
Memoria popolare
Mp e Cl, la presenza cristiana che scompigliò l’università a Roma

Seconda parte della storia del Movimento Popolare a Roma raccontata da Saverio Allevato, protagonista di quelle vicende e coautore di “La P38 e la mela”. La prima parte è disponibile in questo post del blog “Memoria popolare”.
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Per capire come cambiarono le cose in università a Roma in forza della presenza e dell’azione dei giovani del Movimento Popolare e di Cl, è senz’altro utile confrontare i risultati delle elezioni per gli organi di governo della Sapienza nell’arco di dieci anni fra il 1975 e il 1985. In un decennio si ribaltarono i rapporti di forza tra la nostra presenza nell’università romana e quella della sinistra, della destra e di altre formazioni.
Partiamo dal dato sintetico:
1975 – Percentuale votanti rispetto agli aventi diritto: 11,80%
Liste e risultati:
Unità democratica (Pci e sinistra): 54,62%
Cristiani per una università democratica e popolare (Cl e Mp): 13,10%
Fronte anticomunista (Fuan e destra): 19,53%
Università democratica e partecipata (Movimento giovanile Dc): 12,50%
1985 – Percentuale votanti rispetto agli aventi diritto: 9,05%
Liste e risultati:
Lista unitaria di sinistra: 20,03%
Cattolici popolari e democratici (Cl e Mp): 55,09%
Fuan (destra): 7,96%
Alleanza laica liberale e socialista: 16,89%
Come si può facilmente notare, emergono alcuni dati di notevole significato. Che sintetizzo così: a) percentuale dei votanti in progressivo e netto calo; b) tracollo delle liste della sinistra e della destra neofascista; c) maggioranza assoluta della nostra lista, dopo aumenti progressivi di anno in anno; d) buona affermazione, negli ultimi anni, della lista laica e socialista.
Le ragioni della vittoria
Detto ciò, sorge la domanda: come è stato possibile ottenere tale risultato? La risposta è semplice e si fonda su due concetti fondamentali che esprimo con degli slogan: “Presenza solo presenza” e “Rispondere ai bisogni reali degli studenti”!
Nessun programma prestabilito, solo presenza quotidiana nelle facoltà e capacità di intercettare i bisogni reali degli studenti con i quali vivevamo, tentando di dare risposte. Per questo, come ho scritto nel libro La P38 e la mela (Itaca),
«le prime elezioni universitarie non ci trovarono impreparati; nei tre anni di esperienza vissuta, tutta la produzione culturale e sociale che avevamo messo in atto – l’esperienza effettuata nei corsi, le prime “Guide alla facoltà” inventate da noi, le forme di autogestione delle mense, le prime cooperative culturali e librarie per l’acquisto dei testi a metà prezzo, la questione del diritto allo studio, dell’assegno per i fuori-sede e via di seguito – era stata sistematizzata. Non ci fu dunque difficile produrre una bozza di piattaforma elettorale, che poi sottoponemmo a tutte le realtà ecclesiali e associative del mondo cattolico interessate alle elezioni studentesche» (p. 50).
Le reazioni del mondo cattolico e della Dc
Il nome della nostra lista fu scelto come logica conseguenza di quello che eravamo stati fin lì. È interessante capire come reagì, alla nostra proposta, il cosiddetto mondo cattolico.
Alcuni buoni parroci, che ci avevano conosciuto e ci stimavano, indirizzarono i loro ragazzi/e verso la nostra esperienza; si trattava comunque di poche unità, perché nelle parrocchie ormai di giovani non se ne vedevano più. I responsabili della Cappella universitaria, di norma gesuiti, non ci amavano molto. Studenti della Fuci o della Azione cattolica, in università non se ne vedeva nemmeno l’ombra.
Rispuntò, in parte, il Movimento giovanile della Dc, non tanto come presenza nelle facoltà, ma solo come lista per partecipare alle elezioni, e qui successero delle cose interessanti. Trattammo con persone del Giovanile Dc che diventeranno anche famose e conosciute. A livello romano gli interlocutori furono Lucio D’Ubaldo (sarà senatore del Pd) e Pietro Pasquetti (futuro giornalista Rai); mentre a livello nazionale emergevano Marco Follini, Pierluigi Castagnetti e Pier Ferdinando Casini.
Gli incontri con i giovani democristiani si conclusero con un nulla di fatto: non erano d’accordo sul nostro programma, né tanto meno sul nome da dare alla lista, motivo per cui alla fine si presentarono direttamente come Movimento giovanile Dc. Gli unici del mondo democristiano favorevoli alla nostra impostazione furono il presidente Aldo Moro (professore di Diritto a Scienze politiche), che indirizzò i suoi studenti a votare la nostra lista, e l’amico Sergio Tiberti, che nel Giovanile Dc rappresentava la corrente di “Forze Nuove” (di cui era leader nazionale Carlo Donat-Cattin e alla quale facevano riferimento molti sindacalisti della Cisl) e che si candidò nella facoltà di Medicina con la nostra lista.
