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La grottesca eccitazione dei media per Lula alla Cop27

«Superstar» e «salvatore del pianeta». Il presidente brasiliano che ha disboscato più Amazzonia di Bolsonaro arriva al summit sul clima a bordo del jet di un condannato. Ma i giornali lo trattano come la nuova Greta. Qualche appunto

Paolo Manzo
18/11/2022 - 6:20
Ambiente
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Lula Cop27
Il presidente brasiliano Lula alla Cop27 in Egitto (foto Ansa)

Il presidente brasiliano eletto Lula ha usato la conferenza annuale dell’Onu sull’ambiente, la Cop27, per fare un comizio elettorale, applaudito dai media italiani come neanche ai tempi del Duce. Sul Corriere, che titolava ieri “Lula star sul clima”, l’inviata Sara Gandolfi lo descrive addirittura come «una vecchia rockstar che riempie ancora gli stadi e non fa rimpiangere i rapper moderni».

Quanta retorica per Lula l’ambientalista

Lula, si legge sul Corriere, «ha risvegliato delegati, attivisti e media dal torpore della Conferenza sul clima dell’Onu… accolto da urla di giubilo e da canti di vittoria… ha dato la sferzata che tutti si aspettavano». Continuando con i peana, Gandolfi ci informa che «a Sharm el-Sheikh è subito scattata la Lulomania, con resse di cellulari pronti a scattare un selfie e muri di telecamere per immortalare il momento in diretta globale. “Il Brasile è tornato”, è stato il leitmotiv della sua prima visita all’estero». Il Bene che torna, che «qui ha potuto marcare in modo netto la distanza dal precedente governo «di estrema destra e negazionista», promettendo che «combatterà “senza tregua” i crimini ambientali, s’impegnerà per la “deforestazione zero” e istituirà un ministero dei popoli indigeni».

Per l’inviata del Corriere Lula è l’attesissima «guida dei Paesi in via di sviluppo nel braccio di ferro in corso sulla finanza climatica», pronto a colmare «il pozzo senza fondo della diseguaglianza fra ricchi e poveri» e a «riscuotere quanto è stato promesso alla Cop15, riferendosi al fondo green di 100 miliardi di dollari l’anno cui si erano impegnate le nazioni industrializzate nel 2009» perché «abbiamo bisogno con molta urgenza di un meccanismo per finanziare “perdite e danni” dei Paesi più vulnerabili». 

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Lula ha disboscato più di Bolsonaro

Per ora i soli dati certi sono questi: nel 2003, il primo anno delle sue due presidenze precedenti, il neo salvatore dell’ambiente globale disboscò qualcosa come 25.396 Km quadrati di Amazzonia legale (ovvero protetta dalle leggi) e si superò l’anno dopo, raggiungendo il record di foresta tagliata da quando, nel 1988, sono iniziate le rilevazioni via satellite, con addirittura 27.772 Km quadrati di alberi abbattuti. E per coloro che ne difendono la gestione dal 2009 quando il disboscamento effettivamente si riduce vale la pena ricordare le cause. Più che gli afflati ecologici fu la crisi economica globale a frenare di botto gli appetiti internazionali sull’Amazzonia. Fino al 2008 Lula (che avrebbe lasciato il potere poi a fine 2010) disboscò comunque molta più Amazzonia legale del tanto vituperato Bolsonaro nel triennio 2019-2021, come si può vedere qui.

Il marketing ecologico di Lula

Inoltre, al di là del marketing ecologico che Lula promuove, se davvero vuole fare qualcosa per il polmone verde del mondo, dovrà attuare un sistema di controllo all’interno della gestione del suo partito in Amazzonia, per evitare il ripetersi di scandali come quello del 2006 rivelato dalla rivista Veja. Secondo il settimanale brasiliano nello stato del Pará, infatti, alcuni membri e parlamentari del Partito dei Lavoratori, il PT, legati all’ente pubblico per il controllo della flora e della fauna, Ibama, avrebbero messo in piedi un complotto criminale in cui avrebbero facilitato il disboscamento illegale attraverso lo scambio di donazioni per la campagna dei candidati del PT.

Nessuno lo ricorda oggi ma nel giugno 2005 la Polizia Federale e il Pubblico Ministero arrestarono nello stato del Mato Grosso 102 persone accusate di aver abbattuto quasi 2 milioni di metri cubi di alberi in cambio di tangenti. Questa quantità di legname basterebbe a caricare 66.000 camion che, in fila, percorrerebbero 2.640 chilometri, l’equivalente della distanza tra le città di Rio de Janeiro e Natal. La banda, che divenne nota come la ‘mafia delle termiti’, era guidata da Hugo Werle, allora direttore dell’Ibama a Cuiabá. Membro del consiglio fiscale statale del PT, Werle era stato un organizzatore non ufficiale della raccolta fondi per la campagna di Lula.

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E chiudiamo con una nota, sugli investitori “ambientalisti” internazionali. Tra i più elogiati e critici con Bolsonaro c’è la Norvegia. Piccolo particolare: sino ad oggi la multinazionale mineraria più inquinante in Amazzonia, condannata nel 2018, è la Hydro, il cui azionista di maggioranza è proprio l’ecologista governo di Oslo.

Lula piace anche all’inviato del Papa

«Lula superstar, anche se confinato dall’ospite egiziano in una sala che conteneva a malapena un quarto di coloro che volevano ascoltarlo, tra ingessati diplomatici e indigeni armati di piume», ci narra Gandolfi, sorvolando sul fatto che Al-Sisi si è accollato tutte le spese della mastodontica delegazione brasiliana, come ammesso dallo stesso PT, il partito della «vecchia rockstar che non fa rimpiangere i rapper moderni».

