L’omicidio Calabresi e il garantismo
Ho 51 anni e ricordo perfettamente il tenore della telefonata brigatista con la quale veniva comunicato l’abbandono dell’auto in via Caetani a Roma con a bordo il corpo dell’onorevole Aldo Moro, vilmente trucidato.
Trovai quella comunicazione aberrante, oltre che per il suo contenuto anche per il suo tenore, in perfetto stile burocratico, freddo, distaccato; quel sacerdote del delirio rivoluzionario, in virtù delle sue follie, parlava di una vita umana come di un dettaglio insignificante di fronte alle strategie politiche da perseguire. Una settima fa, era l’anniversario della morte del commissario Luigi Calabresi. Quel giovane poliziotto fu vittima di un linciaggio morale vergognoso, lasciato solo dalle istituzioni, infine ucciso. Molti giustificarono la sua morte indicandolo come l’assassino del povero Pinelli: una menzogna. Ma dopo 40 anni la menzogna persiste, grazie al perdurare del fanatismo della lobby di Lotta continua, tutt’ora molto forte. In quest’anniversario, molti hanno ricordato l’omicidio di Calabresi, ma, ancora una volta, l’ho sentito accostare alla morte di Pinelli, perpetrando quelli che furono i motivi del linciaggio del povero commissario.
Il fanatismo è pericoloso, dagli “anni di piombo” in poi, in Italia, molti hanno creduto in ideali violenti per cui la vita umana poteva essere messa in secondo piano rispetto alla realizzazione degli stessi. Per molto tempo sono stati quasi giustificati. Io penso il contrario, che siano più delinquenti dei delinquenti capaci, a tavolino, freddamente, di pianificare omicidi “necessari”. Per contrastare il fenomeno, come per la mafia, lo Stato è stato costretto a premiare la delazione, il “pentimento”, scelta pragmatica dura ma spesso necessaria. D’ altro canto lo Stato non chiedeva un pentimento di tipo evangelico ma che questi criminali riempissero pagine di verbali al fine di fare arrestare i loro complici. I volontari nelle carceri svolgono un servizio meritorio anche per la disumana situazione in cui i detenuti si trovano, non degna di un paese civile ma, a volte penso, dovrebbero avere una visione più realistica dei personaggi che si trovano di fronte (e mi riferisco soprattutto ai protagonisti di fatti di sangue). A volte temo che confondano il pentimento giudiziario con quello morale.
Accade invece che personaggi i quali, secondo me, dovrebbero scontare fino all’ultimo giorno la loro condanna, in virtù di loro presunte crisi mistiche vengano perorati con insistenza presso le autorità carcerarie, per farli accedere ai benefici penitenziari. Uno che abbracci veramente la fede cristiana, macchiatosi del sangue delle sue vittime, dovrebbe lui stesso chiedere e cercare l’espiazione e quindi chiedere di scontare fino al naturale termine la sua condanna. Essere garantisti significa non dare per scontata la colpevolezza prima di una condanna definitiva, ma anche non dare per scontata l’innocenza dopo una condanna. Il garantismo è legalitario o non è.
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