
Magari non scorrerà il sangue, ma il futuro dell’Italia sa di macerie
Non bisogna essere lettori particolarmente smaliziati per capire che l’agenda politica dell’establishment è un governo Bersani con presidenza della Repubblica (Monti o Prodi) di “garanzia” europea. Il resto, ovvero tutto quanto non è commestibile per le grazie di una élite che ha molti conti in Svizzera e molte bollicine in Borsa, viene tranquillamente consegnato alla cura sacerdotale delle procure e avviato all’inceneritore della politica che non si porta più.
Rispetto ad altre nazioni in esplosiva agonia (Grecia e Spagna), l’Italia ha l’indubbio vantaggio di essere un paese pacifico e caciarone, forcaiolo al bar sport ma che detesta il sangue. Un paese che oggi sembra essersi rassegnato alla schiavitù partorita da un potere che ha saputo distrarre l’attenzione dall’ignominia della propria inettitudine e indirizzare l’opinione pubblica contro la politica. Nella rappresentazione caricaturale della politica come cosa da Er Batman.
Lo svantaggio italiano è che gli esiti più gravi di questo avvelenamento delle sorgenti sono i giovani sbandati e le realtà di associazionismo popolare fuori gioco. A dirla volando basso, il risultato del vuoto riempito dal tintinnar di manette e dal fascino di un onesto capo contabile è che più del 50 per cento degli italiani oggi non sa per chi votare e nemmeno se andrà a votare. Insomma, un futuro per l’Italia proprio non si vede. Per questo, sotto le maniere roboanti delle primarie a sinistra e dell’orfanotrofio a destra, altro non si respira che odori di fumo e di macerie.
Purtroppo, come Grecia e Spagna già anticipano, l’Europa sta correndo verso il suo peggior incubo: una transizione caotica verso inimmaginabili (oggi) forme di autoritarismo tecnocratico.
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