L’impegno per l’ambiente di Lewis Hamilton (tra un volo in jet privato e l’altro)

Di Redazione
29 Ottobre 2019
«Diventate vegani!», ha scritto su Instagram il celebre pilota di Formula 1, finendo sommerso dalle ironie dei follower e dei colleghi Alonso, Raikkonen e Verstappen: «Tutti conosciamo il suo stile di vita»
Lewis Hamilton sul podio del Gran Premio del Messico

La crociata ambientalista internazionale ha trovato un testimonial perfetto da affiancare a Greta Thunberg: Lewis Hamilton. Il mitico pilota britannico di Formula 1 è a un passo dal suo sesto titolo mondiale, è ricco, è bello, è buono, è famoso, ha 13 milioni di follower su Instagram, per molti versi è un po’ l’Obama dello sport (l’ascesa dei due tra l’altro coincide anche dal punto di vista temporale). Difficile immaginare un’icona più efficace per la causa ecologica e climatica.

La svolta vegana di Hamilton è nota da tempo (2017), ma ultimamente il primo pilota della scuderia Mercedes ha deciso di premere sull’acceleratore lungo questa pista, rischiando però di finire fuori strada. Almeno così sono convinti i tanti, anche fra i suoi colleghi e rivali, che lo hanno criticato per la sua ipocrisia.

L’evento scatenante è la serie di post pubblicati da Hamilton il 15 ottobre scorso nel suo seguitissimo profilo Instagram. Un peana ambientalista non privo di retorica e di qualche forzatura. Ha scritto infatti lo sportivo britannico:

«In questo momento sono triste al pensiero di dove sta andando il nostro mondo. L’estinzione della nostra razza diventa sempre più probabile man mano che noi continuiamo ad abusare delle nostre risorse. Il mondo è allo sfascio. I leader del mondo sono ignoranti oppure se ne fregano totalmente dell’ambiente. L’agricoltura è di gran lunga il maggior fattore inquinante, molto più dell’insieme di tutta l’industria della mobilità. Mi rattrista vedere tante persone, perfino amici stretti, che ignorano quanto accade ogni giorno. La chiave è l’educazione, e ci hanno insegnato che mangiare i prodotti animali era un bene per noi, ma ci hanno mentito per centinaia di anni.

Mi ci sono voluti 32 anni per comprendere l’impatto che ho sul mondo e ogni giorno cerco di immaginare cosa io possa fare per migliorare. Voglio che la mia vita significhi qualcosa e sinceramente finora la mia vita non ha avuto alcun senso. Essere parte del problema non ha senso. Essere parte della soluzione invece sì, e mi batto per fare meglio. Vi invito a fare un po’ di ricerca, trovate la compassione che so che avete dentro di voi per riconoscere quanto contribuite con la vostra alimentazione a mantenere fiorente l’industria della carne e di conseguenza la deforestazione, la crudeltà verso gli animali, la decadenza quotidiana dei nostri mari e del clima. Diventate Vegani [la maiuscola è nel testo originale, ndr], è il solo modo per salvare davvero il pianeta oggi. Si può fare in un attimo: tutto quello che dovete fare è mettervelo in testa».

Appello vegano di Hamilton su Instagram

Peccato solo che lo stile di vita di Lewis Hamilton, come dire, non sia esattamente francescano, né gretesco. Così come non è esattamente a impatto zero il suo mestiere. In questi giorni sui social network si sono sprecate le rievocazioni delle sue mirabilia: la collezione di automobili e motociclette da 13 milioni di sterline (ma sarebbe più corretto parlare di bolidi, visto che ne fanno parte supercar come Pagani Zonda, McLaren, Ferrari, Ford Mustang e via rombando), l’inquinantissimo jet privato da 16 milioni e rotti di sterline, lo yacht extralusso da qualche altro milione, sempre di sterline.

Lo stesso profilo Instagram di Hamilton è pieno zeppo di fotografie di lui in pose da bullo sopra, accanto e a bordo dei suoi gioiellini così ingordi di combustibili fossili. Senza dimenticare lo sponsor che fa capolino un po’ dappertutto sulla candida tuta da gara del pilota vegano, nonché sulle vetture Mercedes da lui guidate, sponsor che risponde al nome di Petronas, un colosso petrolifero della Malaysia.