Il Corriere ci illumina anche sulla soddisfazione di «Virgilio Viana, membro dell’Accademia pontificia di Scienze sociali e direttore della Fondazione Amazzonia Sostenibile, l’uomo che spiega a Francesco cosa sta avvenendo nella foresta pluviale più grande del pianeta». A suo dire, riporta Gandolfi, «Lula è l’unico che può affrontare la rete di criminalità che oggi agisce indisturbata in Amazzonia, come fa la mafia». Sul finire, bontà sua, quello che per l’inviata sarebbe «l’unico neo, nella prima trionfale uscita internazionale del futuro presidente, il viaggio dal Brasile sul jet privato di un miliardario accusato di corruzione».

Il «whatever it takes forestale» di Lula

«La rivincita del Brasile. Il grande ritorno di Lula porta un po’ di speranza nel subbuglio della Cop27», titola Domani che, invece, descrive come una “dote” di Lula il suo «whatever it takes forestale» portato a Sharm, ovvero «la promessa di mettere fine a qualsiasi costo alla deforestazione dell’Amazzonia, uscita a pezzi dalla presidenza Bolsonaro e prossima al suo punto di non ritorno ecologico». Ferdinando Cotugno ci informa che «Lula vuole fare del Brasile un leader globale della lotta ai cambiamenti climatici, rovesciando la narrativa degli anni di Bolsonaro, che ne avevano fatto uno stato canaglia dell’ambiente».

Poi aggiunge che «il nuovo presidente eletto non intende solo avviare il processo interno di decarbonizzazione, che per il Brasile passa dal portare l’Amazzonia lontana dal baratro dove si trova ora, ma si è presentato anche come uno dei leader del sud globale e di tutte le sue battaglie, con l’ambizione di diventare punto di riferimento per il blocco dei vulnerabili, un ruolo che a oggi solo la Cina di Xi Jinping è stata in grado di svolgere».

Nell’apologia senza limitismo Domani aggiunge che «in questo vertice sul clima povero di buone notizie e di speranza, Lula ha portato un senso di futuro che sembrava smarrito. “È l’Obama di quest’anno”, ha commentato Adam Vaughan, corrispondente del Times». Cotugno ci tiene a far sapere ai suoi lettori che anche all’estero sono entusiasti di Lula ecologista e allora per non essere da meno scrive che «il discorso di Lula ha travolto lo sconforto di Cop27 come un uragano, il suo è stato uno dei discorsi più importanti mai pronunciati a una conferenza sui cambiamenti climatici». E ancora: «Lula ha consegnato un discorso alto e retorico, ma è anche entrato nella materia viva del negoziato che sta dilaniando Cop27», per poi chiosare: «Il discorso di Lula galvanizza i paesi in via di sviluppo e mette in un angolo gli Stati Uniti e l’Unione Europea»

Cori da stadio e tante belle promesse

Viva Lula! Anzi, «Lula superstar a Cop27. Il Brasile è tornato, salviamo l’Amazzonia», come titola Repubblica con un pezzo dell’inviato Luca Fraioli, assai più oggettivo di Gandolfi e Cotugno sull’ex carcerato per corruzione in versione “salvatore del pianeta”. A parte l’incipit descrittivo – «in una Cop rimasta orfana di Greta Thunberg e di stelle dello show business come Leonardo DiCaprio, l’unica vera star è un uomo di 77anni accolto da cori da stadio: “olee, olee, olee, Lula, Lula…”» – Fraioli si limita a riportare le promesse del neo presidente, senza troppe apologie degne più della Cina di Xi che di una stampa che pretenda di essere autorevole. Forse il buon Fraioli ha studiato i precedenti di Lula. Se Lula manterrà anche solo il 10 per cento delle sue promesse ambientaliste sarà un bene per il pianeta.

L’amico corrotto che ha dato il passaggio a Lula

Per quanto riguarda “l’unico neo” accennato dall’inviata del Corriere, poi, alcuni chiarimenti dovuti da chiunque si dica giornalista. Il primo è che il viaggio sul jet con 12 posti a bordo usato da Lula, la moglie Janja e il probabile futuro ministro dell’Economia del PT, Fernando Haddad, per andare alla COP27 ha emesso almeno 104 tonnellate di CO2. Ora, calcolando che oltre 400 jet come il suo sono arrivati in Egitto in questi giorni, non sembra l’idea migliore del mondo quella di celebrare in Amazzonia, tra tre anni, un summit del genere.

Il secondo è che l’uomo d’affari che ha dato a Lula il ‘passaggio’ con il suo jet privato, José Seripieri Filho, noto come Júnior, arricchitosi a dismisura con le assicurazioni mediche private, è stato arrestato per corruzione due anni fa in Brasile ed è uscito solo per avere collaborato con la giustizia e restituito 200 milioni di reais, qualcosa come 50 milioni di euro al cambio dell’epoca, alle casse pubbliche.

Amico di lunga data di Lula (e del suo vicepresidente Alckmin), è stato il secondo suo maggiore finanziatore della campagna elettorale che ha riportato al potere il “salvatore del pianeta”, organizzando anche una cena pre-campagna per il PT con uomini d’affari, a giugno, e invitato d’onore al matrimonio di Lula e Janja, a maggio. Visti i precedenti in Brasile c’è già chi parla non a caso di Carbonão, ovvero un mega scandalo sui crediti di carbonio amazzonici gestiti da Lula che farà sembrare un gioco da ragazzi gli scandali di Lula e del PT, passati alla storia e alle cronache giudiziarie come Mensalão e Petrolão.

Tags: ambientalismobrasileCambiamenti climaticicop27lula
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