Libia, va deserta la parata per la liberazione di Tripoli. «Alla gente non importa più della rivoluzione»

Di Leone Grotti
10 Luglio 2015
In Piazza dei martiri si è presentato solo «qualche bambino e un minuscolo gruppetto di soldati di Alba libica». I libici, infatti, vogliono solo «andare avanti con le loro vite»

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Altro che “Primavera araba”. I libici sono stufi sia della rivoluzione sia degli islamisti di Alba libica, che hanno conquistato la capitale l’anno scorso. E così hanno disertato l’annuale parata per la liberazione di Tripoli.

LIBERAZIONE DI TRIPOLI. Diverse sigle di ribelli, con l’aiuto della Nato, hanno conquistato la capitale della Libia il 27 agosto 2011, dopo una settimana di battaglie strada per strada con i lealisti di Muammar Gheddafi. Da allora, ogni anno la liberazione viene festeggiata il 20esimo giorno di Ramadan, quando i musulmani ricordano generalmente la conquista della Mecca da parte di Maometto.

«NON C’ERA NESSUNO». Quest’anno il 20 di Ramadan è caduto l’8 luglio, ma sono pochissimi i libici che sono scesi in strada a festeggiare, riporta il Libya Herald. «Non c’era nessuno alla parata in Piazza dei martiri, salvo qualche bambino e un minuscolo gruppetto di soldati di Alba libica».

PARLAMENTO GOLPISTA. Da un palco predisposto in piazza ha parlato Nuri Busahmein, presidente del Parlamento golpista di Tripoli (Gnc), diverso da quello riconosciuto ufficialmente ed eletto dal popolo nel 2014, che è stato costretto a fuggire nell’est del paese, a Tobruk, dopo che la capitale è stata occupata dagli islamisti di Alba libica in seguito al voto. «Era una piazza fantasma», racconta un testimone, «Busahmein parlava a se stesso», nonostante prima della parata «in tanti abbiano cercato di convincere la gente ad andare».

[pubblicita_articolo]«A NESSUNO IMPORTA PIÙ NULLA». La commemorazione non è durata neanche due ore. Due anni fa, ma anche l’anno scorso, la Piazza dei martiri si era riempita di gente. Un altro testimone spiega il motivo di tanta disaffezione a una data che ha segnato la vita recente del paese: «Alla gente di Tripoli non importa più niente della rivoluzione, tanto meno di quelli che stanno al potere. Vogliono solo andare avanti con le loro vite. E questo al momento è sempre più difficile».

UNITÀ NAZIONALE. L’inviato dell’Onu, Bernardino Léon, sta cercando da mesi di formare un governo di unità nazionale, mettendo d’accordo i governi di Tripoli e Tobruk per poter più facilmente contrastare l’avanzata dello Stato islamico nel paese, che ha approfittato del caos nel quale è sprofondata la Libia da anni. Nonostante sembri che un accordo sia possibile e che le parti siano vicine, la fatidica data della firma viene continuamente rimandata da mesi.

IL COMIZIO. A riguardo delle trattative, Busahmein ha dichiarato durante la commemorazione che Tripoli accetterà un accordo solo se il suo Parlamento verrà riconosciuto come quello legittimo. La proposta ovviamente è irricevibile da parte di Tobruk, la cui assemblea è stata eletta dal voto popolare a suffragio universale del 2014. Anche per questo, Busahmein ha poi aggiunto in tono più conciliatorio: «Il paese può trovare un accordo, nessuno vuole il monopolio del potere, né la capitale né qualunque altra città. La guerra dell’anno scorso, però, non aveva come scopo quello di favorire [il nostro Parlamento], come alcuni sostengono, ma solo garantire pace e sicurezza». L’attuale stato del paese dimostra che le cose non potrebbero stare più diversamente.

@LeoneGrotti

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5 commenti

  1. Raider

    “Spingere” verso “transizioni democratiche”… Toccherebbe alla diplomazia e a istituzioni politiche internazionali, non alla N.A.T.O. E i sistemi democratici gli islamici, specie nell’area medio-orientale e nord africana, non li hanno proprio nel sangue, non fanno parte delle loro tradizioni. Prendesela con le “tecnocrazie europee” che vengono meno alle libertà che sono patrimonio storico dell’Europa, infatti, è tutta un’altra cosa: tragica. Alle democrazie arabo-islamiche ci pensino gli arabo-islamici. E non diano all’Occidente la colpa della miseria atavica in cui sono tenuti dai discendenti del loro profeta, che si pappano tutto e spediscono i poveri in esubero qui, con propositi di rivincita storica e con l’effetto di trasformare l’Europa in Eurabia.
    Magari la N.A.T.O. intervenisse per fermare l’invasione migratoria, magari! Respingedo i barconi, riportando indietro i clandestini e sbarcandoli sparando addosso alle bande armate che spadroneggiano in Libia.
    Ma l’Ue ha stabilito che il flusso ininterrotto e crescente di clandestini non può essere definito invasione: mentre riportare indietro così come sono arrivati, a migliaia, i clandestini è “deportazione”: però, i media, per fare colpo sulla pubblica opinione, parlano di deportazione per i clandestini che arrivano senza soste, come se qualcuno li trascinasse a forza su barche e gommoni e non fossero i clandestini a pagare fior di quattrini.
    Di fronte a questa falsificazione evidente del linguaggio che falsa di riflesso il discorso pubblico (deportare significa spostare con la forza qualcuno o interi popoli dalle sedi in cui abitano a memoria d’uomo: non c’entra nulla, dunque, con l’impedire che stranieri, clandestini e non, in misura incontrollata dai residenti, si stabliscano in un luogo a loro scelta), nessuno reagisce.
    Quindi, altro che N.A.T.O.! Prendiamocela con l’Ue, con i politici asserviti, con i media: che, tutti insieme appassionatamente, impongono ai popoli europei scelte immigrazioniste che scientemente sono volte a disgregare e a distruggere l’identità europea.

    1. Antonio

      Chiamala NATO o governi occidentali.. se a Lampedusa siamo al collasso è anche merito del sostegno a queste rivolte cruente. Prima delle primavere arabe il problema immigrazione era molto più contenuto.

  2. Antonio

    La NATO anzichè aizzare violente rivolte alimentate dall’apporto dei foreign fighters poteva spingere i regimi verso transizioni democratiche. Democratiche… questa parola mi fa ridere se penso alle tecnocrazie europee.. sapete che vi dico? la NATO poteva farsi i fatti suoi…..

  3. Filippo81

    Dovevano andarci anche i vari Sarkozy, Cameron,Obama, ecc ,padrini della “rivoluzione libica”,,,,,,,,,,poi qualcuno con un po’ di sale in zucca ha spiegato loro che era meglio non partire.

    1. Sebastiano

      Era meglio se quel qualcuno se ne fosse stato zitto, magari ci sarebbero andati. E rimasti.

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