«Vi spiego perché si può essere “conservatori del futuro”»

Di Piero Vietti
31 Maggio 2025
Malagola (Fdi) racconta a Tempi come è nato il manifesto per il conservatorismo presentato a Roma il 27 maggio: «Diamo sostanza e ancoraggio culturale a chi oggi lo interpreta. Presto una scuola e un festival»
Lorenzo Malagola conservatori
Lorenzo Malagola, a sinistra in piedi, presenta il manifesto "Conservatori del futuro" lo scorso 27 maggio a Roma

Martedì 27 maggio, a Roma, è stato presentato il manifesto “Conservatori del futuro”. Nato da un’iniziativa del deputato di Fratelli d’Italia Lorenzo Malagola, il manifesto partendo dall’osservazione che sempre di più «le persone vogliono custodire i valori permanenti che hanno garantito la stabilità e la prosperità delle società nel tempo. Il riconoscimento delle tradizioni, il senso del sacro, l’appartenenza ad una comunità nazionale, il concetto di libertà connesso a quello di bene, la centralità della famiglia, la sacralità della vita e il rispetto per l’autorità sono ancora pilastri su cui costruire il futuro». Sottoscritto subito dalle associazioni Labora, Farefuturo, Nazione futura, Alleanza Cattolica e dal Centro Studi Rosario Livatino, il manifesto adesso cerca nuovi sottoscrittori. Tempi ne ha parlato con il promotore, Lorenzo Malagola.

Da dove nasce l’iniziativa di proporre un manifesto per il conservatorismo?

Dal desiderio di mettere insieme quella vasta area politica e culturale che si riferisce al conservatorismo e che, pur composta da sensibilità diverse, può riconoscersi all’interno di un manifesto valoriale comune. Abbiamo avviato tempo fa un lavoro con le principali associazioni e fondazioni culturali che animano il conservatorismo in Italia, un lavoro di confronto e dialogo su quelli che potevano essere i principi costitutivi di un conservatorismo mediterraneo, latino, italiano, un conservatorismo “nostro”.

Con quale obiettivo?

Innanzitutto per dare sostanza, e un ancoraggio culturale forte, alla dimensione del conservatorismo politico, che oggi in Italia è interpretato da Fratelli d’Italia.

Fino a qualche tempo fa in Italia la parola “conservatorismo” era quasi una tabù, oltre a evocare idee vecchie, lontane, non italiane. È in atto un cambiamento nella percezione e nell’approccio—sia politico sia culturale—da parte di chi sta nel centrodestra, rispetto a questa parola? C’è più di consapevolezza oggi su cosa voglia dire essere conservatori in Italia?

Sì. Giorgia Meloni ha sdoganato la categoria politica del conservatorismo, riempiendola di un significato positivo, capace di interpretare le sfide del tempo presente e di guardare al futuro. Anche per questo che il titolo del manifesto è “Conservatori del futuro”. È chiaro che questo è un lavoro che necessita di un approfondimento dottrinale, concettuale, di pensiero, perché il conservatorismo italiano sia originale, non potendo mutuare tout court quello anglosassone, che è nato in un contesto completamente diverso dal nostro.

Come evitare che questo manifesto rimanga uno dei tanti appelli che partono con buone intenzioni e poi si fermano lì?

Partirà una campagna promossa dalle associazioni firmatarie, a livello nazionale, per aggregare altre realtà culturali e per trovare anche l’adesione di intellettuali e accademici che vi si possano riconoscere.

E la politica?

Il suo compito sarà dare realizzazione concreta ai principi contenuti nel manifesto, con politiche dedicate nei vari ambiti della vita civile e sociale, facendolo non solo a livello nazionale, ma anche a livello locale, attraverso la rete dei consiglieri e degli amministratori locali. Abbiamo in programma due iniziative realizzate dal network di associazioni che sottoscrivono il manifesto: una scuola di formazione sul conservatorismo e un Festival dei conservatori, previsto per l’autunno.

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