Occorre una generazione di ri-fondatori dell’Europa

Di Massimo Camisasca
08 Giugno 2024
Proprio perché amiamo l’Europa e siamo convinti della sua necessità e possibile fecondità nel concerto del mondo, non possiamo arrenderci di fronte alla sua attuale decadenza
(foto Ansa)
(Foto Ansa)

Pubblichiamo l’intervento di monsignor Massimo Camisasca, vescovo emerito della Diocesi di Reggio Emilia e Guastalla, al convegno “Elezioni Europee 2024. Per la pace, un orizzonte ideale” organizzato il 14 maggio scorso a Monza da Compagnia delle opere.

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Dobbiamo riconoscerlo. Anche se non siamo più legati all’antica e superata visione della storia come insieme di guerre (protagonisti della storia sono piuttosto gli umili, o almeno anche loro, come noi lombardi abbiamo imparato da Alessandro Manzoni), una considerazione approfondita degli eventi dei popoli ci fa purtroppo vedere che le guerre hanno segnato profondamente e continuativamente la storia dell’uomo.

Esse sono state sterminatrici di generazioni di uomini, di speranze e seminatrici di depressioni, violenze, carestie, malattie, distruzioni…

Possiamo fare qualche riferimento e qualche nome, legato al nostro continente, per non cadere nell’astrazione?

Le guerre che Roma repubblicana e imperiale, prima e dopo Cristo, ha combattuto fino al Reno e al Danubio e oltre, guerre documentate, in cui è corso un fiume di sangue e di violenza. Le guerre con i popoli nuovi venuti dall’Est estremo: vorrei ricordare la guerra greco-gotica, una delle più terribili con efferatezze di ogni genere. Le guerre dei regni romano barbarici, di Franchi e Normanni, le guerre tra i Principati italiani, le guerre per la nascita dei nuovi Stati nazionali, nel 1400 e 1500, la terribile Guerra dei trent’anni, le guerre di religione del 1500 e 1600, la Rivoluzione francese, le guerre dell’indipendenza italiana dagli stranieri, le guerre mondiali, la guerra di liberazione dal nazi-fascismo, la Guerra fredda… C’è da rimanere inorriditi ed è solo un ridottissimo elenco.

Dobbiamo anche chiederci: queste guerre sono state soltanto male? Pensiamo alla guerra di indipendenza e alla liberazione dal nazi-fascismo. C’è un’urgenza di difesa che deve essere equilibrata e governata da una visione morale dell’esistenza.

Una visione morale che ponga un argine al riarmo e all’industria di guerra.

Tutto ciò che è accaduto nei millenni ci porta alla conclusione che quanto è nato in Europa dopo il 1945 ad opera di De Gasperi, Schuman e Adenauer, è un miracolo. È il miracolo di una fede che si è fatta carico di un progetto politico e culturale di grande respiro.

Esso si è sempre più ingrandito dal punto di vista burocratico ed economico, ma rimpicciolito dal punto di vista del coraggio politico, storico, spirituale, progettuale.

La burocrazia ha preteso di invadere sempre più le legislazioni nazionali e l’ideologia dei diritti individuali disgregatrice della famiglia, della difesa della vita e dell’identità personale ha sostituito con decisione il progetto iniziale.

Tutti abbiamo sognato l’Europa, ma l’Europa non sa più rispondere alla domanda: “Chi sei?”. Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco hanno ripetutamente sottolineato questa questione. Per riferirci semplicemente all’ultimo papa, nel 2020 [riprendendo le parole di Giovanni Paolo II] ha scritto: «Europa, ritrova te stessa… Sii te stessa! Non avere paura della tua storia millenaria che è una finestra sul futuro più che sul passato. Non avere paura del tuo bisogno di verità… del tuo bisogno di giustizia… del tuo bisogno di eternità» raccogliendo Grecia, Roma e cristianesimo in un solo richiamo. E continuava: «L’originalità europea sta innanzitutto nella sua concezione dell’uomo e della realtà… Sogno allora un’Europa amica della persona e delle persone… Una terra che tutela la vita in ogni suo istante, da quando sorge invisibile nel grembo materno fino alla sua fine naturale… Una terra che favorisca il lavoro come mezzo privilegiato per la crescita personale… Una famiglia di popoli, diversi tra loro e pure legati da una storia e da un destino comune…». E così conclude: «Una cultura o un sistema politico che non rispetti l’apertura alla trascendenza non rispetta adeguatamente la persona umana».

Proprio perché amiamo l’Europa e siamo convinti della sua necessità e possibile fecondità nel concerto del mondo, non possiamo arrenderci di fronte all’attuale decadenza dell’Europa.

Non nascondiamoci i problemi e le difficoltà: l’inversione di rotta che deve fare l’Europa è difficoltosa e audace, ma necessaria.

L’alternativa è chiara: vuole l’Europa diventare voce della sua storia, dei valori di persona, libertà, comunità, ragione e fede che l’hanno resa un fattore decisivo della storia in avanti o vuole recitare solo la parte di portacoda, delle tecnologie e finanze e delle forme barbariche di comunicazione?

La scelta è tra essere se stessa o sparire dalla storia del mondo.

Come può l’Europa fare questo? Occorre una generazione di uomini politici coscienti della portata della sfida che hanno di fronte e della propria responsabilità. Una generazione di ri-fondatori dell’Europa. Come ha affermato papa Francesco in una sua riflessione sul futuro dell’Europa dell’ottobre 2020, «i cristiani hanno oggi una grande responsabilità: come il lievito nella pasta, sono chiamati a ridestare la coscienza dell’Europa».

Ridestare la coscienza.

Una generazione di uomini politici che, nelle diverse appartenenze partitiche, non vedano contraddizione a una comune appartenenza ideale, amanti della storia e aperti alla trascendenza, amanti della libertà, della fede e della ragione.

Una generazione di coraggiosi che sappiano amare il futuro più che il loro presente, una generazione di uomini e donne che desiderano scrivere qualcosa che rimanga.

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