Lady Soumahoro e il moralismo obeso di Repubblica

Di Caterina Giojelli
21 Dicembre 2022
Per De Gregorio Lady Soumahoro è la Ferragni, per Bei sta «su un piano morale diverso», per Serra c’è del «moralismo cretino» a destra, per Valerio «Murekatete siamo noi». La settimana nel pallone delle prime firme di Molinari che fanno del nulla questione morale
Liliane Murekatete, moglie di Aboubakar Soumahoro
Liliane Murekatete, moglie di Aboubakar Soumahoro (foto Ansa)

«Le borse di lusso e il corpo esibito. Perché difendo Lady Soumahoro». Usti, pensammo, leggendo Repubblica. «L’indifendibile Liliane Murekatete. Il suo lusso esibito uno schiaffo ai poveri». Ah, pensammo il giorno dopo, leggendo Repubblica. «Murekatete risponda di quello che ha fatto non della sua borsetta». Ancora?, ci chiedemmo leggendo due giorni dopo Repubblica. «Se il corpo di una donna è assimilato ai suoi oggetti». Ebbasta, sbuffammo, chiudendo Repubblica.

Repubblica contro Repubblica, o come ti racconto la settimana nel pallone delle prime firme di Molinari che si sono esercitate in articolesse gradevoli come un the con Savonarola durante la finale dei Mondiali. Un dibattito lunare condito da quintalate di moralismo innescato da Concita De Gregorio che il 12 dicembre decide di difendere a mezzo stampa la moglie di Aboubakar Soumahoro: in cosa divergono – chiede – le aspirazioni di una «giovane donna arrivata in questo paese dal Ruanda da quelle di Chiara Ferragni»? Insomma una posa seminuda, l’altra con «le stelline sulle tettine», ma la prima è colpevole la seconda chiacchiera con Liliana Segre, e poi insomma Lorella Zanardo lo ha spiegato anche nelle università che ci faceva in mutande sotto un tavolo di plexiglas, e una può girare un porno o esibire il sedere alla mattina e scrivere un saggio su Wittgenstein al pomeriggio, oppure fare come Dacia Maraini che invece di “essere un po’ carina e sembrare un po’ cretina” «ha fatto Dacia Maraini».

Per Concita De Gregorio Lady Soumahoro è Chiara Ferragni

Inoltre «ci sono giornaliste di cui conosciamo tutti le misure di reggiseno. Diletta Leotta e Giovanna Botteri fanno lo stesso mestiere (…) Però credo che Leotta guadagni di più» e c’è chi ingaggia le Francesca Mannocchi per raccontare la guerra e chi punta sull’Auditel perché è più facile avere seguito «con una foto cosparsa di olio solare in piscina che con un’inchiesta sui Casamonica»; per dire, dice Concita, citando Azar Nafisi, «per le ragazze di Teheran mettere il rossetto significa fare la rivoluzione (…) Ma se vivi in un Paese dove il rossetto glitterato Ferragni te lo regalano a tredici anni per Natale che rivoluzione è». Insomma, conclude dopo un excursus su Mary Quant, la Canalis e la Gregoraci di cui ha tanto rispetto, perché accanirsi sulla giovane bellissima ruandese? «Escludiamo il razzismo», «sarà perché è la compagna di un sindacalista e non di un miliardario?», «Non puoi essere colpevole di essere la moglie di, figlia, amante, la cugina di. Donne-appendice: questa sì una grande battaglia degna del femminismo di ogni epoca» ma è «difficile mettersi dalla parte del buio. Combattere le battaglie perse. Che però sono le sole che avrebbero bisogno di voci autorevoli, argomenti cristallini e post».

Contrordine, Bei colloca Ferragni «su un piano morale diverso»

Avete capito? No? Tranquilli. A fare luce “dalla parte del buio” arriva il vicedirettore di Repubblica Francesco Bei che il 13 dicembre «sine ira ac studio» e i suoi «io penso, pasolinianamente, che», i «chiediamo venia» per il «molto discutibile» titolo usato dal suo giornale su “lady Soumahoro”, i vari «onore a Concita» che si è infilata «nel buio», e i «devo sforzarmi per scrivere queste poche righe “contro”, perché anche a me, come a Concita, d’istinto appassionano più le salite che le discese», insomma Bei, molto pasolinianamente parlando dice a Concita che su lady Soumahoro, ops, Liliane Murekatete, non ci ha capito nulla, perché chi nega a dei ragazzini «quei pochi spiccioli che la carità di Stato prevede come argent de poche» si trova «su un piano morale (morale: un aggettivo da rivalutare) diverso, diciamo così, da Ferragni» e «proprio perché la sinistra si vanta di avere degli standard morali diversi e più alti, il tonfo quando cade fa più rumore».

Che avrebbe dovuto fare allora la signora per meritarsi la difesa di Repubblica? «Durante la crisi ci sono stati imprenditori che si sono suicidati perché non riuscivano più a dare lo stipendio ai loro operai. Nessuno pretende dalla signora Murekatete sacrifici simili (sic, ndr) ma forse con una borsa griffata in meno avrebbe potuto garantire qualche settimana di pasti decenti ai migranti ospiti della cooperativa». O almeno avrebbe potuto evitare l’avvocato del diavolo, «dovessi avere bisogno di un legale, sceglierei piuttosto un Pisapia. Così, a naso, per affinità, anche per poterci andare a prendere un caffè insieme sotto lo studio e poterci parlare di Paolo Conte invece che di Priebke».

