«Ma il movimento no Tav quante anime ha? E tutte le anime vanno bene?»

Di Marco Margrita
31 Agosto 2012
Distribuiti volantini di antagonisti con linguaggio da anni Settanta. Dissociazioni a mezza bocca e annunci di nuove azioni. Accade in Val di Susa, dove, però, qualcuno inizia a porsi qualche domanda.

Parole di piombo. Un tempo si sarebbe scritto: “le parole sono pietre”. Se lancio di pietre (e sua giustificazione) non lo fossero diventate da un bel po’. Parole di piombo, quindi, quelle dei No Tav. E non sono solo quelle dell’arrestato Massimo Passamani, secondo gli inquirenti capo dell’area “militare” del movimento, che sono vere e proprie regole d’ingaggio per la guerriglia ed il sabotaggio. Ieri, redatto a Milano, è stato diffuso in tutti i canali della galassia antagonista – siglato “No Tav – No Stato” – un volantino carico di minacce al parlamentare Pd Stefano Esposito. Il deputato sarebbe «l’istigatore compiaciuto delle torture avvenute il 3 luglio 2011 nei confronti dei quattro manifestanti arrestati nel corso dell’assalto al non-cantiere di Chiomonte, il responsabile morale della criminalizzazione degli anarchici trentini e, in particolare, dell’arresto del nostro compagno Massimo (Passamani), da lui spesso indicato come un capo della rivolta valsusina». Parole che riecheggiano quelle di certe sentenze brigatiste. Parole che c’è da augurarsi non diventino giustificazione per “il piombo”.

Il documento arriva in un momento teso e difficile per la questione Tav. Non solo gli arresti, ma anche gli assalti. Al cantiere (ne è annunciato uno per questa notte), alle aziende ad alle banche (ieri notte, a Torino, imbrattate e danneggiate tre filiali). E c’è l’incendio appiccato da ignoti all’Italcoge, ditta che ha lavorato al cantiere di Chiomonte e che i No Tav hanno spesso contestato e, nel mese scorso, picchettato.

Non si registrano dal movimento, e dal fronte istituzionale di amministratori locali che lo spalleggia nell’opposizione alla Torino-Lione, alcuna dissociazione.

Il sindaco di Sant’Ambroglio di Torino Dario Fracchia, eletto in una lista civica No Tav, ha anzi scritto una “lettera aperta”, pubblicata in rete e sui giornali locali, in tutt’altra direzione. «Dopo ogni atto di violenza o di illegalità – scrive il primo cittadino – compiuto nel contesto della vicenda Tav si scatena la campagna di tutti contro tutti, la corsa a chi è più bravo e più rapido a manifestare la propria condanna, a chi deve insegnare agli amministratori locali come comportarsi, in un coro di parole ed esecrazioni più o meno accentuate. La liturgia poi finisce ed il giorno dopo ritorna tutto come prima. Nessuno si chiede “perché”, nessuno pone delle domande e cerca di dare delle risposte concrete, ogni politico più o meno di rango si crogiola nella sua indignazione scagliando facili e generiche accuse alla politica locale, rea secondo loro di non fare abbastanza contro l’illegalità e il sopruso della democrazia, con il solo fine di screditare la protesta legittima di una Valle contro un’opera antieconomica e dannosa che dura da 22 anni». La condanna alla violenza sta in tre righe ed esplicitata per «non essere oggetto dei soliti attacchi gratuiti e pretestuosi ribadisco, come è ovvio che sia, la mia più totale condanna di ogni atto violento contro cose o persone perchè nulla hanno a che vedere con le legittime e motivate proteste».

La condanna delle violenze sarebbe una “vuota liturgia”, roba per la salvaguardia del potere, se non si accompagna alla lotta alla corruzione ed ai privilegi, alla permanenza dei soliti potenti ed all’ingiustizia delle spese militari. Chiude, infatti, il sindaco del comune valsusino: «Fino a quando non vedrò queste azioni perseguite da parte dei politici con la medesima determinazione della condanna della violenza, si tratterà della solita vuota e perfino retorica liturgia, non preceduta né seguita dai fatti di un’azione politica con contenuti forti e coerenti che possa riavvicinare i cittadini alla politica ed ai partiti, riportando la ricerca della verità al centro del dibattito e dell’attività politica».

Non sarà il “né con lo Stato, né con le Br”, ma apre più di qualche spiraglio al diffondersi di un simile approccio. D’altronde in Val di Susa, negli anni ’70, c’era chi, su fogli “cattolici”, scriveva che non era legittimo scandalizzarsi per le vittime del terrorismo se nulla si faceva per i caduti sul lavoro, per cui…

In un simile clima è davvero opportuna la domanda che il settimanale diocesano La Valsusa, mai antipatizzante verso la lotta anti-treno, leggendo nei fatti di agosto l’annuncio di un autunno caldo, pone nel numero in edicola: «Almeno una domanda vorremmo farla. Chissà che qualcuno ci risponda. Ma il movimento no tav quante anime ha? E tutte le anime vanno bene?».

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