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«Non farò aborti. Non troverò medici disposti a farli. E se l’Irlanda me lo vieterà affronterò le conseguenze»

«Non vogliamo prendere parte a un omicidio. Non intendiamo cooperare né facilitarlo. La legge deve riconoscere la nostra libertà di coscienza. Ne va del valore della vita, e non solo quella dei bambini». Intervista a Orla Halpenny, medico di Dublino

Leone Grotti
08/10/2018 - 1:30
Esteri
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«Se una mia paziente verrà a chiedermi di abortire, rifiuterò e cercherò di persuaderla a non farlo. Se mi chiederà di aiutarla a cercare un altro medico, non lo farò. Se la legge non riconoscerà il mio diritto all’obiezione di coscienza, rischierò ugualmente, pronta ad affrontare le conseguenze». Orla Halpenny, medico di base di Dublino, sta seguendo da vicino il dibattito parlamentare cominciato nei giorni scorsi nel suo paese. L’Irlanda si appresta per la prima volta ad approvare una legge che consentirà alle donne di abortire su richiesta e non è affatto scontato che la libertà di coscienza dei medici venga riconosciuta pienamente.

A maggio il 66,4 per cento degli irlandesi ha abrogato via referendum l’ottavo emendamento della Costituzione, che garantiva protezione ai bambini non nati, impedendo l’aborto salvo nei casi in cui la vita della madre fosse «realmente e sostanzialmente» in pericolo. Il 4 ottobre è stata presentata alla Camera bassa del Parlamento la legge sulla “Regolamentazione dell’interruzione di gravidanza”. Il testo base prevede la possibilità di abortire per qualunque motivo fino alla 12esima settimana e, in presenza di rischi per la salute della madre o di disabilità del bambino, fino alla 24esima.
Nessun medico, infermiere o ostetrica può essere obbligato a praticare un aborto, ma i dottori dovranno fare tutto ciò che è necessario per trasferire la paziente alle cure di un professionista che le permetterà di interrompere la gravidanza. Halpenny, che è membro dell’associazione Doctor4Life, è preoccupata e dichiara a tempi.it: «Noi non vogliamo prendere parte in alcun modo al processo abortivo. Non intendiamo cooperare né facilitarlo. La legge deve riconoscere la nostra libertà di coscienza».

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Dottoressa, il mandato popolare del referendum di maggio però è chiaro: gli irlandesi vogliono l’aborto.
Eravamo preparati per una sconfitta, ma devo ammettere che sono rimasta sorpresa dalle percentuali: nessuno si aspettava un divario del genere tra il “sì” e il “no”.

La società è cambiata?
Sì. Il dibattito è stato molto acceso, anche se non tutti quelli che si oppongono all’aborto hanno parlato, per paura di essere insultati e attaccati.

L’Irlanda non è più un’eccezione?
No, siamo diventati simili a tanti altri paesi europei e i giovani sono cambiati moltissimo rispetto a una generazione fa. Non dimentichiamo che l’ottavo emendamento era stato approvato con referendum (67 per cento a favore contro 33 per cento) solo nel 1983. Ora tanta gente non si rende conto di che cosa significa abortire, uccidere un bambino non nato non è più considerato un problema.

Perché?
Oggi il valore più alto è la libertà di scelta ed è puntando sulla libertà delle donne che la campagna del “sì” ha convinto i giovani. Nessuno pensa più che la libertà di abortire priva un bambino del suo diritto alla vita e della sua libertà di scelta.

La bozza di legge definisce l’interruzione di gravidanza «una procedura medica che termina la vita del feto». Come questa dicitura cambierà la società?
Coloro che sanno già che la vita comincia fin dal concepimento, non subiranno ripercussioni. Ma con questa dicitura si vuole far passare l’idea che il feto non è un essere umano. E questo influenzerà enormemente le persone e le nuove generazioni. La mentalità della gente verrà influenzata: la vita umana avrà sempre meno valore.

Perché?
Pensiamo solo al tema della disabilità: se un bambino è disabile, potrà venire abortito. È inevitabile che i disabili saranno considerati meno degni di vivere. La libertà di scelta sarà sempre più apprezzata contro il valore della vita umana.

Nessun medico sarà obbligato a praticare aborti. Perché non vuole nemmeno riferire un’eventuale paziente a un altro dottore?
L’idea di cooperare a un omicidio è insopportabile per me, come per tanti altri dottori. Il governo deve emendare questa legge e rispettare la nostra libertà di coscienza.

Ha idea di quanti medici invocheranno l’obiezione di coscienza?
Secondo le prime stime, basate però su sondaggi marginali, circa il 30 per cento dei professionisti si rifiuteranno di cooperare.

E se il Parlamento non cambierà la legge?
Ci saranno innanzitutto ricadute professionali. Già oggi molti dottori emigrano. Domani molti giovani si iscriveranno a specialità che non comprendano la possibilità di dover praticare aborti. Altri cambieranno lavoro.

E i medici di famiglia come lei? Che cosa faranno?
Se sarò costretta, io mi prenderò il rischio di essere denunciata. Ma molto dipenderà da come sarà scritta la legge. Ricorreremo sicuramente nei tribunali e alla Corte europea di giustizia. Per vincere questa battaglia è fondamentale far capire alla gente quanto è importante il principio della libertà di coscienza. Purtroppo, nel paese c’è molto disinteresse.

Disinteresse? Ma l’Irlanda non era tra i paesi più cattolici del mondo?
L’Irlanda è cambiata rapidamente. La popolazione è cattolica, ma la fede è molto debole. Negli ultimi 50 anni abbiamo mantenuto l’identità cristiana ma è venuta meno la formazione cattolica. La gente non sa più perché dovrebbe comportarsi in un certo modo, perché dovrebbe rispettare la vita. C’è un problema educativo. Per non parlare degli scandali sessuali.

Che cosa c’entrano?
La Chiesa cattolica è debole a causa degli scandali e mal vista. Ogni volta che prende una posizione, anche se a difesa del valore della vita umana, provoca una reazione di rigetto. Anche per questo si è schierata pochissimo durante il referendum.

Perché molte persone e molti politici si battono per la libertà delle donne ma non per quella dei medici?
L’obiezione di coscienza dà fastidio. Innanzitutto perché restringe l’accesso all’aborto: se in un dato paese tutti obiettano, le donne dovranno viaggiare più lontano per trovare un altro ospedale dove interrompere la gravidanza. Il tema poi è sensibile e legato a interessi economici: lobby potenti fanno pressione sui politici perché espungano dalla legge il diritto all’obiezione di coscienza.

I politici potrebbero anche bocciare l’intera legge, però.
Tecnicamente sì, ma non succederà. I politici che rispettano la vita sono pochissimi in Parlamento e alcuni di loro hanno paura della reazione della gente. Chi avrà il coraggio di opporsi si conterà sulle dita di una mano.

Che cosa teme di più, pensando al futuro del suo paese?
Quando si comincia a sostenere, legiferando di conseguenza, che il valore della persona è condizionato dalla sua salute o da qualche altro fattore, tutti gli esseri umani sono in pericolo. Se la disabilità viene considerata un ostacolo da rimuovere e una motivazione sufficiente per uccidere un bambino non nato, che cosa succederà domani agli anziani? La vita dei vecchi, magari quelli con demenza, sarà la prossima ad essere messa in discussione. L’aborto aprirà la strada all’eutanasia. Non ho dubbi.

Foto Ansa

Tags: Abortoirlandaobiezione di coscienza
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