

«Il male che è stato sprigionato in Libia e in Siria si sta allargando a macchia d’olio fino a qui, in Niger». Chiese bruciate da folle di islamisti, minacce di Boko Haram ai cristiani, piccoli Califfati in costruzione al confine. Suor Marie Catherine Kingbo ha molte ragioni per essere preoccupata di quello che sta avvenendo nel paese dove risiede dal 2006.
Nella notte tra il 15 e il 16 giugno un gruppo di musulmani ha appiccato il fuoco a una chiesa protestante di Maradi, la terza città del paese, per protestare contro l’arresto di un imam. Il predicatore Cheick Rayadoune aveva definito «anti-islamico» un disegno di legge governativo sull’organizzazione del culto in Niger, adottato a fine aprile dal Consiglio dei ministri. Il disegno di legge stabilisce che «la libertà di culto deve essere esercitata nel rispetto dell’ordine pubblico» e che «l’esercizio di culto in un luogo pubblico sarà soggetto al regime di autorizzazione preventiva». L’imam è stato rilasciato scusandosi per la protesta e affermando di aver letto una tradizione sbagliata del testo di legge.
La religiosa senegalese Marie Catherine Kingbo, fondatrice della Fraternité des Servantes du Christ, ha commentato ad Aed: «Ci aspettavamo di subire attacchi prima o poi, ma certo non a causa di una legge governativa». Oltretutto, spiega, «sono tanti i musulmani stessi che dicono che ci sono troppe moschee e scuole coraniche, e troppi pochi pozzi e dispensari».
Il Niger è un paese a stragrande maggioranza musulmano – i cristiani sono solo l’1 o 2 per cento – ma negli ultimi anni le monarchie del Golfo hanno finanziato la costruzione di centinaia di moschee e scuole coraniche. La legge appena proposta dal governo ha l’obiettivo di provare ad arginare la diffusione di un islam estremista e di controllare ciò che viene insegnato da imam stranieri. Il testo della legge, infatti, sancisce «il diritto dello Stato di controllare le fonti di finanziamento per la costruzione e l’esercizio dei luoghi di culto privati», che saranno «soggetti ad una previa autorizzazione». Il ministro dell’Istruzione superiore, Yahouza Sadissou, ha dichiarato secondo quanto riportato da Fides: «Non faremmo mai un atto contrario alla nostra religione e abbiamo il dovere di proteggere le altre religioni».
Anche i cristiani temono la radicalizzazione dell’islam in Niger. A metà giugno Boko Haram ha minacciato così i fedeli cattolici di Diffa: «Andatevene entro tre giorni o vi uccideremo». Nessuno è scappato e i terroristi islamici non hanno dato seguito alle minacce ma la situazione è tesa, soprattutto dopo le violenze anti-cristiane del 2015, che nella capitale Niamey e nella seconda città del paese, Zinder, distrussero la maggior parte delle chiese.
Marcela Szymanski, che ha da poco visitato il Niger per conto di Aed, ha dichiarato che i cristiani, e in particolare le suore guidate da Kingbo, «sono nel mirino dei jihadisti, perché sono la dimostrazione che cristiani e musulmani possono coesistere. Sono un simbolo da colpire».
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