Scuole serali

“Noi come cittadini. Noi come popolo”

Di Gianmario Gatti - Mauro Grimoldi
07 Aprile 2013

PROFESSORE Buonasera.

STUDENTE  Buonasera

PROFESSORE  Mi chiamo Bugatti e sono il vostro nuovo…

STUDENTE Chiedo scusa, professore, ma, come può vedere, io sono il solo studente del corso. Per di più bocciato e pluriripetente; un veterano, insomma.

PROFESSORE Capisco. Ma non si preoccupi. Le posso assicurare che anche io non so assolutamente nulla. Perciò può stare tranquillo. Del resto, se così non fosse, non sarei stato assegnato alle scuole serali di questo piccolo borgo, piuttosto eccentrico rispetto alle nostra bella e grande città. Dunque, dicevo, mi chiamo Bugatti e sono il suo insegnante di diritto. Oggi ci occupiamo di educazione civica. Perciò di città e cittadinanza. Prendo il libro di testo e mi reco alla pagina 7. Leggo.

Etimologicamente, cittadino viene dal latino citatorium. Il cittadino è il convocato, il chiamato al bene comune, convocato perché si associ in vista del bene comune. Cittadino non è il soggetto preso individualmente, come lo presentavano i liberali classici, né un gruppo di persone indistinte, ciò che in termini filosofici si definisce «lunità di accumulazione». Si tratta di persone convocate a creare ununione che tende al bene comune, in certo modo ordinata; ciò che viene definito «lunità di ordine». Il cittadino entra in un ordinamento armonico, talora disarmonico a causa delle crisi e dei conflitti, ma comunque un ordinamento, finalizzato al bene comune. Per formare comunità ciascuno ha un munus, un ufficio, un compito, un obbligo, un darsi, un impegnarsi, un dedicarsi agli altri. Queste categorie, che ci vengono dal patrimonio storico-culturale, sono cadute nelloblio, oscurate di fronte allimpellente spinta dellindividualismo consumistico che unicamente chiede, esige, domanda, critica, moraleggia (Ah, quanto moraleggia….) e, incentrato su se stesso, non aggrega, non scommette, non rischia, non si mette in gioco per gli altri.

Vedo una mano alzata. Ah, è quella dello studente Maserati. Dica. Dica dica. Dica pure.

STUDENTE  Le ricordo, professore, che sono il suo unico discepolo. Mi permetta una considerazione. Lei sta leggendo affermazioni giuste, assai suggestive e certamente ragionevoli; tuttavia, per quello che pare a me, la città, e dico proprio questa città qui, quella dove viviamo, si presenta piuttosto malmessa, per non dire finita, distrutta; per lo meno divisa e sconfitta. Tutti contro tutti, a spiare, crocifiggere, sputtanare, scusi la volgarità. Guelfi e ghibellini, bianchi e neri, presentabili e impresentabili. Ha letto Dante?

Ahi serva Italia, di dolore ostello,  

nave sanza nocchiere in gran tempesta,  

non donna di province, ma bordello!

Ciacco, nella putrida fanghiglia dei golosi (i diritti insaziabili, si dice oggi) lo dice chiaramente:

superbia, invidia e avarizia sono

le tre faville channo i cuori accesi.

In altro modo, Usura, Lussuria, Potere, se preferisce il più recente Eliot.

PROFESSORE Sono sorpreso, davvero, esimio studente. Lei mi meraviglia, mi stupisce a tal punto che sento la necessità di una pausa. Sono stanco, di questi tempi, e dormo male. Sarà il cambio d’ora. A tra poco, dunque, mio carissimo Maserati.

* * *

PROFESSORE Ricominciamo il nostro discorso. Eravamo, se ben ricordo, ad Eliot: Usura, Lussuria e Potere. Me ne parli, studente Maserati.

STUDENTE Dicerolle molto breve, professore Bugatti. Usura, a me pare, è un delitto contro il tempo e il suo signore. Una polverizzazione del tempo, una frantumazione in tanti istanti slegati e sconnessi. Come ingoiare il tempo con l’avidità della lupa; o anche sequestrarlo al prossimo, preventivamente condannato, carcerato e giustiziato; e ancora, negare, togliere, proibire il tempo a chi vuole venire alla luce.

