Le quattro vite di Bruno Tabacci, il Tremonti di Pisapia a Milano
C’è già una certezza nella futura giunta Pisapia: Bruno Tabacci, che pare diretto verso il ruolo di city manager, di super assessore al bilancio nella prima giunta milanese di centrosinistra della seconda Repubblica. I perché della scelta Tabacci sono numerosi, primo fra tutti probabilmente la gratitudine per l’endorsement dei centristi. Se infatti all’inizio di marzo le preferenze di Tabacci erano ancora per Manfredi Palmeri, subito dopo il primo turno, il deputato Api non ha esitato ad appoggiare il candidato del Pd: «Pisapia è un amico ed è stato il mio avvocato» disse Bruno in un incontro al circolo De Amicis, tra testimoni d’eccezione come il banchiere Alessandro Profumo. L’annuncio fu seguito da un applauso. L’assessorato che potrebbe arrivare oggi, non è che il naturale proseguio di quella standing ovation.
Bruno Tabacci non è certo nuovo alla politica, né al mondo dell’economia e dei bilanci. Mantovano, sessantaquattrenne, Tabacci ha esordito negli anni ’70-’80, militando nella corrente di sinistra della Dc. Il primo, grande exploit, è sicuramente quello dell’87, quando, scelto da Ciriaco De Mita in persona, diviene presidente della Regione Lombardia. Cinque anni dopo Tabacci è pronto per Roma, e viene eletto deputato. Ma sono i tempi di Mani Pulite, e la bufera investe anche lui. Nel suo catalogo dei viventi, Giorgio Dell’Arti annota che «a chi adesso glielo ricorda con malizia, Tabacci risponde con uno scatto: “Ho subìto due processi e sono stato assolto da entrambi per reati come il finanziamento illecito dei partiti, reati per i quali qualcuno a Botteghe Oscure se la sarebbe cavata con un sorriso”». Curiosità del destino: i guai giudiziari di Tabacci ad un certo punto coinvolsero (in epoca non ancora sospetta) l’allora patron della Parmalat Callisto Tanzi, accusato di aver versato milioni di lire per l’acquisto di materiale propagandistico per Tabacci. Un nome che resterà comunque legato, in modo diverso certamente, al destino del politico.
Nel 2001, «Rientrato in Parlamento dalla porta principale» (con la Casa delle Libertà nelle fila dell’Udc), come ricorda orgogliosamente lui stesso, inizia la seconda vita politica di Tabacci. Una vita segnata da una forte vis polemica. «Non avendo tessere da gestire, né parlamentari cui far riferimento – ha scritto Francesco Verderami sul Corriere della Sera – era considerato nell’Udc un “non allineato”, così distante da Pier Ferdinando Casini, di cui non ha mai subito l’influenza carismatica. Era sempre in guerra con Giulio Tremonti, e non passava giorno senza una critica alla politica economica di via XX settembre. Ma all’indomani del crac Parmalat, quando parve evidente il crollo del sistema, il presidente della Camera Casini si affrettò a chiamarlo. Seguito a ruota dal ministero dell’Economia. Casini pensò a lui per garantire al Parlamento un ruolo nella crisi e impedire che la vicenda fosse gestita solo dal governo (…). Tremonti pensò a lui quando pensò di organizzare il famoso incontro tra politici e pezzi di establishment, ribattezzato come il “patto di Aspen”».
Tabacci all’epoca è ancora molto vicino a Marco Follini, che però sceglie di non seguire quando questi abbandona politicamente la Casa delle Libertà. È il 2006: ma con quell’evento, inizia la terza vita di Bruno Tabacci, quella del «terzista». Durante il Governo Prodi, Tabacci alla Camera diventa interprete infatti degli umori più “sinistri” dell’Udc, fino all’addio all’Udc, che si consuma il 30 gennaio 2008: Tabacci avrebbe voluto un «governo di scopo» guidato da Franco Marini, e mal digerisce «l’appiattimento» dei vertici dell’Udc, Casini in primis, ai desideri di Silvio B.
Quello stesso giorno, Tabacci fonda con Mario Baccini e Savino Pezzotta la Rosa Bianca. Lo scisma dura però giusto qualche mese: la Rosa Bianca alle ultime politiche confluisce infatti di nuovo nell’Udc, e Tabacci viene eletto deputato come capolista del collegio Lombardia 1. Ma qualche inquietudine resta. Fino al 9 novembre 2009, quando lascia l’Udc per passare al Pd, poi, due giorni dopo, al neonato Api, che contribuisce a fondare insieme a Francesco Rutelli.
Anche nella sua terza vita, però, Tabacci mantiene un fil rouge: le battaglie a Tremonti. Perciò, in questo giugno 2011, alba della probabile quarta vita di Bruno Tabacci al Comune di Milano, appare un tantino ironico l’odierno titolo della Stampa: “Tabacci sarà il Tremonti di Pisapia”.
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3 commenti
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A Milano il tabaccismo fa bene. Tabacci è stato l’unico assessore con la testa sulle spalle di fronte al demenziale progetto di riesumare i navigli, che non farà quadrare la Cerchia e neppure il bilancio. Milano città d’acqua fa il paio con la Roma imperiale di Mussolini. Ai primi disagi da cantiere, tutti diventeranno No canal.
Se si vuole assomigliare a Venezia, si potrebbe invece lanciare il primo gemellaggio di quartieri fra Ticinese e Burano, entrambi (sfratti permettendo) densamente abitati da pittori.