Pubblichiamo la rubrica “Boris Godunov” di Renato Farina contenuta nel numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)
Resisto alla tentazione di giocare al Toto-Sinodo. A che serve? Ho fiducia nel Papa e nei grandi vescovi radunati nel cenacolo. Ok? Mi dirigo altrove.
È in corso una specie di campagna culturale, che non si vergogna del proprio cinismo. Ne abbiamo assaggiato una cucchiaiata in tivù da Corrado Formigli qualche settimana fa. Consiste in questo proclama: benedetti i profughi, tappeto d’oro ai migranti, colmano il nostro buco demografico. Infatti per mantenere in equilibrio la popolazione occorre che le donne abbiano un tasso di fecondità totale (numero di figli per donna) superiore a 2,1. In Europa siamo a 1,6. In Italia a 1,38. Tradotto in modo volgare: chi arriva ci pagherà le pensioni. Rimedio: riempiamo l’Italia di disperati in fuga.
Tradotto in termini molto semplicistici: viva l’Isis che fa scappare la gente, in particolare i cristiani colti e laureati, colmeranno il vuoto causato dalla nostra paura di far figli. Resteremo ricchi. E i paesi d’origine, costretti a fungere da utero e mammella alla sterilità impunita degli europei? Silenzio.
Si preferisce constatare l’unguento per le nostre rughe di popolo vecchio che sarebbe la sofferenza degli altri, e così si chiude il cerchio perfetto di una sorta di inciucio progressista di generosità cristiana ed edonismo pagano.
Tutto liscio? Tutto perfettamente risolto in sintesi lubrificata e lubrificante? A sconvolgere questa splendido zabaglione col biscottino per la nostra tavola in festa, ci ha pensato il Papa. Ha scritto, nel messaggio per la Giornata mondiale del migrante e del profugo del prossimo gennaio, che esiste «il diritto di non emigrare».
Semplice, elementare. Il diritto di non emigrare, cioè di non essere costretti a farlo. E questa è una responsabilità che riguarda tutti e va oltre l’accoglienza. Francesco – si scusi il permanere della metafora da pasticceria – ci ricorda che lo zabaglione si fa sbattendo le uova, e queste uova sono persone, strappate a forza dalla loro terra, dalle loro tradizioni, e gettate con un carico immenso di strazio in periferie dove sono destinate a essere sacca di manodopera più o meno qualificata per le esigenze degli antichi colonialisti.
Insomma la cacciata non diventa innocente perché alla fine ingrasserà l’Europa. Essa resta un fatto gravissimo. Bisogna impedirla con ogni mezzo. L’emigrazione lede qualcosa che non è commerciabile, e non può essere sfruttato per assolvere la nostra pigrizia nel mettere al mondo figli.
Il Papa ripete: esiste il dovere di accogliere chi fugge dalla guerra e dalla fame. Promuove la «cultura dell’incontro». Fa riferimento alla Bibbia e al catechismo: bisogna accogliere il forestiero. «Ero straniero e mi avete accolto», dice Gesù nel Vangelo. È perentorio Bergoglio: bisogna accogliere. Ma è ri-perentorio: la Chiesa «affianca tutti coloro che si sforzano per difendere il diritto di ciascuno a vivere con dignità», anzitutto «esercitando il diritto a non emigrare per contribuire allo sviluppo del paese d’origine». Tale processo dovrebbe includere, nel suo primo livello, «la necessità di aiutare i paesi da cui partono migranti e profughi», per «scongiurare, possibilmente già sul nascere, le fughe dei profughi e gli esodi dettati dalla povertà, dalla violenza e dalle persecuzioni».
«Quanti minori sono tutt’oggi costretti ad arruolarsi nelle milizie che li trasformano in bambini soldato!», esclama Francesco, «quante persone sono vittime del traffico d’organi, della mendicità forzata e dello sfruttamento sessuale!». «Nessuno» incalza Francesco «può fingere di non sentirsi interpellato dalle nuove forme di schiavitù gestite da organizzazioni criminali che vendono e comprano uomini, donne e bambini come lavoratori forzati nell’edilizia, nell’agricoltura, nella pesca o in altri ambiti di mercato».
Magari pure Salvini sottoscrive.
Foto Ansa