Non il maso chiuso, la comunione è il metodo e la liberazione il contenuto

Di Luigi Amicone
11 Maggio 2012
Lettera di Pippo Corigliano a Tempi: «Caro direttore, ce ne fossero di ciellini nelle altre regioni (disastrate) d'Italia».

Caro direttore, in questi giorni è aumentata la mia stima e simpatia per Comunione e Liberazione. La dignità con cui le persone, vittime di attacchi, hanno reagito, e la fermezza che hanno dimostrato mi hanno fatto desiderare che anche in altre regioni d’Italia aumenti il numero di aderenti al movimento. Come sarebbe bello se in Lazio, in Campania, in Sicilia, in Calabria ci fossero amici di Comunione e Liberazione, in posti di responsabilità e altrove. In questi giorni penosi se ne sente particolarmente la mancanza. Viceversa è aumentata la sensazione di ridicolo che i cosiddetti laici, cioè i laicisti che imperano ovunque, m’ispirano. Sussiegosi e complicati credono di essere apprezzati mentre è sempre più evidente che il re è nudo: non hanno idee né progetti, non sanno chi sono né cosa vogliono; ma impartiscono lezioni dai vari mezzi di comunicazione, tutti a loro disposizione. Dopo la fine della Balena Bianca, la Dc, da loro salutata come un lieto evento, cos’hanno combinato? Hanno portato il paese allo sfascio e danno chiaramente l’impressione di non sapere che pesci pigliare. I cristiani hanno il senso dell’impegno, dell’onestà e hanno la dottrina sociale della Chiesa. Ce ne vogliono di più. Preghiamo il Signore della messe perché mandi operai nella sua messe. Grazie, e viva Tempi! La rivista dei tempi nostri.
Pippo Corigliano

Grazie uomo dell’Opera. No, il “maso chiuso” – come ha spiegato Roberto Formigoni nella sua bella intervista al Corriere della Sera – non è l’orizzonte di noi cattolici. Né, tantomeno, è l’orizzonte di Cl. Che, da quando abbiamo sentito don Giussani parlare per la prima volta, da che il movimento esiste, ha sempre e solo cercato di vivere la “comunione” come metodo, la “liberazione” come contenuto. L’“unità” come legge della vita. “Cristo” come compagnia a sé, a tutti i sé del mondo, a tutte le dimensioni del mondo. E a proposito del mondo. Ci diceva in questi giorni di cancan mediatico-giudiziario un nostro amico politico, Mario Sala, che ha appena condotto in porto l’ennesima buona legge di Lombardia (nel caso, “per la crescita e lo sviluppo” che apre concrete opportunità alla ripresa e all’occupazione): «Il 58 per cento del sistema internazionale di welfare si concentra in Europa, dove vive solo l’8 per cento della popolazione mondiale. Perché in nessun’altra regione del mondo c’è stata tanta attenzione alla persona? Perché dire “persona” è dire “cristianesimo”. E così, dopo l’anticristianesimo dei due totalitarismi che hanno distrutto il continente, l’Europa è rinata grazie alle sue radici cristiane. Oggi che le risorse sono limitate, viviamo nel posto più vecchio del mondo, il debito è diventato insostenibile, ancora una volta la persona è diventata una variabile subordinata a un progetto di élite. L’utopia oggi si chiama tecnocrazia. Eppure sono stati il francese Schuman, il tedesco Adenauer e l’italiano De Gasperi gli artefici dell’Europa che si è risollevata dalle macerie e ha costruito benessere, democrazia e libertà per tutti. Erano tutti e tre cristiani. La loro impresa deve diventare la nostra». Perciò caro Pippo, le tue parole non ci sono soltanto di conforto, ma ci descrivono in pieno. E se a qualcuno l’impresa piace chiamarla “federativa”, a noi, qui, piace semplicemente chiamarla amicizia. Con chiunque lavori per il bene comune e lotti per la libertà di tutti.

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1 commento

  1. jp

    Mi pare che la lettera di Corigliano dia ragione a Galli della Loggia. Noi siamo i migliori, non siamo come gli schifosi laicisti, siamo più bravi, siamo più umani, più impegnati, più onesti…

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