Dietrofront, Michele Serra dà lezioni di “moralismo cretino”

Finita? No! Il 14 dicembre anche Michele Serra scende dall’amaca per difendere rispettivamente Concita dal «coro di sghignazzi soprattutto su siti e giornali di destra» e Murekatete dai distinguo di Bei tra il ruolo atteso da una influencer e una operatrice sociale, perché «lungo quella china, si rischia poi di considerare “inappropriato” anche lo shopping natalizio di Bersani (non è “di sinistra” regalare un foulard griffato alla moglie, regalino libri, ‘sti comunisti, possibilmente usati)». Al pretoriano del Concitapensiero infatti fa più orrore lo scarto che separa «la spensieratezza ostentata dei nostri costumi dai sussulti di moralismo che a tratti ci colgono e ci offuscano». Infatti «Se la sobrietà è l’antidoto, e lo è, allora andrebbe richiesta a tutti, in specie ai più ricchi, ai più potenti e ai più famosi». Inoltre «Se la morale è una necessità, e lo è, sforziamoci di capire che il moralismo è il suo contrario, è un’accensione intermittente e ondivaga, molto spesso iniqua nello scegliere i suoi bersagli». Del resto «Quando lo sbocco moralista si esaurisce, si torna, difatti, all’immoralità di tutti i giorni, esattamente come è accaduto dopo Tangentopoli».

Andrebbe anche detto che se Michele Serra è cintura nera di moralismo, e lo è, dovrebbe chiarire meglio a chi si rivolge quando – da sostenitore seriale della superiorità morale della sinistra rispetto alla destra, dei foulard di Bersani sui Sallusti che l’hanno importunato – conclude che «di quale dosaggio di moralismo cretino ognuno di noi sia portatore, è comunque una buona domanda da farsi, specie se scriviamo sui giornali».

Per Chiara Valerio «Liliane Murekatete siamo noi»

Va da sé che il 15 dicembre “la polemica sulle foto della signora Soumahoro” (sic) avesse assunto lo status di “dibattito sul giornale” (sic) a tema “corpo di una donna” (sic) con l’onnipresente Chiara Valerio e un incipit alla candeggina: «Giudicare è più veloce che comprendere. Giudicare e capire non sono sinonimi». Premesso, – scrive – che abbiamo perso la capacità di accettare che gli esseri umani siano «contraddittori», e non accettiamo la contraddittorietà perché è «complessa», «impone un confronto col tempo e con la Storia», e che «il discorso sul corpo di Liliane Murekatete non dovrebbe esistere. Né per chi la accusa né per chi la difende e non sarà argomento di queste righe», per Valerio «Liliane Murekatete siamo noi. E siamo noi perché l’immagine di una democrazia la stabiliamo tutti insieme».

L’articolo surfa su Paperone, Gatsby, Bel-Ami di Maupassant, gli scritti di Camilla Cederna su Giovanni Leone, le critiche della sinistra a Lucio Magri per la sua storia con Marta Marzotto, la descrizione di Simone Weil del cardinale de Retz di cui Valerio è lettrice «da signora di mezza età cresciuta in un ambiente comunista e cattolico». Retz, dunque, «è buono o cattivo?, la fedeltà agli intrighi è giusta o sbagliata? E quella a una idea astratta come accogliere gli esseri umani?». La risposta è che «la rappresentazione di sé scelta da Liliane Murekatete è la misura di quanto il capitalismo abbia vinto su qualsiasi ideologia, contenuto, partito politico e pratica. Che considerare il contesto nel quale si lavora e si vive è una tensione e una pratica di tipo etico. Considerare il contesto sottolinea quanto in una comunità la coerenza sia un obiettivo».

Nota Bene, chi ha montato la panna sul caso Soumahoro?

Avete capito? No? Proprio come dopo l’intemerata di Concita: torna alla casella 1 e riprendi il giro. Un solo nota bene: la notizia dell’indagine sui Soumahoro chi l’ha data? Repubblica. Chi è stato a pubblicare il primo articolo su presunti sfruttamenti avvenuti all’interno delle due cooperative, di proprietà della suocera di Soumahoro e in cui lavora Liliane Murekatete? Repubblica. A guidare i giornali mettendo il carico da novanta agli accusatori della moglie e della suocera di Soumahoro? Repubblica. A farci credere che le accuse, lo scandalo o il punto delle indagini abbia a che fare con borsette e foto sexy della signora Soumahoro? Repubblica. A dedicare al suo corpo e alle sue borsette quattro articolesse in mezzo a una indagine giudiziaria? Repubblica. A fare perenne esercizio di celodurismo moralista sfruttando le disgrazie altrui? Repubblica. A trasformare laqualunque questione politica in questione morale o di bon ton esibendo la superiorità morale antropologica autoattribuitasi dalla sinistra? Repubblica. La Repubblica dei moralisti.

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