«Mi conosce? Sono l’ex direttore dell’Economist». «Ah, sì, Lenin». Silvio Berlusconi, al suo primo incontro con Bill Emmott, non si è lasciato scappare la notevole somiglianza fra il padre nobile dell’Unione Sovietica e il giornalista che per anni lo ha perseguitato, da Oltremanica, con aspre critiche e copertine gridate. L’occasione per uno scambio di battute e una stretta di mano fra l’ex premier e Emmott sono le riprese del film-documentario “A girlfriend in a coma”, prima pellicola dell’ex direttore.
FIDANZATA IN COMA. Il film «meravigliosamente indigesto» (Il Sole 24 ore) prende il titolo da una canzone inglese degli anni ’80 e parla dell’Italia degli ultimi vent’anni, prevalentemente male, attraverso le voci di intellettuali del calibro di Umberto Eco, Roberto Saviano, Nanni Moretti e Marco Travaglio. L’Italia sull’orlo del baratro in stile british, che si affida alle solite sirene antiberlusconiste, nella versione di Emmott diventa la “fidanzata in coma”. Se nell’anteprima londinese, il film è stato apprezzatissimo dagli intellettuali che abitano fra Westminster e Chelsea, in Italia ha dovuto subire lo smacco di una censura da parte del presidente del Maxxi di Roma, la piddina Giovanna Melandri, che, causa le imminenti elezioni, ne ha impedito la proiezione.
CENSURA OTTIMA PER ELMOTT. Benché la diffamazione del Belpaese sia un arte che non conosca declino, sopratutto fra le élite patrie, per Repubblica la mossa della Melandri è frutto di un’operazione di insabbiamento culturale da parte dell’autorità politica volta a impedire l’operazione verità dell’ex direttore dell’Economist. Secondo Giuliano Ferrara, si tratta di una «piccola censura» da cui un «filmetto» «ricava grande pubblicità».
“PRIMAVERA ITALIANA”. Per risvegliarsi dal coma, secondo Emmott, l’Italia ha bisogno della “consapevolezza” e della “liberazione”. «La consapevolezza è la condizione necessaria per la liberazione» dichiara in un’intervista pubblicata sul sito del film. «Una volta che ci si rende conto del problema, questo si può risolvere, liberando la nostra energia». E come “liberare l’energia”? Con «una primavera italiana», conclude il giornalista, che, forse, non è aggiornato sugli esiti di quella originale.