È agli arresti domiciliari da quattro giorni il vescovo delle diocesi di Matagalpa ed Estelí, monsignor Rolando Álvarez. L’ordine diretto è arrivato da Rosario Murillo, da 5 anni la vicepresidente nonché moglie del dittatore del Nicaragua, Daniel Ortega. La polizia ha annunciato in un comunicato che l’arresto è dovuto al fatto che il vescovo è accusato di “complotto” contro il regime.
La persecuzione della Chiesa in Nicaragua continua
Continua dunque senza sosta la persecuzione del sandinismo contro la Chiesa cattolica, l’ultimo baluardo che rimane da abbattere affinché la dittatura abbia il controllo su ogni aspetto della convivenza civile. La politica, infatti, è stata di fatto ridotta a un partito unico, dopo l’arresto di tutti i candidati di opposizione, ben sette, prima delle presidenziali dello scorso novembre. Oltre mille ong sono state cacciare dal paese centroamericano, accusate di “terrorismo” dal regime al pari delle suore di madre Teresa di Calcutta, espulse il mese scorso, così come il nunzio apostolico.
Monsignor Álvarez è il terzo sacerdote imprigionato da Ortega negli ultimi due mesi, il primo vescovo. La dittatura sandinista lo ha accusato formalmente con un farneticante comunicato della Polizia, guidata dal suocero di Ortega, il corrotto e crudele commissario Francisco Díaz. «Sotto gli auspici delle più alte autorità della Chiesa cattolica, la diocesi di Matagalpa, guidata dal vescovo, monsignor Rolando José Álvarez Lagos, utilizza i media e i social network per organizzare gruppi violenti, incitandoli a compiere atti di odio contro la popolazione, provocando un clima di ansia e disordine, alterando la pace e l’armonia nella comunità con lo scopo di destabilizzare lo Stato del Nicaragua e attaccare le autorità costituzionali. Questi soggetti approfittano del loro status di leader religiosi per incitare a ‘commettere atti di odio’ e violenza per ‘destabilizzare’ il Paese». Questo si legge testualmente nel comunicato della dittatura.
Mons. Alvarez: «Sono indagato, non so per che cosa»
Da giovedì gli sgherri di Ortega impediscono ai sacerdoti e al personale della diocesi di Matagalpa di entrare nella Curia episcopale, dove Monsignor Álvarez è recluso e guardato a vista. L’altro ieri l’alto prelato ha sfidato la dittatura, lasciando la residenza accompagnato dall’immagine del Santissimo Sacramento per pregare in strada con la popolazione e chiedere alle forze dell’ordine di concedere il diritto alla libertà di religione in Nicaragua, una libertà che oggi non esiste più essendo tutte le omelie delle messe registrate dai servizi segreti sandinisti.
Inoltre, da due giorni, la Murillo minaccia su tutte le tv e radio di sbattere in galera il vescovo affermando «che non può infrangere le leggi, seminare odio e tanto meno commettere crimini».
Per ora Monsignor Álvarez rimane agli arresti domiciliari nella Curia episcopale. Ieri ha officiato la messa dalla sua reclusione perché il regime gli impedisce di andare nella cattedrale di Matagalpa. «Sono indagato, non so per che cosa», ha denunciato, aggiungendo poi che «la paura paralizza, la disperazione ci auto-seppellisce e l’odio è la morte del cuore». Poi ha ringraziato i fedeli che pregano per lui, quanti sono stati attenti alla sua situazione attraverso le reti, i media e tutte le persone che gli hanno mostrato vicinanza.
Padre Vallejos barricato nella sagrestia
Insieme al vescovo sono imprigionati all’interno della curia da quattro giorni anche altri sei preti e sei laici. Nonostante la reclusione, il vescovo ha affermato nella sua omelia di ieri di “mantenere la gioia, la forza e la pace interiore e continua a mostrare al mondo la sua capacità di dialogo, armonia, comprensione, riconciliazione, amicizia, fratellanza, libertà e pace. E ha ribadito la sua fiducia che il Signore riporterà la pace in Nicaragua”.
In tutta risposta, sempre ieri, alti funzionari del regime sandinista hanno minacciato di arrestare il vescovo per “crimini di odio” e per “istigazione alla violenza”, come già minacciato dalla poderosa moglie/vicepresidente del dittatore Ortega.
A testimonianza della guerra ormai senza quartiere contro la Chiesa, lunedì scorso il regime sandinista ha chiuso sette stazioni radio diocesane, inclusa la Radio Católica di Sébaco. In questa città padre Uriel Vallejos (intervistato da Tempi qui) è barricato oramai da quasi una settimana all’interno della sagrestia della sua chiesa, occupata manu militari dalla polizia del cognato di Ortega.