
È un «massacro senza precedenti» quello avvenuto a fine marzo a Palma, in Mozambico. Testimoni oculari hanno parlato di centinaia di vittime, corpi mutilati e decapitati, i due terzi delle case rase al suolo. La conquista della città costiera da parte della branca locale dell’Isis avvicina i jihadisti all’obiettivo di instaurare un Califfato nella provincia settentrionale di Cabo Delgado. Qui si trova il più ricco progetto di estrazione di gas naturale di tutta l’Africa: il giacimento gestito dalla francese Total potrebbe valere fino a 60 miliardi di dollari. Se i terroristi riuscissero a fondare il proprio “Stato” e a finanziarlo con l’estrazione del gas sarebbe una catastrofe non solo per l’Africa, ma anche per l’Occidente, che potrebbe ritrovarsi oggetto di una nuova ondata di attentati terroristici.
Terrorismo islamico in Mozambico
Palma era abitata da circa 110 mila persone prima dell’attacco iniziato il 24 marzo. In città si trova anche la base logistica della Total, che a gennaio dopo un precedente attentato aveva evacuato tutto il personale non indispensabile. Il 24 marzo la compagnia petrolifera aveva appena annunciato il ritorno al lavoro sul progetto da 20 miliardi dopo tre mesi di stop. I jihadisti non aspettavano altro. La mattanza, che potrebbe essere ancora in corso, ha portato a scappare almeno 35 mila persone. L’anno scorso gli sfollati a causa delle decine di attacchi in tutta la provincia sono passati da 90 mila a 670 mila, secondo le Nazioni Unite. Lionel Dyck, il fondatore del gruppo di contractor Dyck Advisory Group, che sta aiutando insieme ai russi il governo a contenere l’offensiva islamista, ha dichiarato che i terroristi erano ben armati con granate, mortai, lanciarazzi ed esplosivi. Tutte armi che «non possono aver ottenuto dalla conquista delle caserme dell’esercito governativo nei mesi scorsi. Forse le hanno acquistate in Tanzania».
Il gruppo jihadista che sta destabilizzando il nord del Mozambico dal 2017 si fa chiamare Al Shabaab, i giovani, da non confondere con il più famoso gruppo che opera in Somalia. Ma è anche noto come Iscap, dopo l’affiliazione all’Isis del 2019, anche se da un punto di vista meramente geografico la dicitura Stato islamico della provincia dell’Africa centrale non sembra adeguata a una milizia che opera nell’Africa meridionale.
«L’esercito locale è debole»
Non è un caso se il gruppo che invoca la costruzione di un Califfato regolato dalla sharia opera nella provincia a maggioranza islamica di Cabo Delgado. È qui che l’insoddisfazione della popolazione è più forte, dal momento che ad essa arrivano solo le briciole dei proventi miliardari dell’estrazione di gas naturale dai giacimenti sottomarini. È questa rabbia che l’Iscap ha sfruttato per attirare nuove reclute, soldati addestrati alla guerra da altre milizie islamiste dell’Africa orientale.
Per frenare un’offensiva troppo difficile da gestire per le sue forze, il governo del Mozambico ha ingaggiato 200 contractor russi del Gruppo Wagner, già operativi in Siria e Libia. Ma neanche loro si aspettavano che i terroristi islamici fossero così ben equipaggiati e addestrati per condurre attentati e combattere la guerra in mezzo a città e foreste. Al contrario, secondo quanto dichiarato alla Bbc dal brigadiere Ben Barry, dell’Istituto internazionale per gli studi strategici, «l’esercito del Mozambico è debole, non ha il sostegno dell’Occidente né l’abilità nell’uso della forza aerea, delle armi di precisione e dei veicoli corazzati, elementi che si sono rivelati essenziali in Iraq per sconfiggere lo Stato islamico».
Il pericolo per l’Europa del Califfato
Se i jihadisti in Mozambico si stanno rivelando così violenti (decapitano perfino i bambini di 12 anni) che presto potrebbero alienarsi completamente il favore della popolazione locale, l’Occidente dovrebbe cominciare ad aiutare sul serio il paese africano a respingere l’offensiva. Allo stesso tempo, continua la Bbc, lo Stato dovrebbe mostrarsi affidabile nei confronti della gente di Cabo Delgado costruendo strade, scuole e creando posti di lavoro. Il pericolo rappresentato dallo Stato islamico in Mozambico infatti è enorme:
«I jihadisti sembrano voler creare il loro proprio Califfato nella provincia di Cabo Delgado, proprio come l’Isis fece a Mosul nel 2014. La sola possibilità che ci riescano prendendo il controllo su un progetto di estrazione di gas naturale dal valore potenziale di 60 miliardi di dollari è quasi impensabile. Anche se è difficile anche solo immaginare come potrebbero essere in grado di gestire l’estrazione ed esportare il gas attraverso i canali convenzionali, una vittoria darebbe loro enorme potere economico, con il quale potrebbero finanziare operazioni future e magari anche inviare fondi allo Stato islamico in Iraq e in Siria. Ci sono voluti cinque anni e un numero terribile di vite umane perse a una coalizione di 83 nazioni per sconfiggere definitivamente l’ultimo Califfato dell’Isis in Siria. Quando venne distrutto, i leader del mondo dissero che non avrebbero mai permesso all’Isis di ricostruire un Califfato simile. Se l’offensiva nel Mozambico non verrà sconfitta, quella promessa sarà messa a dura prova».
Secondo Olivier Guitta, esperto francese del Global Risk Consultancy, «l’Africa sarà il campo di battaglia del jihad per i prossimi 20 anni e rimpiazzerà il Medio Oriente». Un secondo analista citato dal Mirror sostiene che «non bisogna pensare che questa situazione non riguardi [l’Occidente] perché c’è un’enorme diaspora e basta un individuo entusiasta del jihad per lanciare un attentato».
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