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La Svezia non è un paese per maschi. Arrivano le "Dat del sesso"

Una nuova legge qualifica ogni rapporto sessuale senza consenso esplicito (fisico o a parole) come stupro. L'obiettivo è «cambiare la mentalità». Protestano gli avvocati: «I crimini vanno dimostrati».

Leone Grotti
25/05/2018 - 5:00
Esteri
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«Se il rapporto sessuale non è volontario, è illegale». Mercoledì il Parlamento svedese ha approvato una legge per scrivere nero su bianco che l’acqua bagna. Ma se governo, deputati e femministe con tutto il girotondo ideologico di #MeToo al seguito, movimento nato negli Stati Uniti che ha però dalle parti di Stoccolma i suoi adepti più invasati, esultano inneggiando alla «rivoluzione» significa che il diavolo si nasconde nei dettagli. E di zolfo dal Riksdag se ne è alzato parecchio.

CONSENSO A PAROLE. Oggi in Svezia una persona può essere condannata per stupro se viene dimostrato che ha obbligato al rapporto sessuale la vittima con la forza, le minacce o se ha approfittato di una situazione di vulnerabilità. La legge che entrerà in vigore l’1 luglio, invece, sancisce che il sesso senza consenso esplicito è sempre da considerarsi stupro. Il consenso dovrà dunque essere espresso a parole o anche fisicamente, ma sempre in modo inequivocabile e dimostrabile. La passività non può mai essere considerata un segno di partecipazione volontaria.

ARRIVA LO STUPRO COLPOSO. I contorni della legge sono evidentemente fumosi e potrebbero portare a pericolose controversie legali. Secondo il ministro della Giustizia, Morgan Johansson, d’ora in poi una persona dovrà «assicurarsi che l’altro intende davvero avere un rapporto sessuale volontario». E nel dubbio, sempre meglio domandarlo esplicitamente oppure fermarsi, come ricordato dal premier Stefan Löfven: «Se non sei sicuro, lascia perdere». Per non lasciare scampo a chi, sbagliando, interpretasse la passività come consenso, sono stati inoltre aggiunti due nuovi reati al codice penale: lo stupro colposo e l’aggressione sessuale colposa, punibili entrambi con pene carcerarie fino a quattro anni.
«CAMBIARE LA MENTALITÀ». È evidente che la legge non riguarda tanto gli stupri “classici”, quelli in cui «il violentatore salta fuori da un cespuglio» e abbranca la vittima lasciando i segni della violenza, spiega Anna Blus, che si occupa del tema per Amnesty International. «La maggior parte degli stupri avviene all’interno di relazioni costituite o durante gli appuntamenti».
La tensione e il sospetto che la nuova legislazione introdurrà inevitabilmente, e neanche tanto sottilmente, nei rapporti intimi tra fidanzati, coniugi o sconosciuti non è un semplice accidente, ma il vero obiettivo della proposta. «Queste leggi sono normative, esprimono ciò che deve essere accettabile o meno nella società», spiega Katarina Bergehed, che milita nella divisione locale di Amnesty International. «L’obiettivo principale è cambiare la cultura e la mentalità». «Questa è una legge moderna basata sui rapporti moderni», insiste il ministro della Giustizia. «Deve introdursi nella spina dorsale di ogni ragazzo e di ogni uomo che le cose stanno così».

DAT DEL SESSO. Le critiche alla legge non mancano. E non arrivano solo da quei maschi che hanno paura di passare per stupratori a meno che non si premurino di far firmare alle controparti delle specie di “Dat del sesso”. E se una persona, dopo aver dato il consenso e consumato il rapporto, cambia idea? Che cosa succederà? Come dimostrare chi ha ragione se «ferite, escoriazioni o segni di resistenza fisica non contano più niente», come ricordato da Anna Moller, a capo della divisione che cura le vittime di stupro presso l’ospedale Sodersjukhuset della capitale? A protestare è stata la stessa Associazione nazionale degli avvocati, per bocca del suo segretario generale, la giurista Anne Ramberg: «Siamo estremamente critici perché questa legge non porterà a maggiori condanne. Il procuratore dovrà continuare a dimostrare che un crimine o un’aggressione sono stati commessi».
BASTA UN’ACCUSA. Ma in Svezia un’accusa, ancorché non dimostrata, è più che sufficiente, stando almeno allo scandalo che ha travolto l’Accademia svedese, che quest’anno non assegnerà il premio Nobel per la Letteratura dopo le presunte molestie sessuali perpetrate dal marito di una giurata verso 18 donne. Non è stato dimostrato nulla, intanto il premio Nobel quest’anno salterà. Che l’onere della prova stia diventando un suppellettile lo dimostrano anche le grottesche cronache del #MeToo, movimento che vorrebbe elevare qualsiasi accusa a mezzo internet al rango di prova inconfutabile.
«SE LEI RIMANE FERMA…». I dubbi espressi dagli avvocati o dal semplice buon senso, però, scivolano sopra ad Anna Blus come acqua su pietra: «Certo, in un mondo ideale questa legge porterà a più condanne e meno stupri. Ma serviranno tempo e formazione». Nel frattempo l’importante è cominciare a cambiare la mentalità delle persone, introducendo, come proposto da Elin Sundin, direttrice del movimento femminista “Fatta” che ha sponsorizzato la legge, corsi di formazione nelle scuole, negli uffici e all’interno della polizia. «Gli uomini devono capire che se non sono certi, devono domandare o semplicemente fermarsi. Noi qui abbiamo un detto: “Se lei rimane ferma, significa che non vuole”». L’unico modo per sfuggire alla nuova caccia alle streghe in Svezia, sempre più propensa a legalizzare l’equazione maschio=stupratore, e non avere problemi di sorta sembra essere esattamente questo: smettere di cercare e avere rapporti sessuali.

@LeoneGrotti

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Tags: amnesty internationalfemminismosessostuprosvezia
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