La contraddizione è talmente smaccata che nemmeno l’ex ferrarista Fernando Alonso, due volte campione del mondo di Formula 1 e in passato compagno di scuderia di Hamilton alla McLaren, ha potuto fare a meno di evidenziarla. Ha detto il pilota spagnolo commentando il “go vegan” di Hamilton:

«Io terrei le mie abitudini alimentari per me e non lancerei mai un messaggio come quello di Lewis. Non puoi dire una cosa un giorno e il giorno successivo fare il contrario. Tutti conosciamo lo stile di vita di Lewis e sappiamo anche che i piloti di Formula 1 prendono 200 aerei all’anno. Allora non puoi dire: “Non mangiate carne”».

Vista la tempesta di critiche provocata dal suo appello, Hamilton ha pure provato a rilanciare assicurando il proprio sforzo per «diventare carbon-neutral entro la fine dell’anno». In famiglia e nei suoi affari, ha giurato il pilota, «non permetto a nessuno di comprare plastiche. Tutto deve essere riciclabile». E poi ha garantito che si sta impegnando «a volare molto meno» e a rimpiazzare i suoi motori ruggenti con pulitissimi ibridi: «Ho venduto molte delle mie auto, comprese tre Mercedes e la mia Maybach». Mentre «gli abiti che progetto per Tommy Hilfiger sono fatti al 70 per cento di materiali sostenibili».

L’effetto boomerang però non si è fermato. Prima che domenica 27 ottobre Hamilton corresse e vincesse il Gran Premio del Messico mettendosi praticamente in tasca il sesto mondiale, altri due piloti di Formula 1, questa volta rivali, si sono divertiti ai suoi danni.

Ha detto Kimi Raikkonen, già campione del mondo con la Ferrari, oggi all’Alfa Romeo:

«Tutti cercano di fare il proprio per contribuire [alla tutela dell’ambiente, ndr]. Ma penso che in quanto piloti di Formula 1, il nostro punto di partenza non sia il migliore. Voglio dire: siamo qui a bruciare carburante, e a quale scopo? Per decidere chi arriva primo, chi secondo e chi terzo. Il tema è serio ma non penso che siamo noi le persone giuste per occuparsene, altrimenti per essere coerenti dovremmo restare a casa. In ogni caso, mi sembra strano parlare di queste cose in un weekend di gara».

Poi è toccato allo “spericolato” Max Verstappen della Red Bull:

«Mi piace bruciare benzina. Si può dire questo? Non mi piace la roba elettrica. Beh, mi piace sul motorino elettrico che ho a casa, ma non per la Formula 1. So che l’ambiente è molto importante, ma anche la Formula 1 esiste da molti anni e dovrebbe continuare a esistere. Se non vi piace, non guardatela. Non bisogna esagerare o fare i melodrammatici su queste cose».

Quanto alla dieta vegana di Hamilton, Verstappen ha raccontato ai giornalisti di aver visto «un documentario sugli atleti che beneficiano di quella dieta», ma lui ritiene che «non sia così determinante per la Formula 1. Non siamo ciclisti o maratoneti. E poi a me piacciono gli hamburger».

Già, gli hamburger. Proprio intorno agli hamburger ruota l’ultima “curiosità” della campagna ambientalista di Hamilton. Come si è appreso dalla stampa a cavallo tra agosto e settembre, infatti, lo sportivo più ricco del Regno Unito ha investito parecchio denaro in una catena di fast food vegetariano. Così per esempio la metteva giù il sito del Sole 24 Ore il 2 settembre scorso:

«Lewis Hamilton, continua ad essere veloce in pista e non intende abbandonare il circo della F1, ma pensa anche a un possibile futuro senza bolide. Il pluri campione, aprirà il 2 settembre a Londra il primo punto di ristoro della catena Neat Burger. L’idea imprenditoriale, di cui è partner, è del gruppo The Cream Group, che utilizzerà i prodotti di Beyond Meat, l’azienda americana che intende rivoluzionare l’industria del fast food con prodotti veggie sostenibili, sani ed etici.

Il locale a due passi da Regent Street sarà il primo delle 14 aperture previste nel primo anno. Nel menù di Neat Burger ci saranno hamburger a base vegetale creati appositamente dal loro team di chef in collaborazione con Beyond Meat, che si è quotata al Nasdaq lo scorso aprile e ha appena stretto un accordo con la catena americana Kfc per ditribuire negli Usa chicken nugget e alette fritte fatte interamente con carne “finta”».

Alla luce di tutto questo, l’appello di Hamilton a diventare tutti quanti vegani assume un tono meno emozionale e assai più prosaico. Il conflitto di interessi è alla luce del sole. Trattandosi comunque di un messaggio buono e giusto ed ecologico, e soprattutto mainstream, si può scommettere che nessuno se ne preoccuperà più di tanto.

Foto Lewis Hamilton: Ansa

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