Terra di nessuno

Questa casa sembra aspettare qualcuno

Milano, maggio. In questa domenica i figli adolescenti sono, come è giusto, tutti usciti. Il marito è via. Sono rimasta solo io.

Questa casa è grande, e silenziosa. In strada, poco traffico. Di domenica poi non ci sono nemmeno quegli echi quotidiani dalla casa, la scopa di saggina della portinaia in cortile, il getto dell’acqua dalla canna che innaffia le piante. È un silenzio assordante.

Io, al computer, sto scrivendo. Sul tappeto il cane dormicchia. Il gatto rosso salta morbidamente sulla scrivania e viene a strusciare il muso contro le mie guance. Con le zampe calpesta inavvertitamente la tastiera. “ZZzrrrffffffff. hhhhhhrrrrraah”, leggo, non senza una certa curiosità. Contemplo interrogativa i suoi bei ferini occhi verdi: «Cosa vorresti dire?» domando. Lui chiude pigramente gli occhi, a godersi un raggio di sole.

Una domenica tranquilla, per quanti anni l’ho invocata. Quando i figli piccoli mi tiravano già dal letto alle sei del mattino, già tonici, loro:
«Dove andiamo? Cosa facciamo?». E mentre ne vestivi uno e cambiavi il pannolino all’altra ti lambiccavi a immaginare cosa fare quella domenica, mentre fuori pioveva e il marito dormiva – facendo finta di niente.

Una domenica tranquilla, quanto l’ho sognata. Quando passavo i pomeriggi ai bordi di un fangoso campetto di pallone perso nelle periferie; e rabbrividendo di freddo me ne stavo lì a guardare un grappolo di ragazzini che si azzuffavano, cercando di dare un calcio a un pallone.

E ora, ecco: proprio una domenica tranquillissima. La figlia a una festa, un altro a un concerto, e il maggiore non so nemmeno dove sia. Ma è davvero grande questa casa, mi accorgo, ora che è vuota. Andava bene quando coi loro strilli i tre la colmavano fin quasi a farla scoppiare. Ma ora, il corridoio mi pare esageratamente lungo, il soggiorno galleggia nel silenzio, e la cucina con il tavolo e le sedie attorno vuote sembra con evidenza aspettare qualcuno.

Il fatto è che, quando i figli crescono, è come un’altra gravidanza – per lasciarli andare. Ed è giusto, e tu lo vuoi, che si stacchino da te, da voi, e comincino a prendere il mare.

Resta il fatto che questa casa oggi davvero tace in maniera intollerabilmente rumorosa. E quelle sedie vuote in cucina sembrano proprio aspettare qualcuno.

Anche tu, forse, ora che i figli sono quasi grandi, devi nascere di nuovo; nascere di nuovo da vecchia, come domandò Nicodemo a quel tale che andò a trovare, nottetempo, per non farsi vedere da nessuno. (Forse perché si vergognava, capisci ora, di osare una speranza così assurda e grande).

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6 commenti

  1. greta

    Questo e’ il blog giusto per tutti coloro che vogliono capire qualcosa su questo argomento. Trovo quasi difficile discutere con te (cosa che io in realta’ vorrei… haha). Avete sicuramente dato nuova vita a un tema di cui si e’ parlato per anni. Grandi cose, semplicemente fantastico!

  2. angelo41

    Mi è venuto in mente il ricordo indelebile di una situazione analoga, Ero amico, molti anni fa, di una signora anziana, scrittrice famosa per una stagione brevissima, poi tornata nell’oblio dell’anonimato per inadeguatezza verso le pubbliche relazioni. Chiese di accompagnarla perchè doveva prendere le ultime cose nell’appartamento che aveva appena lasciato perchè, per lei, troppo vasto.
    C’era rimasto lo scrittoio, troppo grande per essere sistemarlo nella nuova piccola casa, dal quale prese tutte le carte per portarle con se.
    Quasi mormorando, fra se e se, disse che in quella casa aveva trascorso i migliori anni della sua vita, con un marito adorabile e tre figli, già tutti sistemati altrove.
    Quelle stanze vuote sembravano fughe di maniero e quella scrivania aumentava il volume, a somiglianza di un monumento posto lì per testimoniare il passato. Mi commossi, mentre nelle orecchie, udivo il chiacchiericcio di tre diavoletti in corsa per le stanze vuote.
    L’appartamento si trova a Roma in piazza Ragusa.

  3. Cristiana Gavio

    Quando i figli prendono,com’è giusto,il largo è davvero il momento di una rinascita per i genitori e anche di una gratitudine per quanto attraverso i figli ci viene donato. E’ il momento di comprendere meglio che essi stessi sono dono. Quel legame sottile ma tenace che esiste tra genitori e figli poi ce li riporta,insieme ai nipoti, che sono figli due volte e ci riempiono di una tenerezza assoluta e libera dai doveri stringenti cui dovevamo ottemperare da genitori.E com’è bello quando la casa si riempie di nuovo di strilli e di risate, di giocattoli e di disordine e anche i figli tornano con una coscienza più netta e grata nei confronti della famiglia.
    La mia figlia maggiore ci ha scritto in un biglietto di auguri natalizi questo pensiero :”La famiglia è la patria del cuore. Grazie per averci fatto sentire sempre in patria!” Se siamo riusciti anche solo un poco a far assaporare che cos’è questa patria, nonostante i nostri errori grossolani e i nostri evidenti limiti, c’è da ringraziare Chi ce ne ha dato la possibilità.

  4. paola

    Come sempre le parole sembrano “dipinte” ed il racconto un “quadro”….. Grazie e’ bellissimo e quanto mai vero.

  5. Grazie. Mi hai fatto rigustare gli strilli, il giocare rumoroso, il tuffo nel lettone di mamma e papà alle 7 di domenica mattina. Tutte cose che uno potrebbe dare per scontate finché ci sono. Comunque la casa non è mai vuota e, anche quell’apparente nostalgia è un segno che ti può aiutare a gustare una Presenza che c’è a maggior ragione, dove pare esserci un vuoto.

  6. Lucia rovelli

    Quel periodo l’ho passato 10 anni fa, nel frattempo i figli sono stati ” lasciati andare” e sono tutti sposati! La solitudine adesso è cosa grata, perchè arrivano i nipotini a rendere di nuovo rumorosa la grande casa. Allora invece un concerto di Mozart era un godimento grato, un romanzo da leggere tranquilla sul divano anche. Buona domenica

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