Pestaggi fisici e linciaggi mediatici
In questo stesso periodo riprese vigore in università la presenza della Fgci (Federazione giovanile comunista italiana) di cui era segretario nazionale Massimo D’Alema. La presenza della destra neofascista (Fuan), invece, era tutta concentrata nella facoltà di Giurisprudenza.
Il 1975 fu anche l’anno più duro per noi, con il violentissimo pestaggio di due nostri ragazzi: Lucio Brunelli (che poi diventerà direttore di Tv2000) e Gianni Gianninoto, mandati all’ospedale, mentre attaccavano i manifesti della nostra lista, da una squadra di neofascisti armati di mazze da baseball, coltelli e catene. Era la notte tra il 2 e il 3 febbraio (cfr La P38 e la mela, pp. 52-54).
Fu interessante la reazione a questa aggressione squadrista di destra da parte dei compagni delle formazioni extraparlamentari di sinistra. Fecero dei tatze-bao nei quali denunciavano fantomatici «legami tra Cl e la destra internazionale». Interessanti anche i titoli dei giornali: Il Manifesto titolò “Zuffa tra fascisti”; Il Messaggero “Picchiati studenti integralisti di Comunione e Liberazione”. Qualche giorno prima (19 gennaio 1975) Giorgio Bocca aveva scritto su Il Giorno che Cl ospitava «tra le sue fila lo squadrismo sicuramente nero», ma il 28 dello stesso mese, nell’articolo “Fatti e smentite”, la calunnia venne ritrattata.
Insomma, l’unico articolo veritiero, sulla tragica vicenda, fu quello de L’Osservatore Romano. Grande eco ebbe l’intervento del cardinale Vicario di Roma Ugo Poletti, che si espresse con queste parole: «Il nome stesso di “cristiano” in ogni sua espressione è spesso contrastato come se fosse colpa sociale».
Ancora più netto il giudizio di don Giussani: «Ci sembra ormai possibile parlare di un nuovo “totalitarismo ideologico” che, se tollera ancora la fede come fatto della coscienza privata, cerca, anche con la violenza, di impedire ogni emergenza pubblica e ogni incidenza politica».
Le opere nate in mezzo alla contestazione
Fu in tale contesto socio-politico, con una strategia della tensione che vedeva sempre più giovani passare dalla contestazione verbale alla violenza fisica fino ad arrivare a militare nelle fila delle Brigate rosse o dei Nar (Nuclei armati rivoluzionari – estrema destra), che demmo vita a diverse opere. Creammo una mensa autogestita, con alcune nostre mamme di Roma che a turno cucinavano per gli studenti fuori-sede che abitavano insieme in uno stabile preso in affitto (da questa spontanea esperienza di aiuto ai pasti degli studenti senza famiglia nacque, qualche anno dopo, la Cooperativa La Cascina, che diverrà negli anni una grande realtà imprenditoriale con migliaia di lavoratori e fatturati consistenti).
Fondammo la Cooperativa Nuova Cultura che, d’accordo con diversi professori e assistenti, stamperà dispense a prezzi notevolmente calmierati e per questo susciterà rappresaglie da parte di numerose librerie universitarie e alcune case editrici.
Iniziammo il Centro culturale Carlo De Cardona (dal nome del sacerdote calabrese, sconosciuto ai più ma figura carismatica del Partito popolare italiano in Calabria, fondatore di leghe contadine ed operaie e di casse rurali volte allo sradicamento dell’usura ai danni dei ceti più umili), ovvero un negozio su strada nella zona universitaria al quale ho già accennato nel primo episodio di questa storia.
In questo Centro organizzammo alcuni seminari di notevole spessore e grande partecipazione studentesca. Ne ricordo alcuni: “Movimento cattolico meridionale” tenuto dal professor Gabriele De Rosa, il più grande storico del Mezzogiorno d’Italia, ex comunista convertitosi al cattolicesimo, e dalla professoressa Romana Guarnieri; ”Politica economica nel Sud”, con Francesco Tassone e Nicola Zitara, fondatori dei Quaderni calabresi; “Arte ed espressività popolare” con il professor Doglio, docente di Storia del teatro nell’ex facoltà di Magistero; infine assemblee sui temi della politica italiana, tenute dal professor Rocco Buttiglione. Tali iniziative diedero vita alla grande esperienza delle “Scuole popolari”.
(2. continua)
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