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«Non so come facciamo a sopravvivere». L’eroismo dei cristiani che restano in Libano

Di Leone Grotti
29 Gennaio 2025
La crisi economica, l'inflazione, l'esplosione del porto di Beirut, il trauma, la guerra. Ma c'è chi non si arrende e resta per costruire: «Confidiamo solo in Dio»
Il porto di Beirut distrutto dall'esplosione del 4 agosto 2020
Il porto di Beirut distrutto dall'esplosione del 4 agosto 2020 (foto Ansa)

Prosegue il viaggio di Tempi in Libano per raccontare come il paese sta cercando di rialzarsi dopo la devastante guerra tra Hezbollah e Israele scoppiata in mezzo a una drammatica crisi economica. Puoi aiutarci a sostenere le spese per il reportage attraverso una donazione al Fondo Più Tempi. Per leggere tutti gli articoli della serie clicca qui.

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Beirut. «Abitavamo a un chilometro e mezzo dal porto di Beirut. Quando è esploso, il 4 agosto 2020, il salotto di casa nostra è stato spazzato via. Io pensavo fosse un bombardamento, ero convinto che saremmo morti tutti». Mano ci apre le porte della sua nuova casa anche se sulla capitale del Libano è già calato il buio e le lancette dell'orologio segnano quasi la mezzanotte.

L'ospitalità araba è giustamente famosa e questa famiglia cristiana, provata come tante dalle enormi avversità che si sono abbattute negli ultimi anni sul paese, imbandiscono la tavola a festa con the caldo, cestini croccanti di crema e ...

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