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Sala strigliato dal prefetto: stop al riconoscimento alla nascita dei figli degli Lgbt

Milano non potrà più registrare i figli delle coppie dello stesso sesso. I giornali insorgono, ma la decisione «rende quelle bambine e quei bambini più uguali e non diseguali come si legge oggi in molti commenti ideologici», scrive Marina Terragni

Redazione
15/03/2023 - 5:35
Salute e bioetica
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Il sindaco di Milano Beppe Sala sul palco del Pride 2022
Il sindaco di Milano Beppe Sala sul palco del Pride 2022 (foto Ansa)

Il prefetto di Milano ha ricordato al sindaco Beppe Sala che in Italia non è consentita la registrazione degli atti di nascita dei bambini nati da coppie dello stesso sesso. Beppe Sala ha risposto alla circolare con un podcast intestandosi il merito di averli trascritti fino ad oggi in assenza di una legge: «Mi farò comunque carico di portare avanti politicamente questa battaglia per i diritti delle coppie dello stesso sesso e dei loro figli», ha assicurato alle famiglie arcobaleno. Che dal canto loro, per bocca della presidente Alessia Crocini dicono di riporre «grande fiducia nel nuovo Partito democratico di Elly Schlein» e accusano l’esecutivo di Giorgia Meloni di «voler fare la guerra ai nostri figli. La domanda che ci facciamo è cosa succederà ora ai bimbi che nasceranno: avranno meno diritti degli altri?».

Domanda retorica per l’Espresso e compagni: quello del prefetto è solo «l’ultimo atto di una guerra al mondo Lgbt ingaggiata dall’esecutivo», e di «pressioni del ministero che da mesi minaccia il Comune». La “minaccia” non sarebbe altro che la richiesta di osservanza, da parte del ministero dell’Interno, della sentenza n. 38162 con la quale la Cassazione a Sezioni Unite aveva respinto a dicembre la richiesta di trascrizione dell’atto di nascita di un bambino nato da una madre surrogata per iniziativa di due uomini.

La sentenza della Cassazione e le femministe ribelli a Sala

I giornali festeggiarono allora lo “sdoganamento” della stepchild adoption (scrisse così il Corriere, «d’ora in poi i figli delle coppie gay nati all’estero con la surrogata dovranno sempre essere riconosciuti») e questo nonostante i giudici avessero chiarito come qualunque atto di nascita o provvedimento giurisdizionale formato all’estero, che accerti lo stato di figlio del nato da madre surrogata anche rispetto al committente privo di legame biologico con esso, è contrario all’ordine pubblico e non può perciò essere trascritto nei registri italiani dello stato civile. Non solo.

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Mentre i pretoriani dell’uomo incinto suonano l’allarme diritti negati dal governo Meloni («gli attacchi non mancano, l’ultimo è stato sferrato dalla ministra Eugenia Roccella: “Ogni bambino ha una mamma e un papà e questo non si può eliminare. Avere due papà non è una verità”. Eppure, le coppie omogenitoriali esistono: al nido, a scuola e anche sul passaporto») ci si dimentica che ben prima di Piantedosi a invocare l’intervento del prefetto erano state in primis le femministe radicali, presentando un esposto in Procura e chiedendo il rispetto di legge 40 e numerose sentenze della Corte di Cassazione che Beppe Sala, dal palco del Pride, prometteva orgogliosamente di disattendere («da ieri riattivato il riconoscimento dei figli nati in Italia da coppie omogenitoriali – aveva proclamato -. È con grande gioia che ho firmato ieri io personalmente nel mio ufficio (…) Milano vuole essere la capitale dei diritti e dei doveri!»).

«Diranno che questi bimbi avranno meno diritti: è precisamente il contrario»

Ieri la conferma ufficiale, stop alle trascrizioni: leggerete su alcuni quotidiani che queste bambine e questi bambini avranno meno diritti rispetto agli altri e saranno trattati come diseguali, «è precisamente il contrario», ha scritto Marina Terragni sul Feminist Post:

«Queste bambine e questi bambini avranno gli stessi diritti di tutti (scuola, pediatra etc) perché questi diritti sono normalmente assicurati a tutti i bambini registrati all’anagrafe come figli di un solo genitore: caso più frequente, quello delle madri single. Soprattutto, a queste bambine e a questi bambini sarà assicurato il diritto alla verità sulle proprie origini – diritto ribadito da tutte le convenzioni internazionali che verrebbe loro negato nel caso nei loro atti di nascita venisse dichiarato il falso, ovvero che sono figli di un “secondo padre” o di una madre che non ha con loro alcun legame biologico. Queste bambine e questi bambini potranno acquisire il secondo genitore tramite l’istituto dell’adozione in casi particolari, la stessa strada che viene normalmente percorsa nel caso -è la fattispecie più frequente- di madri single che si sposino e che desiderino che loro marito venga riconosciuto a tutti gli effetti come padre del loro bambino».

Qualunque altra strada, ricorda Terragni, in particolare la falsa dichiarazione sulla paternità del bambino, costituirebbe alterazione di stato civile e verrebbe perseguita come violazione dell’ordine pubblico:

«Poiché la Costituzione ci vuole uguali davanti alla legge – art. 3 – non è ammissibile che solo ad alcuni, i cosiddetti “omogenitori”, sia consentito di dichiarare il falso, garantendo una corsia preferenziale.
Per tutte queste ragioni, la decisione del Prefetto e del Ministero degli Interni rende più uguali e non meno uguali le bambine e i bambini nati per iniziativa di coppie dello stesso sesso, garantendo loro lo stesso trattamento e gli stessi diritti riservati a tutti i nuovi nati».

Tags: Beppe SalaLGBTQIMilanosurrogataUtero in affitto
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