Una sera a teatro
Macbeth nella terra passionale di Emma Dante
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Chi conosce il teatro di Emma Dante troverà familiari alcuni passaggi, movimenti e concezioni: il che non significa ridondanti o ripetuti, ma piuttosto s’intende quella dose d’intimità (più che d’immediata consuetudine), di calorosità (più che d’impulsivo richiamo) che fa parte di una genetica stilistica radicata nel carnalità di corpi e menti, nella loro necessaria connessione con la terra, piena di polvere e tradizione, di discendenza sanguigna e rituale.
[pubblicita_articolo allineam=”destra”]Parla direttamente ai cuori e alle teste – questo fa, con veemenza e dolcezza, il teatro della Dante -, e coniugare tale linguaggio scenico con un’opera complessa e incantevole come il Macbeth di Giuseppe Verdi, è una sfida molto seria che pone in sintonia i Cantanti con l’Orchestra e il Coro del Teatro Regio, per direzione del maestro Giulio Laguzzi – in sostituzione del maestro Gianandrea Noseda -, e con gli attori della Compagnia Sud Costa Occidentale e gli allievi della Scuola del Biondo di Palermo, avendo come risultato (interpretativo, visivo, musicale, registico) un fascino sorprendente.
I quattro atti – che seguono la seconda versione del melodramma, quella del 1865, con il finale della prima versione datata 1847 – condensano un’atmosfera cupa e misteriosa (le scene si devono a Carmine Maringola, i costumi a Vanessa Sannino, le luci a Cristian Zucaro), estremamente fisica se non animalesca (complici le coreografie di Manuela Lo Sicco e le azioni con le armi guidate da Sandro Maria Campagna), che dona concretezza singolare, inedita anche a quel che è fantastico, astratto, psichico o patologico.
Già dal Preludio si sviscera una cifra primordiale, ancestrale, tra incursioni spasmodiche di satiri muniti di grandi genitali e streghe che di loro saranno presto gravide, mentre il moto costante di un telo di seta insanguinata “partorirà” Macbeth (un molto lodevole Gabriele Viviani) su un destriero scheletrico di losco presagio. Ma atavica è sopratutto la femminilità, che racchiude nell’anatomia di donna l’insaziabile e fatale sete di potere, di (auto)distruttivo dominio fisico e mentale: sia quella bramosa e bestiale (con tanto di pesante pelliccia) di Lady Macbeth – Oksana Dyka è a dir poco encomiabile -; sia quella contorta, agitata delle streghe, generatrici perpetue di presagi e di figli, partoriti/gettati, nel terzo atto, direttamente nelle caldaie.
E non è solo la dimensione spaziale e temporale ad avere tinte sinistre e oscure, in questo luogo che definiremmo “altro” che tende a coordinate decisamente più meridionali che scozzesi: se non altro perché la foresta di Birnam sarà qui una spinosa distesa di fichi d’India. Lo è anche la natura dei personaggi, la loro emotività e persino il loro sentire, il loro pensare, o meglio, il loro pensiero dilaniato da paure, morbose ambizioni, ossessioni, deliri. È lì che il germe della follia cresce. Si fa largo tra le linee gotiche più stilizzate e raffinate del castello, dove una serie di gigantesche corone/cancelli sono emblematica coincidenza tra smania di egemonia e mortale prigione. Si fa largo tra i toni scarlatti di un banchetto che evoca esplicitamente quello dei Cani di bancata della stessa Dante; tra le angoscianti visioni di Macbeth che lo portano a svenire come in una Pietà tra braccia di spiriti. Fino al bianco e asettico spazio del sonnambulismo di Lady, che c’immerge nella sua mente allucinata, costretta tra mobili letti d’ospedale ed erosa da se stessa e dall’insonnia.
C’è dunque una complessità estetica che suscita anche particolare commozione, come per la morte di Duncano (Francesco Cusumano) che, a fine primo atto, conduce il defunto re in una rituale processione per offrirlo quale Cristo sacrificale, inerme, spento, eppur drammaticamente umano; così come, all’inizio dell’ultimo atto, l’avanzare del coro di “Patria oppressa” evoca profughi di ieri e di oggi nelle ombre nere che si stagliano sullo sfondo o che si dispongono al suolo allineati a morte.
È un lavoro intenso, questa coproduzione del Massimo di Palermo col Regio di Torino e con l’Associazione Arena Sferisterio – Macerata Opera Festival. Ed è un lavoro memorabile: per complice sforzo registico e recitativo, per ispirazione creativa e stilistica, intesa di direzione, e per personale lettura artistica di un’opera senza tempo che difficilmente, molto difficilmente si dimenticherà.
MACBETH
Melodramma in quattro atti
Libretto di Francesco Maria Piave [e Andrea Maffei]
dall’omonima tragedia di William Shakespeare
Musica di Giuseppe Verdi
Personaggi Interpreti
Macbeth, generale dell’esercito
del re Duncano baritono Dalibor Jenis/Gabriele Viviani*
Lady Macbeth,
moglie di Macbeth soprano Anna Pirozzi/Oksana Dyka*
Banco, generale dell’esercito
del re Duncano basso Vitalij Kowaljow/Marko Mimica*
Macduff, nobile scozzese,
signore di Fiff tenore Piero Pretti/Giuseppe Gipali*
La dama di Lady Macbeth
soprano Alexandra Zabala
Malcolm, figlio di Duncano
tenore Cullen Gandy/Alejandro Escobar (1)/Sabino Gaita (2)
Il medico baritono Nicolò Ceriani/Lorenzo Battagion (25, 1)/Enrico Bava (27, 28)
Un servo di Macbeth e l’Araldo basso Giuseppe Capoferri/Desaret Lika*
Il sicario baritono Marco Sportelli/Davide Motta Fré*
Prima apparizione baritono Lorenzo Battagion/Riccardo Mattiotto*
Seconda apparizione voce bianca Francesca Idini/Elettra Pistoletto*
Terza apparizione voce bianca Anita Maiocco/Filippo Chiappero*
Duncano, re di Scozia mimo Francesco Cusumano
Fleanzio, figlio di Banco mimo Nunzia Lo Presti
Direttore d’orchestra Gianandrea Noseda/Giulio Laguzzi (27, 28, 29, 30 1, 2)
Regia Emma Dante
Scene Carmine Maringola
Costumi Vanessa Sannino
Coreografia Manuela Lo Sicco
Maestro d’armi Sandro Maria Campagna
Luci Cristian Zucaro
Assistente alla regia Giuseppe Cutino
Maestro del coro Claudio Fenoglio
Orchestra e Coro del Teatro Regio
Attori della Compagnia di Emma Dante
e Allievi della Scuola dei mestieri dello spettacolo del Teatro Biondo di Palermo
Solisti del Coro di voci bianche del Teatro Regio
e del Conservatorio “G. Verdi”
Nuovo Allestimento
in coproduzione con il Teatro Massimo di Palermo
e l’Associazione Arena Sferisterio – Macerata Opera Festival
Giugno 2017: Mer 21 h 20, Gio 22* h 20, Dom 25 h 15, Mar 27* h 15, Mer 28 h 20, Gio 29* h 20, Ven 30 h 20. Luglio: Sab 1* h 20, Dom 2 ore 15
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