A quanti negavano un’escalation (il termine è del Procuratore Generale di Torino, Gian Carlo Caselli) della violenza e delle violenze del fronte No Tav, gli ultimi giorni (ed i fatti che li hanno segnati) rendono il mestiere più difficile. Da giovedì scorso ci sono stati l’occupazione dell’hotel Napoleon di Susa da parte degli autonomi, un nuovo assalto al cantiere nella notte tra venerdì e sabato, la violazione della “linea rossa” domenica da parte di un gruppo di amministratori locali, fino al nuovo rogo di un mezzo di una ditta impiegata nel cantiere due notti fa. Ad essere presa di mira la ditta Itinera di Susa: alcuni ignoti hanno incendiato una pala meccanica in frazione San Giuliano.
C’è, quindi, preoccupazione per la “marcia popolare” di sabato prossimo. Anche se c’è chi, tra gli osservatori, scommette che si assisterà alla solita tattica esibizione del “volto presentabile” (famiglie, palloncini, bande musicali) cui si procede dopo ogni momento di forte contrapposizione. È stato in particolare l’assalto al cantiere, che ha visto protagonisti estremisti provenienti da tutte le regioni d’Italia ed anche dall’estero, a certificare come il nodo della violenza sia difficile da sbrogliare per i “trenocrociati”. Non ci sono state, nemmeno dal fronte istituzionale degli oppositori alla nuova infrastruttura, dissociazioni. Anzi, la scelta di “violare la linea rossa” stabilità dal Prefetto intorno al cantiere di Chiomonte, pur avvenuta con una manifestazione pacifica, conferma come il “superamento della legalità” sia un costo condiviso (con le azioni o con il silenzio) da tutte le sfumature del movimento.
Sabato, dalla notte di dura guerriglia, fronteggiata dalla Polizia per la prima volta fuori dalle reti del cantiere della Val Clarea, presso il presidio di Susa, i No Tav hanno tenuto una conferenza stampa auto-assolutoria e caratterizzata da toni molto forti contro le forze dell’ordine. In quell’occasione una militante pisana, Marta ha addirittura «denunciato» di essere stato vittima di violenze: «Mi hanno fermata e da lì sono stati dieci minuti di follia. Ho ricevuto una manganellata in faccia, mi hanno toccata nelle parti intime e mi hanno insultata». Vittime, quindi. Non colpevoli.
Una posizione condivisa da tutta la galassia antitreno. Ad esempio, su Maverick, blog tristemente noto per la criminalizzazione dei lavoratori coinvolti nei cantieri, Fabrizio Salmoni ha scritto: «La verità è che parallelamente all’esperimento sociale e politico che si è negli anni sviluppato in Val di Susa, un regime di partiti corrotti sta facendo le prove per resistere con la forza a una stagione di rabbia attesa per i prossimi mesi. Come per preparare un’altra Genova 2001, i reparti-killer scaldano i motori al riparo della Val Clarea e tutto l’apparato mediatico fa quadrato per non far tracimare le ragioni dei valsusini all’attenzione del Paese. E mentre la rabbia per quanto accaduto sta crescendo in Valle e nel Paese, si prepara la manifestazione di sabato 27. La Valle si prende botte ormai da vent’anni e si illude chi pensa di farle chinare la testa». Come dire: quando i fatti sono completamenti stravolti dalle opinioni.
Comprensibilmente, gli uomini delle Istituzioni, anche ai più alti livelli, tendono a distinguere la lotta della Valle da quella portata avanti dall’area antagonista ed anarchica, che ha trovato in Valle (per dirla con il senatore democratico Stefano Esposito) “palestra di scontro sociale”. Ma davvero esiste questa netta divisione? Se si vuole essere obiettivi, tocca dire di no. È vero che quasi nessuno dei partecipanti alle azioni più dure è valligiano (tutti i fermati e gli arrestati – tra cui spicca Ennio Edoardo Donato, il figlio del presidente del Tribunale di Asti – provengono da altre parti), ma l’assenza di una condanna o almeno di una dissociazione, fa desumere che ci si trovi piuttosto di fronte ad un appalto della violenza. Nemmeno i “Cattolici per la Vita della Valle” hanno proferito verbo contro le azioni di sabato, anzi hanno plaudito alla violazione (a loro dire gandhiana) della “linea rossa”.
Difficile, quindi, dar torto al radicale (e consigliere comunale a Torino nel gruppo PD) Silvio Viale quando denuncia che «è abbastanza evidente che chi annuncia “passeggiate notturne” (così vengono “ironicamente” definiti gli assalti al cantiere e le altre azioni di disturbo, ndr) preparandosi a premeditate notti di guerriglia, cerchi il morto nella speranza di bloccare il cantiere ad ogni costo. Per loro fa poca differenza se tra i manifestanti, tra i poliziotti o i lavoratori. Del resto dalla giustificazione degli attacchi ai macchinari a colpire chi li manovra il passo e breve». Significativo che a parlare sia un esponente politico con un passato di giovanile militanza in Lotta Continua. Questo il clima in una Valle che per troppi sta diventando un simbolo. Con tanti militanti, anche locali, che pensano (irresponsabilmente?) di lucrarne vantaggi.