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«Magistrato morde magistrato». Il circo mediatico-giudiziario raccontato dal pm Spataro

Intervista al direttore del Garantista Piero Sansonetti che ha partecipato con il procuratore capo di Torino a un convegno in cui il pm si è tolto «parecchi sassolini dalle scarpe»

Chiara Rizzo
13/05/2015 - 3:00
Interni
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«È una fortuna che sia finita l’era di Mani pulite e l’era di Antonio Di Pietro. Rammento i giornalisti a frotte dietro i pubblici ministeri nei corridoi, e devo dire che alla fine qualche collega era più convinto dell’importanza della notizia in prima pagina che non dell’esito del processo». A chiedere a mo’ di indovinello chi possa essere l’autore dell’affermazione in pochi “azzeccherebbero” la soluzione. Il copyright infatti è di Armando Spataro, attuale procuratore capo di Torino, un pm duro e puro dell’ala più a sinistra tra le correnti della magistratura, eppure è proprio lui ad aver fatto questa dichiarazione (e altre del genere) al convegno organizzato l’8 e il 9 maggio dall’Unione camere penali su “Giustizia e informazione, sinergia virtuosa o spirale perversa?”. Spataro era tra gli ospiti e ha sorpreso tutti compreso il direttore del Garantista Piero Sansonetti, che ironicamente a tempi.it racconta: «A sentirlo, sembrava di leggere un editoriale sul mio giornale. Nei manuali di giornalismo c’è scritto che una notizia è tale quando, ad esempio, si può scrivere “uomo morde cane” e non viceversa. Stavolta è ancora più una notizia: “Magistrato morde magistrato”».

Lei ha scritto che in quest’occasione «Spataro si è tolto diversi sassolini dalla scarpa».
Ha fatto attacchi abbastanza forti, perché precisi e circostanziati. I più gustosi sono sicuramente gli attacchi al pool di Milano e Palermo. Cito letteralmente: «Faccio un esempio di protagonismo non virtuoso del magistrato. C’è un magistrato che a Palermo, dopo aver letto una sentenza che disattendeva le sue conclusioni, disse che se lui fosse stato un professore avrebbe dato un quattro meno al giudice che aveva fatto quella sentenza». Spataro si riferisce al pm Vittorio Teresi, a capo del pool antimafia della procura di Palermo, che come tutti ricorderanno pronunciò quell’infelice frase dopo la sentenza di assoluzione nel processo al generale Mario Mori. Inoltre prosegue: «C’è chi ha detto che il Csm avrebbe dovuto valutare, al fine di designare il nuovo procuratore capo di Palermo, il grado di condivisione dei candidati con l’impostazione del processo sulla trattativa Stato-mafia». È un altro riferimento di nuovo a Teresi, ma anche all’ex pm Antonio Ingroia e al collega Antonino Di Matteo. Ecco cosa manda loro a dire Spataro: «Mi sembra un’impostazione inaccettabile». C’è poi un riferimento a Ilda Boccassini, e al procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone: «Quei pubblici ministeri che a distanza di 20 anni dall’inizio dei processi di mafia al Nord dicono: “Finalmente arrivo io e indago sulle infiltrazioni di mafia al Nord”, oppure fanno continuamente riferimento a entità esterne, ai poteri forti. Il vizio più pesante della magistratura è la tendenza a porsi come moralisti, come storici. Cioè pensare che tocchi ai magistrati moralizzare la società e ricostruire un pezzo di storia». E poi l’attacco a quelli che chiama i “Giovanna d’Arco della magistratura”: «Non sopporto più i colleghi che si propongono come gli unici eroi che lottano per il bene, mentre tutt’attorno c’è il male». Ma c’è un’affermazione che io ritengo la più forte tra tutte.

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Quale?
Spataro ha raccontato: «Anni fa feci un viaggio negli Stati uniti e chiesi al procuratore federale di Chicago come facesse a mantenere l’indipendenza, visto che loro sono nominati dal presidente degli Stati Uniti. Lui mi rispose: “Ma qui c’è la stampa”, alludendo al ruolo di assoluta indipendenza dei media. In Italia invece abbiamo degenerazioni di ogni tipo. Magistrati che sfruttano il processo famoso per curare la propria icona, avvocati che tendono a trasferire il processo in tv per auto-promuoversi, giornalisti che non cercano riscontri ma inseguono misteri, e ministri che inseguono slogan e telecamere». È proprio così. Oggi vediamo che i pm tengono di più a divulgare le notizie alla stampa che non ad arrivare alla sentenza a processo, perché ottengono dai giornalisti “l’esecuzione di pena” anticipata. I giornalisti in cambio ottengono di non lavorare, possono bearsi di pubblicare scoop pigramente, perché non si devono nemmeno sforzare di ragionare sulle indagini.

Perché secondo lei Spataro si è tolto tutti questi sassolini dalla scarpa?
Sicuramente nelle sue riflessioni ci sono elementi della lotta tra le correnti della magistratura, una lotta che ormai è asperrima. Spataro è dei Verdi, una corrente che si è sempre posta contro Magistratura democratica, cui appartengono Boccassini, Di Matteo, Terenzi e in cui militava Ingroia. C’è un’altra osservazione da fare a mio avviso, però.

Quale?
Spataro mette giustamente in discussione il rapporto tra magistratura e stampa e lui se le può permettere. Non è mai stato un Woodcock, né un Ingroia, cioè uno che ha fatto carriera con le indagini a mezzo stampa. Ma anche Spataro dovrebbe riflettere su altri aspetti, come l’uso spregiudicato dei pentiti. Oggi (ieri, ndr) sul Garantista abbiamo raccontato la vicenda di Giulio Petrilli, un ragazzo di sinistra arrestato con l’accusa di essere un dirigente di Prima linea, che ha passato sei anni in carcere solo sulla base della denuncia, contraddittoria, di un pentito. Poi è stato assolto definitivamente ma nessuno, tanto meno Spataro, gli ha mai chiesto scusa per quei sei anni in cella. È molto apprezzabile quello che Spataro ha detto sul circo mediatico, ma va fatta una riflessione anche sull’uso spregiudicato di pentiti e intercettazioni, strumenti di indagini incerti che stanno gravemente mettendo in discussione il nostro Stato diritto.

Cosa pensa lei, da giornalista, della diffusione del video delle conversazioni in carcere tra Massimo Bossetti, accusato dell’omicidio di Yara Gambirasio, e la moglie?
Una gogna medievale e oltrettutto illegale, su cui si sarebbe dovuto indagare. C’è l’obbligatorietà dell’azione penale, e qui abbiamo un reato sotto gli occhi di tutti, la diffusione di immagini coperte dal segreto. Qualcuno ha sentito però di una nuova indagine aperta? No.

Dovrebbe intervenire secondo lei l’ordine dei giornalisti?
Se lo facesse, interverrebbe su una questione etico-morale, ma personalmente ho una certa allergia a definire cosa dovrebbe essere etico e cosa non lo è. Ritengo che in primo luogo dovrebbe intervenire la magistratura sulla diffusione di un video servito esclusivamente per la gogna di Bossetti.

Tags: Antonio Di Matteoantonio ingroiaArmando Spatarocamere penaliGiuseppe PignatoneIlda BoccassiniMario MoriMassimo BossettiMilanopiero sansonettitrattativa Stato-Mafia
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