Nord Stream e Kursk. Le scommesse rischiose dell’Ucraina
Sabotare un’infrastruttura da 11 miliardi di dollari come il Nord Stream, che garantisce la sicurezza economica del proprio secondo miglior alleato, la Germania, e usare le armi donate dai paesi occidentali per «liberare» (copyright Oleksandr Syrsky) porzioni di territorio nemico e rischiare di scatenare una guerra mondiale nucleare, sono mosse decisamente azzardate.
Ma l’Ucraina ha deciso di tentare il tutto per tutto, un po’ per dimostrare agli alleati che danneggiare realmente la Russia senza subire troppe conseguenze è possibile, anche se su questo punto aleggia ancora un enorme punto interrogativo, un po’ per obbligare i partner occidentali a coinvolgersi completamente in una guerra che finora hanno sostenuto soltanto a metà.
L’Ucraina “dichiara guerra” alla Germania
Le notizie diffuse nell’ultima settimana dai tedeschi Ard, Die Zeit e Die Süddeutsche Zeitung e dall’americano Wall Street Journal sulla responsabilità ucraina del sabotaggio dei gasdotti Nord Stream 1 e 2 non sono incredibili, perché da un anno tutto puntava verso Kiev scagionando Mosca. Restano però ugualmente gravissime.
A essere sempre più in difficoltà è il cancelliere tedesco Olaf Scholz, che si ritrova a gestire una situazione delicatissima. Il sabotaggio ucraino di tre condotti su quattro del Nord Stream 1 e 2, che ha provocato un disastro ambientale senza precedenti oltre a un danno miliardario, equivale infatti formalmente a una dichiarazione di guerra dell’Ucraina alla Germania.
Difficilmente Berlino la considererà tale, ma da questo momento farà anche più fatica a spiegare ai suoi cittadini perché continui a rifornire di armi un paese che, interrompendo il flusso di gas che attraverso i gasdotti la Russia inviava alla Germania, ha provocato l’innalzamento dei prezzi dell’energia innescando così la recessione economica tedesca.
Il sabotaggio del Nord Stream
Sarà anche vero, come scrive il Wsj, che la Cia, informata del piano di sabotaggio esplicitamente autorizzato dal presidente Zelensky e dal capo dell’esercito Zaluzhniy, avrebbe avvertito la Germania e chiesto a Kiev di non attuare il piano, cosa che Zelensky avrebbe tentato di fare invano, perché i sommozzatori erano già partiti. Ma questo, oltre che non essere del tutto credibile, cambia poco.
L’Ucraina ha scelto di far saltare in aria una delle più importanti infrastrutture energetiche d’Europa, lo ha fatto consapevolmente, sapendo che in questo modo avrebbe danneggiato in modo irreparabile il suo miglior alleato europeo e l’avrebbe costretto, suo malgrado, a tagliare tutti i ponti con la Russia. E gli Stati Uniti, che in passato avevano cercato in ogni modo di fermare il progetto Nord Stream e che erano a conoscenza del piano, non sono riusciti a fermarlo, se così si può dire.
Il primo azzardo di Zelensky
La mossa di Zelensky è avventata anche perché danneggia le relazioni tra Germania e Polonia. Come rivelato dai media tedeschi, infatti, le autorità tedesche hanno spiccato a giugno un mandato d’arresto internazionale nei confronti del principale indiziato del sabotaggio, Volodymyr Z., che allora viveva comodamente in Polonia.
Varsavia, però, ha ignorato la richiesta fino a quando il sospetto numero uno non è riuscito a scappare in Ucraina, che difficilmente acconsentirà a estradarlo in Germania. L’atteggiamento polacco è comprensibile se si considera che il sabotaggio favorisce proprio Kiev e Varsavia: dopo l’attentato ai gasdotti, infatti, il gas per arrivare in Germania da Est dovrà per forza transitare da Ucraina e Polonia, che ne ricaveranno un bel guadagno in tasse di transizione.
L’azzardo ucraino è enorme e si basa sulla convinzione che il governo Scholz sia troppo debole per reagire e ribellarsi ai partner della Nato, interrompendo il sostegno all’Ucraina nonostante l’invasione della Russia.
L’Ucraina attacca la Russia con le armi Usa
Non meno rischiosa è la decisione di utilizzare le armi occidentali per conquistare porzioni di territorio russo. Non è un mistero, infatti, che senza i tank britannici, gli Himars americani e le armi di altri partner europei (Germania e Svezia, su tutti) l’esercito di Kiev non sarebbe mai riuscito a penetrare 35 km in territorio russo nella regione di Kursk, conquistando, anzi «liberando», per usare le parole provocatorie del comandante delle forze armate Syrsky, Sudzha e 82 villaggi.
Difficilmente Kiev potrà conservare a lungo i territori conquistati e gli analisti si interrogano sulle reali intenzioni di Kiev. C’è chi vede nell’attacco una mossa disperata di Zelensky per distrarre il mondo dai successi della Russia nel Donbass, chi ritiene che voglia mantenere il controllo dei territori russi per migliorare la propria posizione in un eventuale negoziato di pace. Chi ancora è convinto che il presidente ucraino voglia costringere l’esercito russo a interrompere l’offensiva nel Donbass per correre in difesa della madrepatria, rimasta colpevolmente sguarnita.
Tutti questi obiettivi sono plausibili. C’è anche però chi ritiene che Zelensky voglia provocare una risposta russa così violenta da costringere l’Occidente ad appoggiare l’Ucraina fino in fondo, eliminando ogni restrizione all’utilizzo delle armi occidentali donate a Kiev per colpire la Russia o entrando direttamente in guerra.
«Zelensky forza la mano a Putin e Biden»
L’Ucraina, insomma, per dirla con la Bbc, vuole «forzare la mano sia a Putin che a Biden. Una scommessa rischiosa». Anche perché potrebbe provocare l’ingresso della Bielorussia in guerra o innescare quel conflitto nucleare temuto fin dal principio dell’offensiva russa.
Secondo il Washington Post, inoltre, l’offensiva ucraina ha fatto saltare o compromesso colloqui di pace con la Russia che si sarebbero dovuti tenere a fine agosto in Qatar e che avrebbero dovuto interrompere gli attacchi russi contro le infrastrutture energetiche civili ucraine. Inoltre, continua il quotidiano, l’accordo avrebbe potuto rappresentare una base per un trattato di pace più ampio.
Se tutti sembrano ormai tristemente rassegnati all’escalation, gli ultimi episodi non fanno che dimostrare la necessità di cercare vie diplomatiche per porre fine a una guerra che né la Russia né l’Ucraina possono vincere con le armi.
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