Nigeria. L’esercito riconquista Baga, tra donne festanti e case e chiese bruciate
Un gruppo di donne festanti esce all’aperto gridando: «Grazie, grazie!». Accolgono i soldati dell’esercito nigeriano, che hanno riconquistato Baga, nello Stato settentrionale di Borno, strappandola ai Boko Haram. Le tracce del passaggio dei jihadisti non mancano: case e chiese bruciate, negozi razziati, campi devastati, desolazione ovunque.
CITTÀ FANTASMA. Dopo l’attacco dei jihadisti, a gennaio, la città è stata al centro di voci incontrollate: alcune organizzazioni avevano parlato di oltre duemila morti. I giornali nigeriani hanno abbassato il numero a qualche decina. La verità potrebbe stare nel mezzo, ma nessuno ha dati certi. Baga, come mostra questo video della Bbc, ora è una città fantasma. Lungo le strade giacciono mobili impolverati e distrutti, motociclette con le ruote a terra, cadaveri in decomposizione.
«HANNO UCCISO MIA SORELLA». «I Boko Haram hanno ucciso mia sorella», racconta una donna con in braccio una bambina. «Abbiamo cercato di scappare a Maiduguri tre volte ma i miliziani hanno minacciato di spararci. Quasi non ci davano da mangiare ed eravamo sempre affamati. I soldati ora ci hanno dato un po’ di cibo».
DIECI CITTÀ. Secondo quanto riferito dall’esercito, però, nell’ultimo mese la Nigeria ha strappato ai jihadisti nel nord 10 città: Michika, Buni Yadi, Gulak, Madagali, Banki, Bama, Dikwa, Ngala, Baga e Monguno (mappa Bbc). Abubakar Ali è uno dei pochi ragazzi che i terroristi non hanno ucciso quando hanno preso quest’ultima città: «Mia nonna mi ha nascosto sotto il letto. Non hanno toccato le donne, soprattutto se vecchie, ma quei bastardi uccidevano gli uomini. Sono venuti a cercare in casa ma non trovando nessuno, se ne sono andati».
TUTTO DA RICOSTRUIRE. Ora che queste città sono state liberate, comincia il vero lavoro. Le case, le chiese e le moschee infatti devono essere ricostruite, i negozi riaperti, i campi seminati di nuovo, i commerci ripresi. Ma gli 1,5 milioni di sfollati, che ora vivono nei campi profughi sparsi per il paese, non torneranno alle loro case se i soldati non garantiranno la sicurezza e se il governo non offrirà aiuti economici per riassestare quello che non è stato raso al suolo.
LA LETTERA DEL PAPA. Così, assieme alla giustizia, si potrà ricostruire anche la pace che, come ricordato da papa Francesco in una lettera inviata ai vescovi nigeriani, «non è solo l’assenza di conflitti o risultato di qualche compromesso politico, o fatalismo rassegnato. La pace, per noi, è un dono che viene dall’Alto, è Gesù Cristo stesso. (…) Nello stesso tempo, la pace è impegno quotidiano, coraggioso ed autentico per favorire la riconciliazione, promuovere esperienze di condivisione, gettare ponti di dialogo, servire i più deboli e gli esclusi. In una parola, la pace consiste nel costruire una “cultura dell’incontro”. Per questo voglio qui esprimerVi un sincero ringraziamento, perché in mezzo a tante prove e sofferenze, la Chiesa in Nigeria non cessa di testimoniare l’accoglienza, la misericordia e il perdono. Come non ricordare i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i missionari e i catechisti che, pur tra indicibili sacrifici, non hanno abbandonato il proprio gregge, ma sono rimasti al suo servizio, buoni e fedeli annunciatori del Vangelo? Ad essi, in particolare, vorrei esprimere la mia prossimità e dire: non stancatevi di fare il bene!».
Foto carro armato Home page Ansa/Ap
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