era un ragazzo musulmano che ha studiato la vita di Odoardo Focherini, un cattolico, e l’ha interpretato: se questo non è un ponte gettato verso il dialogo tra le religioni, non so quale altro esempio possiamo trovare!

Che tipo di giornalista era Odoardo Focherini? Come cristiano, in che modo viveva la sua professione?
Da ragazzo, in oratorio, assieme a Zeno Saltini, poi ordinatosi sacerdote, mio nonno impara ad usare le macchine da stampa, e a stampare un giornale di collegamento per i ragazzi cattolici d’Italia. Poi si esercita come corrispondente locale dell’Avvenire d’Italia e con l’Osservatore Romano. In seguito viene chiamato come amministratore del giornale ma non smette di interessarsi alla comunicazione e ai media che ovviamente, ai tempi, erano sotto l’egida e il controllo del regime. Nei suoi articoli Odoardo non parla solo di temi importanti come la religione e la fede ma sottolinea l’umanità delle persone con cui parla: la figura di un vescovo entrante, le figure dei congressi eucaristici, il ruolo avuto da preti eminenti, come padre Agostino Gemelli: ovunque mette questo tocco di umanità caratteristica. Lui non è uno scrittore eccelso ma va molto nel concreto. Anche come amministratore del giornale si oppone alle volontà del regime, arrivando, dopo l’8 settembre a interrompere la pubblicazione del giornale, pur di non avallare questo nuovo corso nazista.

Suo nonno fu anche assicuratore…
Quando porto la testimonianza del nonno nelle scuole dico: “Se si può fare santo un assicuratore, possiamo diventare tutti santi…”. Il pregiudizio sull’assicuratore è quello di una persona che vuole fare soldi a tutti i costi. In realtà l’etica della professione di Odoardo è esemplificata in un libretto che lui, da ispettore, ha preparato per i suoi agenti e sottoposti, e in cui dice: dovete avere massimo rispetto per le altre compagnie e per i vostri competitor, dovete però conoscerle bene, avere un pizzico di ambizione, essere corretti e, alla fine, interpretare il vostro ruolo professionale come una missione, perché alla fine voi portate nelle vostre famiglie il risparmio, con le polizze vita e, con le assicurazioni, il pensiero per il domani. Avendo moglie e sette figli, chiaramente Odoardo ha ragionato sul suo futuro. Un particolare che pochi sanno è che nel 1936 lui redige un testamento in cui innanzitutto chiede scusa a tutti i sottoposti e superiori per i torti eventualmente commessi, professa la sua fede incondizionata nella Chiesa e poi fa un elenco di persone e di realtà che gli stavano più a cuore: tra questi i poveri dei paesi del Trentino, da cui provenivano lui e la moglie, l’Avvenire d’Italia, l’Azione Cattolica, la San Vincenzo e l’Unitalsi, tutte realtà che aveva contribuito a creare.

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