Marò, udienza decisiva di nuovo rinviata. Italia chiede il rimpatrio

Di Chiara Rizzo
03 Febbraio 2014
La Corte suprema avrebbe dovuto decidere se si applicherà o no la pena di morte, ma ha rimandato al 10 febbraio.

L’udienza attesissima di oggi a New Delhi sul caso dei due marò, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, si è già chiusa con un nuovo rinvio. Quasi una beffa.

L’INGHIPPO INDIANO. Nell’udienza di oggi presso la Corte suprema indiana si sarebbe dovuto decidere in modo definitivo se nel processo penale ai due marò si poteva o meno applicare la legge Sua act (sulla pirateria), e di conseguenza invocare la pena di morte o allontanarne per sempre lo spettro. Si tratta di un nodo che sta coinvolgendo le diplomazie di più paesi e allo stesso tempo sta contrapponendo una parte del governo indiano contro l’altra. Ma nemmeno oggi si è arrivati alla soluzione e dopo appena 10 minuti l’udienza è stata rinviata al 10 febbraio.

ULTIMATUM ALL’ACCUSA. Il ricorso di oggi alla corte suprema è stato presentato dall’Italia ed è la terza volta che il massimo organo giudiziario indiano interviene sulla vicenda, dopo che nel 2013 con due sentenze aveva dettato quali leggi si sarebbero potute usare per giudicare i due italiani (e tra queste non vi è il Sua act). Oggi il giudice della Corte suprema Bs Chauhan ha intimato alla pubblica accusa un ultimatum «di una settimana per presentare una soluzione sulle modalità di incriminazione dei marò». A questo punto il ministero dell’Interno dovrà decidere se proseguire sulla via di incriminare i due marò per pirateria o riconoscere che comunque siano andate le cose si tratti di due militari di un governo legittimo impegnati in un’operazione in acque internazionali, in questo modo ammettendo di aver fatto un grave errore nelle indagini su i due marò. Dopo le pressioni esercitate dal presidente della Commissione europea José Barroso la settimana scorsa, il governo indiano sembrava più orientato verso quest’ultima ipotesi.

DE MISTURA: «CHIESTO RIENTRO IN ITALIA». All’udienza di oggi sono stati presenti anche l’ambasciatore italiano in India, Daniele Mancini e l’inviato del Governo Staffan de Mistura. In conferenza stampa, De Mistura ha spiegato di aver chiesto alla Corte suprema «di fronte all’indecisione della pubblica accusa che i due marò siano autorizzati a tornare in Italia. Questa richiesta la ripeteremo con forma anche lunedì prossimo indipendentemente dall’esito dell’udienza». Poi ha proseguito: «La Pubblica accusa non può più giocare con i tempi. Abbiamo ricordato tramite il nostro avvocato che ci sono stati 25 rinvii giudiziari senza un pezzo di carta. Prima l’unica linea rossa era il non utilizzo del Sua Act. Ora anche lo sono diventati anche i ritardi».

«OGNI NOSTRA MOSSA FINALIZZATA AL RITORNO A CASA DEI MARO’». Poco dopo ai microfoni di Radio 1 Rai, De Mistura ha anche delineato i possibili scenari futuri della vicenda: «È possibile, dopo questo ultimatum della Corte suprema, che ora i giudici diano ragione all’Italia su tutta la linea o che, anche se si applicasse il Sua act, non sia però invocata la pena di morte» e ha assicurato: «Qualunque sia la decisione siamo preparati e determinati e ogni contromossa sarà finalizzata al ritorno a casa dei marò».

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1 commento

  1. Fabio S. P. Iacono

    Un governo non è mai sostanzialmente tecnico, ma lo può apparire formalmente. Non regge l’alibi per Mario Monti dell’urgenza economica e finanziaria default per l’Italia nella sua recente esperienza al timone nazionale. Ha “pagato” a suo tempo il responsabile della Farnesina, il quale non è riuscito a trattenere i marò a casa nel Santo Natale 2012. Monti, non è che non abbia polso, il polso sul suo piano di riferimento primario, ripeto economico e finanziario, a suo tempo lo ha avuto eccome. Terzi di Sant’Agata, linciato e sacrificato come capro espiatorio nulla ha potuto e Staffan De Mistura, assieme agli addetti ai lavori, sono oggi depositari del gran rifiuto indiano alla nostra nazione. Il faro della civiltà occidentale vs uno dei fari della civiltà orientale (stato di diritto?). Resta per adesso l’amarezza dopo l’ennesimo rinvio di un sovvertimento, così dovrebbe essere, della realtà fenomenica nelle relazioni tra India ed Italia. La saggezza indiana si è eclissata?

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