
L’uragano Sandy? È tutta colpa del riscaldamento globale
Bloomberg Businessweek, settimanale americano, ieri ha titolato così la sua rivista: «It’s global warming, stupid». Ogni riferimento all’uragano Sandy, la tempesta tropicale che ha colpito New York e il vicino New Jersey lasciando dietro sé una scia notevole di cadaveri, non è casuale. Anzi. Il giornalista Paul Barret punta il dito proprio contro il progressivo riscaldamento dei mari e della temperatura atmosferica, di chiara matrice antropica. A cui si aggiunge il mancato utilizzo delle energie rinnovabili, garante di sanità fisica e salvezza dalle catastrofi, che nel paese di Obama e Romney si attesta sul 15 per cento dell’intero consumo.
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URAGANO UMANO. Che questo problema torni prepotentemente a pochi giorni dalla campagna elettorale, può far pensare. Detto ciò, l’ecologismo ideologico della rivista può ripiegarsi su se stesso. Infatti, non è la prima volta che la metropoli dell’East Cost è stata oggetto di uragani. In un editoriale sul Foglio si scrive infatti che «nel 1938, ad esempio (quando il global warming non c’era ancora) un uragano di categoria 3 colpì la costa del New England facendo 600 morti. Da allora il progresso ha permesso di ridurre le vittime di fronte a eventi simili, ma sono anche aumentate le infrastrutture esposte al danneggiamento». È consigliabile dare una scorsa all’ultimo report dell’Ipcc (gruppo di scienziati dedito allo studio dei cambiamenti climatici): è ancora lontana un’eventuale certezza di relazione tra i cicloni e il riscaldamento antropico.
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