Terra di nessuno
Tu nascerai, fra quanti anni non so
Tu nascerai, fra quanti anni non so. Succederà in un giorno di inizio estate, come questo. Una mattina all’alba suonerà il telefono e uno dei miei figli mi dirà: è nata. Sì, mi viene da immaginarti femmina; e con grandi occhi spalancati e sbalorditi. E allora chiamerò un taxi e mi precipiterò alla Mangiagalli: tua madre, felice e stanca, dopo la lunga notte si sarà addormentata. E tu anche, in una culla della nursery dietro alla vetrata respirerai nel respiro regolare del sonno. E io schiaccerò il naso contro il vetro per vederti meglio, per cogliere i lineamenti del tuo viso minuto. Pallida, quattro capelli castani e una minuscola bocca aggraziata. Dormirai pesantemente, sfinita da quel viaggio, da quell’incredibile atterraggio dal buio dolce alla accecante luce. Tu nascerai, fra quanti anni non so. Rivedrò in te i tratti di mio figlio bambino, che mi hanno sempre ricordato quelli di suo nonno: tratti padani, carnali, massicci. Ti guarderò e penserò: incredibile, ha nei suoi geni la memoria di mio padre e mia madre.
Ci guarderai, lo sguardo già attento, nel giorno del battesimo, con quegli occhi ancora così limpidi; strillerai come un aquilotto se qualcuno per gioco oserà sottrarti il ciuccio. Anche con te bisognerà, per farti mangiare, ballare e cantare in piedi su una sedia, fino a che riderai abbastanza per fare passare tra le labbra il cucchiaio?
Ti porteranno a vedere le papere, nel laghetto ai giardini; reggendoti per le braccia mentre le gambe grassocce azzarderanno i primi passi. Ti porteranno un mattino all’asilo, con un grembiule a quadretti. Ti specchierai nello specchio della camera di tua madre e ti sorriderai, a tre anni, soddisfatta, col vestito bello. Tu nascerai, fra quanti anni non so. Non so come ti chiamerai. Eppure se nella mente di Dio tutti esistiamo fin dal principio, tu in Lui esisti quanto noi vivi, e quanto quelli che se ne sono già andati. Sei un pensiero, in mente Dei; e tuttavia non mi sembra irragionevole, avendo tre figli, immaginare che un giorno ti vedrò.
Perché io sono sempre qui a ricordare ciò che è stato, nella corrente di una malinconia che non mi abbandona; guardo la casa in cui abitavo da bambina, e il mio liceo, e le strade di Milano, e mi vedo così avvinta al passato. Ma per una volta vorrei essere audace, e guardare le nuove case che si vanno alzando verso la Fiera, imbragate di impalcature, fresche di calce, e pensare: tu abiterai qui, qui tornerai, finita la scuola, lo zaino in spalla, affamata. E vederti allora sarà come chiudere l’anello di una lunga catena, che va dai miei nonni a te, e non solo, fino ai figli tuoi. Catena dentro al nostro finito tempo di uomini, che misteriosamente tracima e confina nel tempo di Dio; e un giorno per un attimo quei due tempi si toccano, e piange un nuovo bambino. Mi piace oggi, in questo giorno di giugno, l’attendere te, che nascerai – fra quanti anni, non so.
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1 commento
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E’ proprio così, noi non sappiamo nulla di loro, come saranno, neppure se ci saranno, e un giorno arrivano come il più grande dono che la vita ci può fare.Maschi o femmine che siano.
E a nessuno riesci a spiegare – facendoti capre- che cosa provi per loro.