Merz ha già perso il suo punto di forza: la solidità

Di Rodolfo Casadei
07 Maggio 2025
Il nuovo cancelliere tedesco passa alla storia come il primo a non ottenere subito la fiducia del Bundestag. A neanche tre mesi dalla vittoria elettorale appare già molto meno affidabile del previsto. Male anche i sondaggi
Friedrich Merz
Il nuovo cancelliere tedesco Friedrich Merz (foto Ansa)

Al secondo tentativo Friedrich Merz ce l’ha fatta di poco, ma nel frattempo è già passato alla storia per aver creato un precedente per nulla lusinghiero nella storia della Repubblica Federale Tedesca: non era mai successo che un cancelliere in pectore fosse bocciato al primo voto di fiducia dal parlamento.

Il principale difetto per cui gli elettori tedeschi hanno punito nelle urne nel febbraio scorso la coalizione di governo uscente alimentata dal tripartito socialdemocratici-verdi-liberali (Spd-Grünen-Fpd) è stato la scarsa coesione dell’alleanza, che di fatto ha paralizzato la governance interna della Germania e impoverito il suo ruolo nel contesto europeo e in particolare all’interno dell’Unione Europea (Ue). Il pragmatico e decisionista Merz, che pure non ha brillato alle elezioni politiche (il 28,5 per cento con cui l’alleanza cristiano-democratica Cdu/Csu è arrivata in testa al voto rappresenta il secondo peggior risultato elettorale della sua storia), doveva portare una ventata di efficienza, affidabilità e protagonismo internazionale.

C’era una volta la coalizione “grande”

La fortuna lo aveva aiutato, consentendogli di ridurre da tre a due i potenziali partner del futuro governo, grazie al fatto che per un pugno di voti la sinistra populista dell’Alleanza Sahra Wagenknecht – Ragione e Giustizia (Bsw) era rimasta fuori dal Bundestag (lo sbarramento per eleggere deputati al parlamento è del 5 per cento, e Bsw si è fermata al 4,98 per cento). Meno partiti, meno litigiosità. E dovendo scegliere fra una delle due formazioni politiche che gli avrebbero consentito di presentarsi al parlamento con un governo che avrebbe avuto la certezza di ottenere la fiducia, cioè la Spd con la quale i cristiano-democratici avevano già governato sotto l’etichetta “Grosse Koalition” (cioè Grande Coalizione) quattro volte nel corso della storia della Repubblica federale, e Alternativa per la Germania (Afd), da tempo sotto la lente dei servizi segreti per sospette attività di estrema destra, Merz non ha avuto dubbi.

Friedrich Merz riceve ufficialmente l’incarico da cancelliere dal presidente federale della Germania Frank-Walter Steinmeier, Berlino, 6 maggio 2025 (foto Ansa)
Friedrich Merz riceve ufficialmente l’incarico da cancelliere dal presidente federale della Germania Frank-Walter Steinmeier, Berlino, 6 maggio 2025 (foto Ansa)

Anche se la Grosse Koalition del 2025 è l’ombra di ciò che le grandi coalizioni fra cristiano-democratici e socialdemocratici furono in passato: con 328 voti parlamentari sulla carta (ma nel fatale primo turno di votazioni ne ha portati a casa solo 310) e la maggioranza assoluta posta a 316, il governo Merz si appoggia sul 52 per cento di consensi parlamentari. In passato tali coalizioni di governo erano definite grandi perché riunivano le due principali forze politiche del paese, ma nel corso del tempo sono passate, per usare una metafora del mondo dell’abbigliamento, dall’extralarge al large al medium: sotto il cancelliere Kurt G. Kiesinger (1966-’69) il governo poteva contare sul sostegno del 90 per cento dei deputati; invece il quarto gabinetto rosso-nero (i colori dei due partiti) di Angela Merkel (2018-2021) aveva dalla sua parte solo il 56 per cento degli eletti. Se guardiamo ai voti espressi dai cittadini, quelli che una volta erano i due partiti dominanti della scena politica tedesca oggi sommati insieme totalizzano appena il 45 per cento del totale.

La scelta tra Spd e Afd

Che non avrebbe avuto dubbi in materia di alleanze lo si è capito ancora meglio il 2 maggio scorso, quando l’Ufficio federale per la protezione della Costituzione (Bundesamt für Verfassungsschutz, da cui l’acronimo Bfv), cioè i servizi segreti che dipendono dal ministero degli Interni, ha reso noto il suo rapporto che qualifica Afd come organizzazione di estrema destra che minaccia l’ordine costituzionale tedesco. In base a tale rapporto ora il Bfv ha maggiori poteri per intercettare le comunicazioni di membri del partito, infiltrare informatori, ottenere il licenziamento di pubblici ufficiali (soprattutto agenti delle forze dell’ordine) iscritti o simpatizzanti di Afd, interdire a tutti loro il possesso legale di armi.

