Mozambico. «I jihadisti hanno decapitato mio figlio di 12 anni»

Di Leone Grotti
17 Marzo 2021
Emergono nuovi dettagli sui terribili attentati di novembre. La situazione nella provincia di Cabo Delgado è disperata: «Tutti abbiamo paura»
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«Il nostro villaggio è stato attaccato di notte e le case sono state bruciate. Quando tutto è iniziato, ero a casa con i miei quattro figli. Abbiamo cercato di scappare nella boscaglia, ma hanno preso mio figlio maggiore e lo hanno decapitato». Così Elsa, 28 anni, ha raccontato agli operatori di Save the Children che cosa è successo a novembre nel villaggio di Muatide. I terroristi dello Stato islamico nell’Africa centrale (Isca) attaccarono il villaggio del nord del Mozambico, provincia di Cabo Delgado, gli abitanti catturati vennero portati in un campo da calcio e massacrati per tre lunghi giorni. Tra loro, 50 furono decapitati, più di 15 erano bambini. E tra questi c’era anche il figlio di Elsa, Filipe, appena 12 anni.

Una crisi senza fine

Ora Elsa è scappata dal suo villaggio e insieme ad altre 670 mila persone, fuggite dai villaggi vicini a causa degli attentati terroristici, vive a Pemba, nella capitale provinciale, e in altre città vicine. Il numero di sfollati è aumentato con il ripetersi sempre più frequente degli attacchi a partire dal 2017. Da allora sono già morte almeno 2.614 persone, tra cui 1.312 civili. Solo a febbraio, i jihadisti hanno compiuto venti incursioni assaltando palazzi del governo, bloccando strade, rapinando banche, uccidendo civili e arrivando perfino a decapitare bambini.

La violenza, iniziata il 5 ottobre 2017, non sembra avere fine. Se la situazione non è completamente degenerata è solo perché la Chiesa si sta spendendo giorno e notte per assistere i rifugiati. Suor Blanca Nubia Zapata, missionaria colombiana in Mozambico dal 2004, è stata costretta ad abbandonare la sua missione a Macomia e a stabilirsi a Pemba. «Ogni giorno arrivano centinaia di persone», spiegava la situazione a tempi.it già a novembre. «La violenza del conflitto ha raggiunto proporzioni estreme e questo ha causato un esodo massiccio della popolazione civile dai distretti colpiti verso altri nella provincia o addirittura fuori dalla provincia».

«Tutti siamo spaventati»

Atrocità come le decapitazioni di bambini «purtroppo accadono. Ogni volta che arrivano nuovi sfollati alla nostra missione riceviamo nuove notizie». Concludeva la religiosa parlando di quella che ormai è la sua seconda casa:

«Tutti siamo spaventati. Se il governo non riesce a fermare questi gruppi armati, il conflitto potrebbe diffondersi in tutta la provincia. Abbiamo bisogno di tutto, ma sopra ogni cosa di preghiere. È anche necessario che i media occidentali parlino di noi perché si sappia quello che sta succedendo».

@LeoneGrotti

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