Le banche italiane sono da record, ma Piazza Affari crolla

Di Massimo Giardina
14 Maggio 2012
Il debito pubblico è sufficiente per spiegare la débacle finanziaria e lo spread sopra i 400 dopo gli ottimi risultati delle trimestrali delle banche? No, bisogna guardare all'Europa.

JP Morgan Chase, una delle big financial institution mondiali, ha dichiarato una perdita su alcune operazioni in derivati per due miliardi di dollari. Due miliardi di dollari non sono bruscolini. E questa è una banalità, anche se siamo ben lontani dalle voragini create dai debiti subprime nella seconda metà degli anni duemila e stimati dal Fondo Monetario in 4.100 miliardi di dollari. Cambiamo versante. Alcuni dati importanti di questi giorni riguardano i risultati trimestrali di alcuni tra i gruppi bancari italiani più di spicco anche in Europa. Unicredit ha annunciato un utile di quasi un miliardo, anche se circa la metà ha natura straordinaria perché generato da operazioni di buy back. Mediolanum “broke the records” per dirla all’americana, cioè ha raggiunto i migliori risultati di ogni tempo con un utile netto consolidato di 178,6 milioni di euro (160 per cento in più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso). Il presidente Ennio Doris ha dichiarato: «Sarà un anno molto positivo e nel 2012 avremo risultati record».

Domani sarà un’altra giornata decisiva perché si terranno i Consigli di amministrazionedella gran parte delle aziende di credito per rendicontare le prime relazioni trimestrale del 2012: Intesa Sanpaolo, Monte Paschi Siena, Banco Popolare. Significativa è la dichiarazione di Andrea Beltratti, presidente del consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo: «Le banche italiane hanno un grado di coinvolgimento in operazioni puramente finanziarie infinitamente minore rispetto a quelle anglosassoni e anche di molte europee. La probabilità che succedano cose così è veramente ridotta», che tradotto significa che il disastro provocato da JP Morgan non tocca la banca di Bazoli. Quindi? Quindi a Piazza Affari nella seduta odierna Mediolanum ha perso il 7 per cento ed Unicredit è stata sospesa in giornata per chiudere al 5 per cento con segno meno; lo spread Btp-Bond è tornato abbondamente sopra i 400, attestandosi alle 17,30 a 423. Un risultato in controtendenza riguarda l’asta odierna di titoli di Stato. Il Tesoro ha collocato sul mercato Btp a 3 anni con scadenza marzo 2015 per complessivi 3,5 miliardi ad un rendimento stabile del 3,91 per cento.

L’Italia è sempre di più un paese “cornuto e mazziato”, danneggiato e beffatoda chi sta fuori i confini nostrani. I motivi della voragine finanziaria odierna riguardano più elementi: il primo risiede nelle difficoltà del comparto bancario dopo l’annuncio di Jp Morgan; il secondo riguarda gli allarmi proclamati dalla Bce sul debito delle banche spagnole, che hanno il massimo storico di 263,5 miliardi di euro di debiti verso l’istituto centrale europeo; per ultimo, ma non per importanza, l’effetto di un uscita della Grecia da eurolandia. Premono due puntualizzazioni. La prima è sui derivati. Le orazioni di stampo omiletico che puntualmente si scagliano contro i derivati, oltre a essere ormai divenute stucchevoli, non sono in grado di fornire un giudizio corretto. I derivati e in particolare i Cds (credit default swap) non sono uno strumento sbagliato. Anzi. Il problema, come ha giustamente chiosato Morya Longo sul Sole24ore, sta nel fatto che «i derivati più che per diversificare i rischi vengono troppo spesso usati per modificarli». I derivati non sono nient’altro che coperture assicurative: all’accadere di un evento predeterminato si generano delle conseguenze finanziarie, come nel caso dell’assicurazione della macchina. Si subisce un danno e si viene rimborsati. Una differenza importante va messa in rilievo: le polizze assicurative sono soggette a dei seri vagli da parte dell’ordinamento giuridico, mentre i derivati circolano sui cosiddetti Otc (Over the counter) ovvero mercati non regolamentati. Lasciamo al lettore il giudizio che se ne può trarre.

Le banche italiane, e qui veniamo al secondo punto, per l’ennesima volta danno segnali di virtuosità. L’aiuto della Bce, attraverso le due operazioni Ltro, è stato di sicuro determinante, ma il nostro sistema del credito ha retto per l’ennesima volta alle scosse telluriche generate dai mercati finanziari. Il sistema dunque non è minimamente paragonabile a quello delle vicine Spagna o Grecia. Si ricordi che dopo la crisi del 2008 che ha determinato la caduta della Lehman Brothers, in tutto il mondo occidentale si sono moltiplicati gli aiuti statali alle banche. In Italia no, se non per una misera porzione chiamata “Tremonti bond”. Allora perché le nostre banche che hanno presentato eccellenti risultati devono scontare l’uscita della Grecia dall’euro? Perché devono risentire di una perdita sui derivati che non le coinvolge direttamente? Perché devono farsi carico dei problemi causati da una cecità tedesca nell’affronto delle problematiche europee? Mi spiace, ma la risposta “debito pubblico” non è sufficiente per spiegare tutte queste dinamiche.

@giardser

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1 commento

  1. Massimo Giardina

    Si aggiungano i dati più che positivi della prima trimestrale di Intesa Sanpaolo.
    MG

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