PROFESSORE Dominus flevit, Dio stesso ha pianto, sulle alture intorno a Gerusalemme: Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee, ti circonderanno e ti stringeranno da ogni parte; abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata.

STUDENTE Lussuria è peccato contro la carne, non solo violazione della carne, ma negazione della carne, riduzione della stessa a volontà, o pensiero.

Lussuria del pensiero: ideologia.

Lussuria della volontà: bimbi nelle provette, volatilizzazione del sesso, volubilità dei sessi eccetera.

Infine, Potere: Una feroce forza il mondo possiede, e fa nomarsi dritto, scriveva il gran lombardo Manzoni, nel suo periodo tragico. Potere prepotente poiché impotente, tanto più oggi: lo Stato, sovrastato da domini sovra-ultra-inter-nazionali, impalpabili, arcigni e sovente arbitrari, mortificato e depresso, non potendo più nulla sul solido (economia – politica globale), si gingilla con l’etica.

PROFESSORE “Lavoro, non matrimoni gay” diceva un cartello parigino alla parigina manifestazione per tutti.

STUDENTE Se posso dire, solo l’Onnipotente non è prepotente. Ma l’Onnipotenza, uno, non se la può dare. O ce l’ha, e allora si chiama Dio; o non ce l’ha e, se pretende di averla, fa cupo il cielo e oscuri i tempi. A chi non ha sarà tolto anche quello che ha, mi insegna lei, professore.

PROFESSORE ​ Davvero interessante, caro. Ma se avesse avuto pazienza ci saremmo arrivati. Senta qui cosa dice il testo. Pagina 9.

Non basta lappartenenza alla società per essere pienamente cittadino; per avere la piena identità di cittadino non basta, anche se è un grande passo, appartenere a una società. Stare in una società e appartenerle in quanto cittadino, nel senso di ordine, è un grande passo di funzionalità. Ma la persona sociale acquisisce la sua piena identità di cittadino nellappartenenza a un popolo. Questa è la chiave, perché identità è appartenenza. Non c’è identità senza appartenenza.

(Bussano alla porta. Entra il bidello Ottavio)

BIDELLO Chiedo scusa, professore, ma la vogliono al telefono.

PROFESSORE Vengo subito. Lei non si muova, Maserati. Torno tra poco.

* * *

PROFESSORE Eccomi di nuovo qui. Riprendiamo da dove il bidello Ottavio ci aveva interrotto. Pagina 9.

Questa è la chiave, perché identità è appartenenza. Non c’è identità senza appartenenza. La sfida dellidentità di una persona come cittadino è direttamente proporzionale al modo in cui essa vive questa sua appartenenza. A chi? Al popolo dal quale nasce e nel quale vive. Esiste una differenza sostanziale tra massa e popolo. Popolo è la cittadinanza impegnata, riflessiva, consapevole e unita in vista di un obiettivo o un progetto comune. In questa prospettiva, la riflessione sul cittadino, la riflessione esistenziale ed etica, culmina sempre in vocazione politica, nella chiamata a costruire con altri un popolo-nazione, unesperienza di vita in comune attorno a valori e princìpi, a una storia, a costumi, lingua, fede, cause e sogni condivisi.

STUDENTE D’accordo, ma come si genera, o rigenera, un popolo?

PROFESSORE​ Uso, per risponderle, l’immagine di un autore che non conosce. Non ricordandola con esattezza provo a tradurla a modo mio. Il popolo nasce da un avvenimento. Lei, caro Maserati, ha parlato della città come una terra desolata e dolente. Provi a figurarsi un fiume in piena, che impetuoso travolge, abbatte, inonda ogni cosa. Una famiglia, due famiglie, alle prime avvisaglie di pioggia, mentre tutti giocano a carte nei bar, come canta il cantante G…

STUDENTE Scusi l’interruzione, ma questo mi pare un riferimento piuttosto datato, professore.

