
Ho capito perché non sopporto Woody Allen e Roberto Saviano. Non li sopporto nella stessa misura. Con la stessa intensità e con la stessa forza. Ma, fino a pochi giorni fa, non sapevo perché. Cioè: non sapevo perché quando vedevo Allen e leggevo Saviano (parlo al passato perché poi ho perso il vizio di farlo) poi ne uscivo incazzato.
E lo sapete perché? Lo volete sapere? Perché Woody Allen e Roberto Saviano si odiano. Sìsìsì, proprio così: odiano se stessi e, odiandosi, trasmettono o cinismo universale (Allen) o, per esorcizzarlo, certezze assolute (Saviano). Sono due sacerdoti dell’odio. Ok, non ci credete. Magari anche tra i lettori di Tempi c’è qualcuno che ha l’insana abitudine di farsi del male guardando i film dell’uno o leggendo i libri dell’altro. Allora a questo punto sono costretto a tirare fuori le prove.
Partiamo da Saviano (che, sia detto per inciso, è diventato famoso copiando il lavoro di altri e vabbè, capita, mica uno nasce imparato, no?). Sul Corriere di qualche settimana fa l’incipit di un suo pezzo (ovviamente chilometrico perché deve avere la sindrome dello scrittore impotente che per dimostrare di avercelo lungo scrive minimo 50 mila battute anche se gli chiedi semplicemente che ore sono) era questo: «Conservo rancore per essere stato messo al mondo». Non vado oltre la citazione perché io quella sindrome non ce l’ho. Credo basti questa frase per interpretare il suo lavoro. Cioè, sì, dai… si capisce: uno che è incazzato per essere stato messo al mondo, come e cosa vuoi che scriva?
Chiuso il capitolo Saviano, passiamo all’intellettuale che si è sposato la figlia (adottiva). Sul Sette (il settimanale del Corriere), rispondendo alle domande di un’intervista, ha detto: «Ho trascorso la vita ad evitare la realtà e voglio continuare ad evitarla» e, più avanti, «è un mondo orribile (…) per cui se qualcuno o una qualsiasi forza ne è responsabile, quella forza particolare, quell’entità responsabile dovrebbe risponderne ad un giudice anche superiore ad essa». Direi che dal pianeta degli sfigati è tutto, a voi studio.
Foto di Colin Swan, licenza CC BY-SA 2.0