Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)
Cos’hanno in comune quelli che vorrebbero piantare ovunque la bandiera nera? Amano la morte più di quanto noi amiamo la vita e sono giovani. “Giovani” è la traduzione letterale sia di “Shabaab” sia di “Talebani”. E “l’educazione occidentale è peccato” è il significato di “Boko Haram”, giovani che fanno esplodere bambini al mercato; che rapiscono, stuprano, sgozzano e poi buttano corpi di donne come rifiuti, a marcire dentro pozzi, per impedire che tornino dagli “infedeli”; o che, come è successo a Kwajafa, Nigeria, si travestono da predicatori, radunano gli abitanti in moschea e invece del messaggio di pace annunciato trucidano i fedeli e poi passano a bruciare il villaggio. Cosa c’è nella testa dei ventenni dell’Isis che fanno prigionieri migliaia di soldati e trascorrono giorni a torturarli, sgozzarli, seppellirli in fosse comuni?
Cosa c’è negli occhi di figli della borghesia che si convertono alle sette degli assassini, entrano in una università per celebrare la morte di coetanei cristiani, ordinano loro di chiamare casa e li uccidono con un colpo alla nuca proprio mentre sono al telefono con i propri cari?
Non si può neppure immaginare tanta disumanità. La sola notizia di queste carneficine ci lascia senza parole. Infatti, dobbiamo subito scacciarle e rituffarci nella monotonia delle chiacchiere esangui. Nel nostro solito piatto quotidiano di denunce e scandali, sfiducia e ingiustizia, conditi con l’abituale litania di piagnistei, rabbia, insulti per ogni autorità costituita.
Non crediamo più in nulla. E, narcisi che affogano nella pozzanghera in cui si specchiano, la misura di tutto rimane il nostro incostante piacere e benessere personale. Ripetiamo tutte le più belle parole del mondo senza mai farne esperienza. E soprattutto senza che i giovani ne facciano esperienza. Pace? Amore? Giustizia? Felicità? Cosa c’è di più stridente con un mondo che ha occhi di brace e atti da boia?
Non è vero che la scomparsa del Figlio dell’Uomo dall’orizzonte sia indifferente. Se «la realtà è Cristo» come dice san Paolo, l’antirealtà è un copilota silenzioso che accelera mentre l’altro picchia e grida «apri questa maledetta porta!». Puoi fare girare miliardi di appelli via tweet e fondare l’internazionale dell’amicizia in un clic. Non succede niente. Dunque?
Ecco una notizia che c’entra col reale, benché pusilla, infinitesimale. A Grottammare, in una chiesetta su per le colline, una sera, entrando, c’erano occhi solo per Lui. E un prete ci ha detto: «Io non c’entro, è iniziativa di laici, si danno il turno, adorano il Santissimo, notte e giorno, perpetuamente». Egli è qui. Adorabile e presente. Da adorare nell’altro che viaggia con te su un aereo. O che hanno eletto in parlamento. Egli è nell’opera delle mani e in quella dell’intelletto. Egli è adorabile qui, ora, nel netturbino che raccoglie la spazzatura. E in quelle mani del chirurgo che si prendono cura di tuo figlio. Egli è. O niente è. E tenebre sono sopra la faccia dell’abisso.
Foto preghiera da Shutterstock