Il ministro degli Interni che ha recepito il rapporto (avrebbe potuto chiedere approfondimenti o sottoporlo ad altri esperti indipendenti per un responso finale) è stato la socialdemocratica Nancy Faeser, ma il responsabile capo del Bfv sotto la cui direzione la stesura del documento è stata avviata era Thomas Haldenwang, che si è dimesso nel novembre scorso per poter concorrere alle elezioni del febbraio 2025 nelle liste della Cdu nel distretto elettorale di Wuppertal. L’ex direttore del Bfv non è stato eletto arrivando secondo dietro alla socialdemocratica Helge Lindh, che ha beneficiato del voto disgiunto di Verdi e Die Linke: mentre la Cdu ha conquistato 5 mila voti in più della Spd nel voto di Wuppertal, i voti di preferenza personali hanno ribaltato il risultato, determinando un vantaggio di 14 mila voti della Lindh su Haldenwang, nonostante la fama di fustigatore di Afd di quest’ultimo.

L’urgenza di vedere Macron e Tusk

La sconfitta di ieri mattina non scivolerà via come un episodio senza conseguenze, cancellato poco dopo da un voto sì di approvazione, ma non del tutto soddisfacente (i voti a favore sono stati 325 anziché i 328 preventivati), perché è stata la dimostrazione che la solidità non sarà una caratteristica scontata dell’esecutivo Merz. Fra l’altro far votare di nuovo il Bundestag a poche ore di distanza nel pomeriggio di ieri è stato senz’altro un azzardo (dunque la conferma di una problematica affidabilità), giustificato col fatto che erano già in programma per domani una visita a Parigi e l’incontro col presidente Emmanuel Macron e subito dopo una missione a Varsavia. Annullare gli appuntamenti avrebbe suffragato la sensazione di debolezza che il voto negativo sulla fiducia ha creato.

Gli applausi del Bundestag per il neo eletto (a fatica) cancelliere tedesco Merz, Berlino, 6 maggio 2025 (foto Ansa)
Gli applausi del Bundestag per il neo eletto (a fatica) cancelliere tedesco Merz, Berlino, 6 maggio 2025 (foto Ansa)

La riproposizione del tandem franco-tedesco alla guida della Ue e l’allineamento antirusso coi paesi dell’Europa orientale che sostengono l’Ucraina sono due priorità politiche che, nella testa di Friedrich Merz, non possono aspettare. Con Macron il cancelliere deve mettere a punto la proposta di eurobond per la difesa da far emettere alla Banca centrale europea (Bce): questo consentirebbe di realizzare il riarmo tedesco (e un boom dell’industria militare francese) scaricando un po’ di costi su tutti i paesi dell’eurozona; con Donald Tusk deve mettere al sicuro gli ingenti investimenti infrastrutturali e le delocalizzazioni della produzione che la finanza e le industrie tedesche hanno compiuto dopo l’allargamento a Est della Ue nel 2004, nonché l’accesso alle materie prime dell’Ucraina in competizione con Usa e Russia.

Consensi in picchiata

Urgenze strategiche ma anche tattiche: dopo le elezioni del 23 febbraio scorso i sondaggi d’opinione hanno certificato una progressiva erosione dei consensi a favore della Cdu/Csu e della persona di Merz. Secondo un sondaggio del mese di aprile condotto dall’istituto di ricerca Forsa per la rivista Stern, solo il 21 per cento degli intervistati considera Merz affidabile, nove punti percentuali in meno rispetto ad agosto e tre punti in meno rispetto a gennaio. La stessa inchiesta ha rilevato che solo il 40 per cento degli intervistati considera il cancelliere entrante un leader forte, e il 27 per cento pensa che Merz «sa cosa muove le persone», entrambi dati che rappresentano un calo di nove punti percentuali da gennaio. Secondo vari sondaggi nei due mesi e mezzo dalle ultime elezioni, poi, la forbice fra Cdu/Csu e Afd si è quasi chiusa, coi primi in flessione e i secondi in ascesa. Quello di PolitPro dà i cristiano-democratici al 25,7 per cento e l’ultradestra al 24,5 per cento.

I motivi della flessione sono più di uno, ma certamente quello principale è il voltafaccia di Merz sulla questione dell’indebitamento: mentre durante la campagna elettorale il nuovo cancelliere aveva mostrato prudenza sull’argomento, dopo il voto del 23 febbraio ha fatto propria la linea del rilancio dell’economia attraverso un aumento del debito pubblico (sostenuta in precedenza dalla sinistra) e ha ottenuto che la deroga al limite dello 0,35 per cento del Pil come nuovo debito fosse votato dal vecchio parlamento, dove i voti convergenti di Cdu/Csu, Spd e Verdi hanno permesso di superare la necessaria maggioranza dei due terzi, maggioranza che non si sarebbe potuta ottenere nel nuovo parlamento. In un sondaggio “Politbarometro” condotto all’epoca dall’emittente pubblica Zdf, circa il 73 per cento dei tedeschi riteneva che avesse ingannato gli elettori, tra cui circa il 44 per cento dei sostenitori della Cdu/Csu.

@RodolfoCasadei

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