
“L’isola che c’è”. Il nuovo libro di Susanna Tamaro
Pubblichiamo la recensione del nuovo libro di Susanna Tamaro, apparso sul numero 44/2011 di Tempi in edicola
Susanna Tamaro non ama intervenire su temi di attualità. Lo dichiara nella prima riga di L’isola che c’è (Lindau, 169 pagine, 12 euro), come a doversi giustificare dell’incursione in un mondo che ha esplorato solo nei rari interventi sui giornali. E sono quegli interventi su quotidiani e settimanali (tra cui anche la bella intervista a Tempi del 17 marzo 2010) che in queste pagine la scrittrice rimette in ordine e amplia. Addentrarsi nei temi di attualità è dunque una necessità che ha il dichiarato desiderio di mettere a fuoco ciò che Susanna Tamaro definisce una sorta di discernimento. «Che cosa è per l’uomo e che cosa è contro l’uomo. Perché da questo discernimento dipenderà in gran parte la qualità del mondo che andremo a costruire. La posta in gioco, infatti, è l’idea stessa di natura umana».
Così dalla campagna umbra in cui vive quasi da eremita, la scrittrice osserva una «società fatta di esseri disperati che vagano in un deserto popolato di oggetti e hanno in mente un solo concetto: il diritto alla felicità. Dove felicità significa, soprattutto, pieno assolvimento dei desideri, dei sogni, delle istanze di quella cosa piccola e spesso confusa che si chiama ego. E questa felicità è sempre qualcosa che deve ancora venire e che verrà, sempre e comunque, da qualcosa di esterno». Con un piglio che ricorda quello fallaciano per lucidità, Susanna Tamaro riflette che «una società impostata sulla comunione e non sul possesso anziché proporre un referendum sulla modifica della legge 40, avrebbe lottato per un accorciamento dei tempi dell’adozione che dovrebbero essere equiparati a quelli di una gravidanza». Perché è tutto lì, suggerisce l’autrice di Va’ dove ti porta il cuore, il bivio di fronte a cui si trova l’uomo come singolo e la società: vivere per il possesso o per la comunione. Ce n’è anche per la Chiesa, colpevole «di non aver saputo parlare all’uomo contemporaneo, alla sua disperazione, nell’aver proposto, invece della ricchezza con la potenza eversiva del suo messaggio, il moralismo edificante dei buoni sentimenti».
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