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Lombardia, assessore Colozzi: «La manovra azzera il federalismo»

L'assessore al Bilancio di Regione Lombardia Romano Colozzi critica la manovra del governo: «I tagli sono necessari ma non possono essere lineari. Il governo poi non ci ha neanche avvisati. Il federalismo prevede il contrario. I tagli sono indiscriminati, non c'è meritocrazia. Le Regioni producono il 16% della spesa pubblica e dovrebbero subire il 16% dell'importo totale dei tagli. E invece è maggiore al 50%. Mentre si azzera il federalismo, non si toccano gli sprechi»

Leone Grotti
08/07/2011 - 17:08
Economia
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«Questa manovra azzera il federalismo fiscale». Non usa mezzi termini Romano Colozzi, assessore al Bilancio di Regione Lombardia, per bocciare nel merito la manovra economica e criticare il metodo con cui è stato realizzato il Decreto legge del governo che contiene le misure per raggiungere il pareggio di bilancio nel 2014 richiesto dall’Unione Europea.

Il governatore Roberto Formigoni si è espresso in modo molto duro nei confronti dei tagli. Pensate che si possano evitare?

Facciamo una premessa: abbiamo sempre sostenuto che una manovra è necessaria perché dobbiamo rispettare gli impegni presi con l’Europa. Il problema non sono i tagli, che sono indispensabili. Noi facciamo critiche di metodo e merito.

Cosa non va nel metodo usato dal governo?

Da quando è stata approvata la legge delega 42 sul federalismo fiscale, in teoria le manovre economiche dovrebbero essere, non dico concordate, ma almeno frutto di un confronto con Regioni, Comuni e Province. E invece non ci hanno detto neanche una parola. La prassi attuale è ancora quella della fase pre-federale in cui lo Stato elabora da solo le proposte e poi ce le fa conoscere una volta approvate con un decreto legge.

E per quanto riguarda il merito della manovra?

Abbiamo criticato il modo in cui sono stati spalmati i carichi della manovra sui diversi livelli istituzionali. Su 18 miliardi circa di tagli, 9 sono a carico delle Regioni. Questo però è un rapporto assolutamente sproporzionato: le Regioni gestiscono solo il 16% della spesa pubblica, eppure i tagli pesano sulle nostre spalle per più del 50%. Se poi si pensa che, secondo analisi fatte dalla Corte dei Conti o dalla Banca d’Italia, negli ultimi anni dove c’è stata una costante crescita del debito pubblico, le Regioni non hanno fatto disavanzo, questa manovra è ancora più ingiusta. Anzi, in questi anni con le Regioni abbiamo messo in atto dei meccanismi effettivi di controllo della spesa. C’è poi un’aggravante.

Quale?

Già con la manovra dell’anno scorso le Regioni hanno subito tagli molto pesanti. Oltretutto, la metà di quelli previsti nella manovra appena approvata vanno a toccare il settore della Sanità, un’altra voce di spesa che in questi anni è stata ridotta progressivamente. Se pensiamo che nel decennio scorso, il fondo destinato alla Sanità cresceva al ritmo di aumenti a 2 cifre, e quest’anno è cresciuto appena dell’1,2%, con l’inflazione sanitaria che si attesta al 4% annuo, possiamo renderci conto della situazione. Se andiamo avanti così, non potremo rispondere al bisogno dei cittadini e si creeranno dei cortocircuiti impressionanti.

Se foste voi al governo, come li avreste fatti i tagli?

Innanzitutto, li avremmo ripartiti in modo proporzionale rispetto a tutte le amministrazioni. Se le Regioni producono il 16% della spesa pubblica, devono subire il 16% dei tagli. Poi non è che proponiamo di fare le manovre al computer, sarebbe da stupidi, però la scuresi deve abbattere in modo diverso a seconda delle spese di bilancio. Non si possono fare tagli lineari: bisogna studiare voce per voce. E poi è necessario almeno un confronto con tutte le istituzioni, fatto salvo che lo Stato ha sempre l’ultima parola. Altrimenti si rischia di fare come l’anno scorso, quando la manovra aveva quasi azzerato i fondi per il trasporto pubblico. Una follia, visto che c’erano dei contratti già firmati con società esterne. E infatti il governo ha dovuto poi reintegrare i fondi.

Non esiste una commissione ad hoc per discutere di queste istanze?

L’anno scorso avevamo chiesto, e ottenuto a dir la verità, proprio l’istituzione di una commissione alla quale partecipassero rappresentanti di tutti i livelli istituzionali. Il suo scopo doveva essere quello di censire tutti gli sprechi della burocrazia italiana, per poi capire come eliminarli. Nonostante le assicurazioni, non è mai stata messa in piedi. Ma questo non va bene, perché quando si taglia non si possono mettere sullo stesso piano l’agenzia della protezione civile e altri enti, completamente inutili, magari creati apposta per dare lavoro a qualche amico. Basta con le mangiatoie di risorse pubbliche. Ci sono enti, la cui eliminazione è stata decisa negli anni 70 e che oggi sono ancora aperti. Il problema della meritocrazia nel nostro paese è purtroppo cronico.

In che senso?

Nel senso che non si distingue tra enti virtuosi e non. Ci sono Comuni che hanno voragini di miliardi. Noi utilizziamo solo il 12% delle risorse per il personale, altre Regioni invece destinano il 35 o il 38%: se il governo blocca il turnover per 5 anni a tutti in modo indiscriminato non è solo ingiusto, è anche stupido. Io così rischio di non poter rispondere al bisogno dei cittadini e chi spreca, continua a sprecare per altri 5 anni. Ci vogliono indicatori di virtuosità, e poi i tagli vanno fatti di conseguenza. Ecco la nostra filosofia.

Ma il federalismo fiscale non doveva introdurre la distinzione tra enti virtuosi e non?

Con questa manovra infatti il federalismo fiscale non c’è più, le misure stabilite lo azzerano.

Tags: colozzifederalismo fiscalelombardiamanovra economicameritotagli
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