PROFESSORE Devo darle ragione, Maserati. Allora diciamo così: mentre grandi e piccini si abbeverano alla fonte sapienziale del proteiforme Maestro W. W. W. queste poche persone si preparano. Mettono su una palafitta, due palafitte. Qualcun altro li segue: tre, cinque, nove famiglie. Poi i figli, le generazioni. Una lotta, insomma. Per la sopravvivenza. Non sottovaluti la sopravvivenza, figliolo. La sopravvivenza è una affermazione, anche inconsapevole, della vita. Dico della vita come ideale. Chi la difende ne riconosce la positività. Ecco, la gente che dice di riferirsi a un popolo reputa inesorabilmente positiva la vita. Queste esatte parole usava l’autore sconosciuto.

STUDENTE  Lei sta descrivendo il processo della storia come un progresso.

PROFESSORE. Esatto, mio caro. Con una precisazione. Almeno una cosa posso dire di avere imparato: il progredire degli uomini non avviene secondo una linea che si innalza diritta verso il cielo. Piuttosto la traiettoria della vicenda che ci riguarda si eleva a zig zag, alternando cadute e riprese. Queste ultime quasi sempre, per non dire sempre, per opera di un piccolo resto.

STUDENTE Mi dispiace interrompere ancora, ma dovrei andare in bagno.

PROFESSORE Proprio adesso che siamo giunti quasi all’epilogo della nostra lezione?

STUDENTE Sono mortificato. Ma, come si dice, alla vescica non si comanda

PROFESSORE Più che giusto, Maserati. Ma almeno cerchi di fare in fretta.

* * *

STUDENTE Eccomi di ritorno.

PROFESSORE Le chiedo ancora pochi istanti di attenzione. Pagina 10.

La  sfida di essere cittadino, oltre ad essere un dato antropologico, si inquadra nellorizzonte del politico. Si tratta infatti della chiamata e del dinamismo della bontà, che si dispiega verso lamicizia sociale. E non si tratta di unidea astratta di bontà, di una riflessione teorica che fonda un vago concetto di etica, un eticismo, ma di unidea che si sviluppa nel dinamismo del bene, nella natura stessa della persona, nelle sue attitudini. Sono due cose diverse. Ciò che rende la persona un cittadino è il dispiegarsi del dinamismo della bontà in vista dellamicizia sociale. Non è la riflessione sulla bontà che crea vie etiche, le quali, in ultima istanza, possono portare ad attitudini che non concretizzano tutta la nostra capacità di bene. Una cosa è la bontà, altra cosa è letica astratta. Può addirittura esistere unetica senza bontà. Sono tipici di un esistenzialismo mediocre lintelligenza senza talento e un eticismo senza bontà.

STUDENTE Esiste un esistenzialismo non mediocre?

PROFESSORE​  Esistenzialismo forse non è la parola giusta. In ogni caso, provo a rispondere, ancora una volta con parole non mie.

STUDENTE  Il solito anonimo?

PROFESSORE​ Non anonimo. Sconosciuto. O misconosciuto, se preferisce Egli diceva: Per la conoscenza razionalmente impegnata che ho della vita del singolo e della società, queste condizioni dellidea di popolo toccano il vertice di concezione e di attuazione nellannuncio del Fatto cristiano, nel quale per noi si compie quello che ha qualificato in tutta la sua storia il grande ethos del popolo ebraico e la sua tensione a cambiare la Terra.

STUDENTE Mi faccia capire, professore Bugatti. Lei sostiene che…

PROFESSORE Alt, alt, alt. Questa volta sono io a interromperla. Non ha sentito la campanella. La lezione è finita. E poi, le ho già detto che sono stanco, per non dire spossato. Tenga le sue domande per la prossima volta, se ci sarà una prossima volta. Intanto, se proprio le interessa, studi il libro di testo.

STUDENTE Mi ripete il titolo e l’autore?

PROFESSORE  Le pagine che le ho letto sono state scritte da un certo Jorge Mario Bergoglio, un autore argentino da poco stabilitosi in Italia, a Roma per la precisione. Si appunti il titolo: Noi come cittadini. Noi come popolo. Verso un bicentenario in giustizia e solidarietà 2011- 2016 (Città del Vaticano – Milano, Libreria Editrice Vaticana – Jaca Book, 2013, pagine 96, euro 9)

STUDENTE Grazie professore.

PROFESSORE Di niente, si figuri. Arrivederci studente Maserati.

STUDENTE Arrivederci professore Bugatti.

Dedicato a L. S. Valente professore di filosofia, maestro ed amico.

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